E' preclusa al datore di lavoro la possibilità di licenziare per motivi diversi da quelli esplicitati nella lettera di contestazione, ma non è vietato di considerare fatti non contestati

In tema di licenziamento disciplinare, il principio della immutabilità della contestazione dell'addebito disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori preclude al datore di lavoro di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti non contestati, e collocantisi a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell'imprenditore

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 14 ottobre 2009, n. 21795



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. MONACI Stefano - Consigliere

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. IANNELLO Antonio - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BO. ST. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso lo studio dell'avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato VALESINI GIANLUIGI, giusta mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

IT. TE. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 2, presso lo studio dell'avvocato VELLA PAOLA MARIA, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 578/2006 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/07/2006 R.G.N. 120/05;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito l'Avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO;

udito l'Avvocato VELLA PAOLA MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Bo. St. convenne in giudizio avanti al Tribunale di Milano la It. Te. spa chiedendo:

- l'accertamento della natura subordinata del rapporto lavorativo intercorso tra le parti dal 6.4.1998 al 18.1.1999;

- l'annullamento delle sanzioni disciplinari conservative irrogategli dalla convenuta il 26.2.2001 e il 27.3.2001;

- la declaratoria di nullita' ovvero l'annullamento del licenziamento disciplinare irrogatogli il 26.10.2001, con conseguente applicazione della tutela reale.

Avendo il Giudice adito respinto le domande, il Bo. propose impugnazione aventi alla Corte d'Appello di Milano, che, ricostituitosi il contraddittorio, con sentenza dell'1.6 - 26.7.2006 confermo' la sentenza di prime cure.

La Corte territoriale osservo', a sostegno del decisum, quanto segue:

- quanto al primo periodo di lavoro, la volonta' delle parti si era contrattualmente espressa nel senso del carattere autonomo del rapporto (collaborazione coordinata e continuativa) e quindi il lavoratore avrebbe dovuto fornire elementi di fatto idonei a superare siffatto regolamento di interessi; erano irrilevanti sia lo svolgimento di un'attivita' diversa da quella prescritta, sia la conclusione e lo svolgimento, nel secondo periodo, di un rapporto di lavoro subordinato, potendo qualsiasi attivita' essere svolta sia in regime di subordinazione che di autonomia, avendo peraltro lo stesso lavoratore riferito, nei due periodi, orari di lavoro diversi e diverse attivita'; alla stregua dei principi rilevanti ai fini di ritenere la natura subordinata di un rapporto di lavoro, i testi escussi avevano confermato lo svolgimento delle attivita' indicate in ricorso, ma nulla avevano riferito a proposito della disciplina a cui il lavoratore sarebbe stato assoggettato, nel mentre le modalita' di svolgimento dell'attivita' erano state coerenti con la regolamentazione formale del rapporto quale voluta dalle parti;

- era stato provato il comportamento ripetutamente insubordinato del lavoratore, al quale le sanzioni conservative erano state applicate "in una fiduciosa prospettiva di continuazione del rapporto, prima di adottare il licenziamento";

- risultavano provati sia i fatti che avevano condotto all'applicazione delle sanzioni conservative, sia quelli di cui ad una lettera di contestazione dell'1.10.2001 non impugnata dal lavoratore, sia gli alterchi esposti dalla Societa' a dimostrazione del comportamento ripetutamente insubordinato del Bo. , sia i fatti di cui alla lettera di contestazione che aveva condotto al licenziamento (l'assenza ingiustificata del Bo. dal luogo di lavoro e l'atteggiamento di assenza e disinteresse dal lui assunto in una riunione tecnica presso un cliente), nel mentre, con riferimento a tali ultimi addebiti, non erano state provate le circostanze giustificative addotte dal lavoratore.

Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, Bo. St. ha proposto ricorso per Cassazione fondato su quattro motivi.

L'intimata It. Te. spa ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (articolo 1362 c.c. e segg., articolo 116 c.p.c., articoli 2094 e 2222 c.c.), nonche' vizio di motivazione, deducendo che la Corte territoriale aveva omesso di considerare i fatti, confermati dai testi, relativi all'avvenuto svolgimento di compiti diversi da quelli previsti dal contratto di collaborazione e all'assenza di modificazione sostanziale della prestazione tra il primo e il secondo periodo di lavoro.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (articoli 2104, 2106, 2118 e 2119 c.c.; Legge n. 604 del 1966, articolo 3), deducendo che il comportamento addebitatogli, quand'anche provato, non avrebbe potuto giustificare la irrogazione del licenziamento disciplinare, nel mentre le precedenti sanzioni disciplinari, peraltro neppure indicate nella lettera di contestazione, non potevano costituire il presupposto del successivo licenziamento. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (Legge n. 604 del 1966; articolo 5, articolo 2967 c.c.), deducendo che la Corte territoriale non aveva applicato correttamente il principio dell'onere della prova, gravante sulla parte datoriale, ritenendolo erroneamente assolto da quest'ultima, mentre ad esso ricorrente non avrebbe potuto essere addebitata, trattandosi di circostanza negativa, la mancata dimostrazione del non avere partecipato alla riunione di cui alla lettera di contestazione.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (Legge n. 300 del 1970, articolo 7; articolo 2106 c.c.), nonche' vizio di motivazione, deducendo che la Corte territoriale non aveva motivato relativamente alla giustificatezza del comportamento addebitatogli, senza considerare che ne' nella lettera di contestazione, ne' in quella di licenziamento, era stato fatto riferimento agli episodi delle precedenti contestazioni e alle precedenti sanzioni.

2. Il primo motivo, sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione non ottempera al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, non essendo stato ivi riportato il contenuto delle fonti probatorie (peraltro genericamente indicate) asseritamene dimostrative degli assunti fattuali esposti.

Inoltre va considerato che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte:

- ogni attivita' umana economicamente rilevante puo' essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalita' del suo svolgimento (cfr. ex plurimis, Cass., n. 4036/2000; 326/1996);

- l'elemento tipico che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato e' costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilita' del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalita' di esecuzione dell'attivita' lavorativa, mentre altri elementi, come l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione, possono avere, invece valore indicativo, ma mai determinante (cfr, ex plurimis, Cass., n. 7966/2006; 5989/2001; 4036/2000; 326/1996); - l'esistenza del vincolo della subordinazione va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificita' dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che, in sede di legittimita', e' censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4171/2006; 20669/2004; 4036/2000). Nel caso che ne occupa la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei ricordati criteri discretivi tra lavoro subordinato ed autonomo e, con motivazione lineare ed adeguata, ha rilevato, alla luce delle risultanze probatorie acquisite, che le modalita' di svolgimento del rapporto erano risultate coerenti con la regolamentazione (nel senso dell'autonomia), voluta dalle parti.

Il motivo all'esame va dunque disatteso.

3. In ordine alle doglianze relative alla ritenuta legittimita' del licenziamento impugnato e' logicamente prioritaria la disamina del terzo motivo.

La censura svolta con tale mezzo e' tuttavia assolutamente infondata, poiche', come gia' sinteticamente esposto, la Corte territoriale ha fondato la propria decisione sul positivo riscontro probatorio dei fatti oggetto della lettera di contestazione, limitandosi ad aggiungere che, per contro, il lavoratore non aveva provato le circostanze giustificative addotte.

4. Il secondo e il quarto motivo vanno esaminati congiuntamente siccome fra loro strettamente connessi.

Secondo il condiviso orientamento di questa Corte il principio della immutabilita' della contestazione dell'addebito disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'articolo 7 Statuto lavoratori preclude al datore di lavoro di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti non contestati, e collocantisi a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significativita' di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravita, sotto il profilo psicologico delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalita' o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell'imprenditore (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 7734/2003; 5093/1995).

Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha preso in considerazione, ai fini della valutazione complessiva della gravita' della condotta, anche fatti, di rilevanza disciplinare, non indicati nella lettera di contestazione propedeutica al licenziamento, rilevando specificamente il comportamento ripetutamente insubordinato del lavoratore e, con cio', fornendo non illogica valutazione della gravita' dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso.

Anche i motivi all'esame vanno quindi disattesi.

5. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in euro 37,50, oltre ad euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge.

 

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