E' legittimo il licenziamento disciplinare comminato dal datore di lavoro nei confronti del Direttore di banca che ha eseguito lo storno abusivo di una rilevante somma da un cliente all'altro

Lo storno abusivo di una rilevante somma da un cliente all'altro giustifica il licenziamento in quanto interrompe il necessario legame fiduciario cosi' fra la Banca ed il dipendente come tra il cliente danneggiato e la stessa, senza che occorra un permanente danno patrimoniale. Per tale ragione la Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile con Sentenza del 26 ottobre 2010, n. 21910 ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare comminato dal datore di lavoro nei confronti del Direttore di banca per i motivi sopra esposti.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 26 ottobre 2010, n. 21910



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. FOGLIA Raffaele - Consigliere

Dott. MONACI Stefano - rel. Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GR. CA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato PANICI PIER LUIGI, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

BA. PO. DE. E. DE. LA. SOCIETA' COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell'avvocato ANTONINI MARIO, che le rappresenta e difende, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 7/2006 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/01/2006 r.g.n. 1461/05 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/2010 dal Consigliere Dott. MONACI Stefano;

udito l'Avvocato PANICI PIER LUIGI;

udito l'Avvocato ANTONINI MARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

che con sentenza del 10 gennaio 2006 la Corte d'appello confermava la decisione, resa dal Tribunale di Arezzo, di accertamento della legittimita' del licenziamento inflitto a Gr. Ca. dalla s.c.a.r.l. Ba. po. de. e. de. La. per fatti accertati attraverso una complessa ispezione e consistiti, tra l'altro, nell'addebito di 125.000,00 euro ad una ignara correntista ed a vantaggio di un gruppo societario; che il fatto era stato commesso dal Gr. , da poco cessato dalla carica di direttore di sede, con la chiave elettronica del suo successore, non risultando credibile che esso fosse dovuto a semplice errore; che la contestazione dell'addebito non poteva considerarsi tardiva, considerata la complessita' di accertamento del fatto, accompagnato da altri illeciti minori;

che contro questa sentenza il Gr. ricorre per cassazione mentre la Banca resiste con controricorso; che entrambe le parti hanno presentato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione della 2119 e 2106 cod. civ., nonche' vizi di motivazione, per insufficiente gravita' del fatto contestato e conseguente inidoneita' a giustificare il licenziamento, considerata l'assenza di danno patrimoniale e di lesione dell'immagine della Banca, e la verosimile successiva non reiterazione;

che neppure questo motivo e' fondato poiche' lo storno abusivo di una rilevante somma da un cliente all'altro giustifica il licenziamento in quanto interrompe il necessario legame fiduciario cosi' fra la Banca ed il dipendente come tra il cliente danneggiato e la stessa, senza che occorra un permanente danno patrimoniale, mentre la futura ed eventuale non ripetizione del comportamento illecito costituisce mera ipotesi, sulla quale non poteva fondarsi il provvedimento del datore di lavoro e tanto meno puo' fondarsi l'attuale giudizio;

che, rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro 130,00, oltre ad euro tremila/00 per onorario, oltre ad spese generali, IVA e CPA.

 

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