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È legittimo licenziare un dipendente che si fa timbrare il cartellino da un collega
Pubblicata il 23/05/2009
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IANNIRUBERTO Giuseppe - rel. Presidente
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere
Dott. STILE Paolo - Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 313/2006 proposto da:
CA. CR. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERENGARIO 10, presso lo studio dell'avvocato CECCHETTI PAOLA, rappresentata e difesa dall'avvocato FRANZESE Lucia giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
VI. IR. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GEROLAMO BELLONI 88, presso lo studio dell'avvocato PROSPERETTI Giulio, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROLANDO BARBARA, RUSSO CARLO giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 981/2005 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 18/07/2005 R.G.N. 89/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/10/2008 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE IANNIRUBERTO;
udito l'Avvocato Prosperetti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RIELLO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Torino Ca. Cr. ha convenuto in giudizio la s.r.l. Vi. Ir. allo scopo di sentir dichiarare l'illegittimita' del licenziamento disciplinare che le era stato irrogato con lettera 15 maggio 2003, asserendo che la motivazione addotta era inesistente.
La domanda veniva rigettata dal giudice adito ed, a seguito di gravame della lavoratrice, la Corte di appello di Torino, con sentenza 18 luglio 2005, ha confermato la decisione impugnata, ritenendo che, alla stregua dell'istruttoria espletata, era risultato che la Ca. , avvalendosi della collaborazione di altra lavoratrice, aveva fatto timbrare la cartolina-orologio di ingresso prima di essere entrata al lavoro. Riteneva ancora il giudice di secondo grado che, al caso di specie, andava applicato l'articolo 33 punto G del CCNL (alterazione o falsificazione delle certificazioni delle presenze) che legittimava il licenziamento per giusta causa.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Ca. con due motivi.
Resiste con controricorso la Vi. Ir. s.r.l..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la Ca. denunzia violazione e falsa di non meglio specificate norme di diritto, ma in concreto censura la decisione impugnata per avere erroneamente interpretato le risultanze della prova testimoniale, non prestando credito alla teste Me. Gi. , ma a tutti gli altri, benche' legati alla societa' dal vincolo della subordinazione. In particolare non sarebbe stata acquisita la prova dell'esistenza di un accordo tra essa ricorrente e la compagna di lavoro ( Me. ) affinche' questa provvedesse a timbrare la cartolina di ingresso. Aggiunge ancora la ricorrente che la societa' non avrebbe subito un danno economico, che non vi sarebbe stato una lesione dei doveri di lealta' e che in ogni caso poteva essere irrogata una sanzione conservativa.
Con il secondo motivo sono prospettati vizi di motivazione perche' non e' stata considerata attendibile la deposizione della teste Me. , non piu' legata da alcun vincolo con la societa', a differenza degli altri testi, le cui deposizioni non sarebbero risultate univoche e precise.
2. I due motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento.
E' il caso di premettere che, al di la' dell'intestazione del primo motivo, con questo e con il secondo viene censurata la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, che, al contrario, appare logica e coerente, avendo detto giudice chiaramente spiegato il perche' della ritenuta maggiore attendibilita' di alcuni testi a differenza della Me. ; della configurabilita' nella specie della falsificazione della cartolina orologio all'inizio del turno di lavoro; della lesione del vincolo fiduciario a prescindere dal danno patrimoniale subito dalla societa'; della congruita' della sanzione irrogata attesa la gravita' dell'addebito contestato.
In questa situazione, non essendo ravvisabile alcun vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata e contenendo il ricorso una inammissibile diversa ricostruzione dei fatti, le censure proposte devono essere rigettate.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 55,00 per spese, di euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..