E' legittimo il licenziamento disciplinare se l'irregolarità contestata risulta reiterata

E' legittimo il licenziamento disciplinare se l'irregolarità contestata risulta reiterata. La S.C. ha così confermato la sanzione espulsiva nei confronti di un casellante che, in sei episodi di esazione, aveva restituito a degli utenti stranieri un resto inferiore a quello dovuto, in quanto il comportamento è da considerarsi doloso. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 29 aprile 2009, n. 9990)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNIRUBERTO Giuseppe - Presidente

Dott. VIDIRI Guido - Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - rel. Consigliere

Dott. STILE Paolo - Consigliere

Dott. BALLETTI Bruno - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 3480/2006 proposto da:

SO. SA. , domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato MEMOLA Eugenio giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AU. PE. L'. S.P.A. e AU. S.p.A., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE n. 8, presso lo studio dell'avvocato MARAZZA Maurizio, che le rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 423/2005 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/03/2005 R.G.N. 2492/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/02/2009 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito l'Avvocato DE FEO DOMENICO per delega MARAZZA MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza di cui si chiede la cassazione rigetta l'appello di So.Sa. e conferma la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 10 luglio 2003, con la quale era stata giudicata infondata l'impugnazione del licenziamento disciplinare intimato il 29 dicembre 2000 dalla datrice di lavoro Au. pe. l'. SpA.

2. L'addebito contestato con lettera 27.11.2000 al dipendente, addetto all'esazione dei pedaggi, si riferiva a sei episodi di cambio di valuta estera, ricevuta in pagamento da utenti stranieri, consegnando un resto inferiore al valore e trattenendo per se la differenza. Il rigetto dell'appello e' motivato dalla sentenza della Corte di appello di appello di Napoli rilevando: a) l'inammissibilita' della questione relativa alla tempestivita' della contestazione, non introdotta nel giudizio con il ricorso di primo grado, e comunque l'infondatezza della deduzione; b) l'irrilevanza del fatto che la contestazione di riferisse al cambio e al resto (inferiore) di moneta estera impiegata da utenti stranieri per pagare il pedaggio all'addetto al casello, mentre le irregolarita' erano state accertate da investigatori privati (italiani) che avevano utilizzato moneta estera; 3) esistenza di prove sufficienti per ritenere la sussistenza dei comportamenti imputati al lavoratore.

3. Il ricorso di So.Sa. si articola in tre motivi; resiste con controricorso Au. pe. l'. SpA, ulteriormente precisato con memoria depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 111 Cost., articolo 132 c.p.c., articolo 118 c.p.c., unitamente a vizio della motivazione, per non avere la sentenza impugnata esaminato la questione della rilevabilita' di ufficio della violazione del diritto alla difesa determinata da contestazione tardiva; per avere escluso comunque la tardivita', all'esito di illogica valutazione delle circostanze di fatto, che, invece, avrebbero consentito l'immediata comunicazione dell'addebito; per non avere valutato adeguatamente il mutamento della contestazione, originariamente circoscritta a "utenti stranieri".

2. Con il secondo motivo e' denunciato vizio di motivazione in ordine all'affermata irrilevanza che il fatto contestato si riferisse esclusivamente al resto dato "a utenti "stranieri", mentre le "lamentele" di detti utenti non erano state comprovate e restava solo il comportamento ingiustificato degli investigatori privati che avevano pagato con moneta estera.

3.1 due primi motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per la connessione tra le questioni, tutte inerenti alla ritualita' del procedimento prescritto dalla Legge n. 300 del 1970, articolo 7, sono privi di fondamento.

4. Correttamente la sentenza giudica inammissibile la questione della tardivita' della contestazione rispetto all'accertamento del fatto perche' nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stata allegata esclusivamente la tardivita' del licenziamento rispetto alla contestazione.

E' indiscutibile che l'immediatezza della contestazione nel procedimento disciplinare costituisce elemento di validita' del recesso per giusta causa, ma la relativa questione - con l'effetto di onerare il datore di lavoro della dimostrazione del contrario - deve essere ritualmente introdotta, al pari di ogni altro profilo di violazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 7, nel processo di impugnazione del licenziamento perche' possa costituire oggetto della cognizione del giudice del merito (vedi Cass. 20 giugno 2006, n. 14115; 12 novembre 2003, n. 17058; 7 giugno 2003, n. 9167).

La conformita' a legge della prima delle rationes decidendi relative alla questione della tempestivita' della contestazione, assorbe le censure inerenti alla seconda, basato sull'accertamento di fatto che la contestazione era stata effettuata con immediatezza rispetto al momento di compiuta cognizione dell'illecito disciplinare da parte dell'azienda.

5. In ordine alla denunciata violazione del principio di immutabilita' della contestazione con riferimento al fatto che aveva avuto ad oggetto la consegna del resto a "utenti stranieri", mentre in realta' si trattava di dipendenti di agenzia di investigazione incaricata delle indagini dalla societa' datrice di lavoro, il giudice del merito ha ritenuto che l'addebito fosse rimasto immutato nella sua materialita', stante l'irrilevanza della nazionalita' dell'utente e la non incidenza sul diritto di difesa dell'incolpato.

Si e' in presenza di valutazione logicamente plausibile, alla quale si oppongono critiche non ammissibili in sede di legittimita', siccome si risolvono nella richiesta alla Corte di sostituire il giudizio formulato dal giudice del merito.

6. Con il terzo motivo di ricorso e' denunciato vizio di motivazione dell'accertamento relativo alla sussistenza dell'illecito. Si indicano le lacune consistenti nella mancata acquisizione di tutti i controlli e rapporti informativi degli investigatori, nell'omessa valutazione di alcuni elementi emergenti dalle deposizioni testimoniali rese degli stessi investigatori e dalla documentazione acquisita alla causa (frequenza di anomalie colpose nelle procedure di incasso; versamento, ad opera del So. , nelle casse della societa' di somme maggiori rispetto a quelle correlate agli effettivi pedaggi).

7. Anche questo motivo non censura efficacemente, secondo il disposto dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'accertamento di fatto del giudice del merito, secondo il quale: le indagini erano state disposte a seguito di lamentele di utenti stranieri e relative all'ammontare del resto ricevuto da esattore addetto alla casello di (OMESSO) dell'autostrada del (OMESSO); l'irregolarita', unitamente al mancato versamento nelle casse aziendali, era stata accertata in sei episodi di esazione compiuta dal So. , cosicche' doveva presumersi il dolo.

Il motivo di ricorso, infatti, non indica elementi decisivi trascurati o non adeguatamente valutati dal giudice del merito, ovvero in violazione del canone del plausibilita' logica, ma si risolve nella richiesta, inammissibile, di una nuova valutazione del fatto al giudice di legittimita'.

8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di Cassazione, nella misura determinata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di Cassazione, complessivamente liquidate le prime in euro 55,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., e i secondi in euro 2.000,00 (duemila/00).

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