Il contratto di lavoro part-time per le qualifiche dirigenziali è da ritenersi legittimo quando indica il limite quantitativo della prestazione lavorativa, rimettendone all’autonomia del dipendente la distribuzione dell’orario

Il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, stipulato per iscritto e comunicato al competente organo pubblico per lo svolgimento di mansioni di livello dirigenziale, è conforme al disposto dell'art. 5 del d.l. n. 726 del 1984, conv. con mod. nella n. 863 del 1984, ove indichi soltanto il limite quantitativo della prestazione lavorativa purchè rimetta all'autonomia del dipendente la distribuzione dell'orario, atteso che la sicura ammissibilità del contratto a tempo parziale anche per lo svolgimento di funzioni dirigenziali, da una parte, implica necessariamente la previsione di un limite quantitativo senza il quale non sarebbe possibile configurare tale contratto, dall'altra esclude che tale previsione possa, di per sé, considerarsi come orario di lavoro la cui distribuzione, nell'arco della giornata, della settimana o del mese, sia rimessa al potere del datore di lavoro, siccome la qualifica dirigenziale indurrebbe a presumere piuttosto il contrario. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile,Sentenza del 1 settembre 2008, n. 22003)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore - Presidente

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - rel. Consigliere

Dott. STILE Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

EX. 20. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell'avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PACCHIANA PARRAVICINI AGOSTINO, GUASCO MARCO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S.- ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, SGROI ANTONINO, giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;

- resistente con mandato -

e contro

UN. S.P.A. (gia' C.O.N.R.I.T. S.P.A.);

- intimata -

e sul 2 ricorso n 14342/06 proposto da:

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona dell'avvocato Sa. Gi. Pa., Presidente dell'Inps e come tale legale rappresentante pro tempore, nonche' mandatario della S.C.C.I. S.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO, CORETTI ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, SGROI ANTONINO, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

EX. 20. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA RIPETTA 22, presso lo studio dell'avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PACCHIANA PARRAVICINI AGOSTINO, GUASCO MARCO, giusta delega in atti;

e contro

UN. S.P.A. (gia' C.O.N.R.I.T. S.P.A.);

- intimata -

avverso la sentenza n. 713/05 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 04/05/05 R.G.N. 774/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/08 dal Consigliere Dott. PICONE Pasquale;

udito l'Avvocato MARESCA per delega VESCI;

udito l'Avvocato MARITATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie in parte l'appello dell'Inps, in giudizio in proprio e quale mandatario della Societa' di cartolarizzazione dei crediti Inps - S.C.C.I. S.p.A. - contro la decisione del Tribunale di Torino in data 27.2.2001, emanando le seguenti statuizioni:

a) rigetto dell'opposizione alla cartella esattoriale n. (OMESSO), relativa al pagamento di contributi omessi, proposta da Ex. 20. SpA anche nei confronti di Un. Spa; (Conferma della decisione di primo grado in ordine all'annullamento della cartella esattoriale n. (OMESSO), con la condanna di Ex. 20. SpA al pagamento della minor somma di euro 39.450,28, oltre interessi e somme aggiuntive dal 26.3.2001.

2. La Corte di Torino ritiene nullo il contratto di lavoro stipulato da Ex. 20. in data 30.9.1994 per lo svolgimento di mansioni dirigenziali "in ragione di un quinto dell'orario normale", ravvisando la violazione della Legge n. 863 del 1984, articolo 5, per assenza di specificazioni in ordine alla collocazione temporale della prestazione, con la conseguente commisurazione dell'obbligazione contributiva ai minimali di legge per i contratti a tempo pieno.

3. In ordine all'ammontare delle somme aggiuntive e delle sanzioni, premessa la non applicabilita' ratione temporis della Legge n. 388 del 2000, articolo 116 la sentenza esclude l'ipotesi dell'evasione e riscontra quella della sussistenza di contrasto interpretativo, condannando la Ex. 20. SpA alla minor somma sopra indicata in relazione alla seconda cartella annullata.

4. Domandano la cassazione della sentenza, con separati ricorsi, entrambi per un unico motivo, la Ex. 20. Spa e l'Inps in proprio e nella qualita' sopra indicata; in relazione al ricorso Ex., l'Inps deposita procura speciale ai difensori; la Societa' resiste con controricorso al ricorso Inps; non svolge attivita' di resistenza in relazione a entrambi i ricorsi la Un. SpA. La Ex. 20. SpA deposita memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, la Corte riunisce i ricorsi proposti contro la stessa sentenza (articolo 335 c.p.c.).

2. L'unico motivo del ricorso Ex. 20. SpA denuncia violazione della Legge n. 863 del 1984, articolo 5, commi 1, 2 e 5, del R.Decreto Legge n. 692 del 1923, articolo 1, e degli articolo 1321 - 1362 c.c., unitamente a vizio della motivazione. Si sostiene che, in linea generale, l'indicazione nel contratto scritto del solo impegno orario complessivo non esclude la legittimita' del lavoro part - time allorche' risulti concordata tra le parti la distribuzione dell'impegno lavorativo; che, nel caso di specie, la natura dirigenziale delle mansioni escludeva il potere del datore di lavoro di determinazione degli orari (presupposto per configurare una clausola c.d. "elastica" o "a comando") e dagli elementi di prova acquisiti alla causa (deposizione dell'ispettrice dell'Inps Po. Ca.; fatti allegati e non contestati dall'Inps) risultava che il dirigente gestiva in via del tutto autonoma il suo impegno lavorativo, anche per la ragione che, contemporaneamente, era vincolato da altro contratto di lavoro dirigenziale con una diversa societa' avente sede nello stesso stabile in cui operava la Ex..

2.1. La Corte giudica fondato il ricorso.

2.2. La giurisprudenza di legittimita' (vedi Cass. 6 luglio 2005, n. 14215; 8 settembre 2003, n. 13107; 22 aprile 1997, n. 3451; 17 luglio 1992, n. 8721; 19 dicembre 1991, n. 13728; 11 agosto 1990, n. 8169; 22 marzo 1990, n. 2382) precisa che la corretta utilizzazione dello strumento negoziale del contratto di lavoro a tempo parziale impone la rigorosa predeterminazione della collocazione temporale dell'orario di lavoro, in modo da escludere il potere del datore di lavoro di disporre unilateralmente variazioni dei tempi della prestazione, potere che finirebbe con lo snaturare l'essenza del lavoro part - time, obbligando il dipendente ad una disponibilita' tale da eliminare i vantaggi derivanti della riduzione di orario, pur nella persistenza della riduzione dei compensi. Questo fondamento della nullita' delle c.d. clausole elastiche" (o "a comando") per contrarieta' al Decreto Legge 30 ottobre 1984, n. 726, articolo 5, conv. con modif. nella Legge 19 dicembre 1984, n. 863, (riconosciute legittime solo con la riforma attuate dal Decreto Legislativo n. 61 del 2000 ma nell'ambito di appositi patti di variabilita' della distribuzione dell'orario, sottoposti a specifici vincoli), nonche' del limite costituito da specifiche pattuizioni tra datore di lavoro e lavoratore in ordine alla collocazione della prestazioni in determinati orari, ma sempre nel rispetto della valenza anche pubblicistica del contratto, che impone la comunicazione all'ufficio del lavoro competente ai fini degli adempimenti, dei controlli e delle ispezioni (vedi Cass. 28 novembre 2001, n. 15056; 14 febbraio 1996, n. 1121; vedi anche Cass. 17 giugno 2002, n. 8718).

2.3. Nel caso di specie, e' rimasto accertato che il contratto scritto, comunicato all'ufficio del lavoro, era stato stipulato per svolgimento di mansioni dirigenziali e con la sola indicazione del limite quantitativo pari ad un quinto della prestazione ordinaria. Questo accertamento e' stato ritenuto sufficiente dalla sentenza impugnata per affermare la nullita' del contratto, sul rilievo che il "fatto che il dirigente abbia una maggiore autonomia nella gestione del suo lavoro non significa che non debba osservare un determinato orario".

Questa ratto decidenti non e' conforme al principio di diritto applicabile al caso di specie.

2.4. In linea generale, un contratto a tempo parziale che indichi soltanto il limite quantitativo della prestazione e rimetta alla volonta' del lavoratore la concreta determinazione degli orari, ancorche' costituisca ipotesi anomala per gli ordinati rapporti di lavoro subordinato e difficilmente riscontrabile nella pratica, esclude certamente la presenza di clausole c.d. "a comando" e, stante il fondamento della nullita' comminata alle c.d. clausole "elastiche", deve considerarsi perfettamente valida.

Nel caso specifico delle mansioni proprie della qualifica dirigenziale, l'esclusione dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro (Legge 15 marzo 1923, n. 692; R.Decreto Legge 17 aprile 1925, n. 473, articolo 1) comporta che la delimitazione di un orario normale di lavoro puo' derivare soltanto da clausole di contratto collettivo, da prassi aziendale o da contratto individuale (vedi Cass. 23 luglio 2004, n. 13882). In mancanza, la sicura ammissibilita' del contratto a tempo parziale anche per lo svolgimento di mansioni dirigenziali, da una parte, implica necessariamente la previsione di un limite quantitativo (senza il quale non sarebbe possibile configurare tale contratto); dall'altra, esclude che tale previsione possa, di per se', considerarsi come orario di lavoro la cui distribuzione, nell'arco della giornata, della settimana o del mese, sia rimessa al potere del datore di lavoro, siccome la qualifica dirigenziale indurrebbe a presumere piuttosto il contrario.

2.5. Va, quindi, giudicato erroneo il principio secondo il quale la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo parziale con un dirigente, siccome deve contemplare necessariamente un limite di orario, assoggetta di conseguenza il dipendente al potere del datore di lavoro di determinarne la distribuzione, dovendosi, invece, affermare il seguente principio di diritto: "Il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, stipulato per iscritto e comunicato al competente organo pubblico per lo svolgimento di mansioni di livello dirigenziale, e' rispettoso del disposto del Decreto Legge 30 ottobre 1984, n. 726, conv. con modif. nella Legge 19 dicembre 1984, n. 863, ove indichi soltanto il limite quantitativo della prestazione lavorativa, purche' rimetta all'autonomia del dipendente la distribuzione dell'orario". Dall'errore di diritto riscontrato nella sentenza impugnata e' derivato un vizio di attivita', essendo stati omessi i necessari accertamenti sui contenuti del contratto di lavoro per verificare la fondatezza della tesi della datrice di lavoro. Deve, quindi, procedersi alla cassazione della sentenza con rinvio ad altra corte di appello, designata in quella di Genova, affinche' nel nuovo giudizio, in applicazione del principio di diritto enunciato, si proceda ai necessari accertamenti di fatto. Il Giudice del rinvio e' incaricato anche della regolazione delle spese del giudizio di cassazione (articolo 385 c.p.c., comma 3).

3. Il ricorso dell'Inps, proposto in data 5.5.2006 contro sentenza depositata in cancelleria il 4.5.2005 e non notificata, non puo' essere ritenuto tardivo (come sostenuto nel controricorso) perche' risulta consegnato per la notificazione in data 4.5.2006 (timbro apposto dall'ufficiale giudiziario).

Cio' in base al principio di diritto secondo cui, ove non venga esibita la ricevuta di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 129, art 109, la prova della tempestiva consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto da notificare puo' essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data; solo in caso di contestazione della conformita' al vero di quanto da esso indirettamente risulta, l'interessato ha l'onere di esibire idonea certificazione dell'ufficiale giudiziario (Cass. S.U. 20 giugno 2007, n. 142949).

3.1. Il ricorso dell'Inps deve dichiararsi assorbito nella decisione di accoglimento del ricorso di Ex. 20. SpA, siccome censura la sentenza impugnata per la riduzione del credito contributivo, questione che potra' essere esaminata nel giudizio di rinvio in dipendenza del segno della decisione sull'ara dello stesso credito.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso di EX. 20. SpA e dichiara assorbito il ricorso dell'Inps; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa, anche per la regolazione delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Genova.

INDICE
DELLA GUIDA IN Lavoro

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 670 UTENTI