Il datore che incassa i contributi del contratto integrativo non può negarne i benefici spettanti ai dipendenti

L'adesione di un'impresa ad un accordo sindacale può desumersi implicitamente sulla base del comportamento della stessa nei confronti di un terzo, ove questo risulti obiettivamente rivolto a realizzare previsioni pattizie. Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza di merito che, con riferimento ad un accordo integrativo regionale -che prevedeva la corresponsione in favore dei lavoratori di un premio di produzione e di una speciale indennità di fonte contrattuale- aveva desunto l'adesione dell'azienda dalla circostanza di aver ricevuto finanziamenti, corrisposti, con continuità, dalla Regione quale contribuzione per i titoli previsti dall'accordo a beneficio dei lavoratori ai quali, invece, i detti emolumenti non erano stati versati. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile
Sentenza del 16 giugno 2008, n. 16194)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. CUOCO Pietro - Consigliere

Dott. MAIORANO Francesco Antonio - Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AU. CE. S.R.L., in cui e' stata trasformata la societa' Au. Fr. Ce. di An. Ce. C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 123, presso lo studio dell'avvocato ROSELLI NICOLA, rappresentata e difesa dall'avvocato DI RISTO GIUSEPPINA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

IO. LU. , TU. SA. , AU. GE. , MI. GA. , FI. PA. , MA. LU. , TA. GE. , tutti elettivamente domiciliati in ROMA VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell'avvocato FABBRINI FABIO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati SPEDALIERE LEOPOLDO, BARANELLO GIOVANNI, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 111/04 della Corte d'Appello di CAMPOBASSO, depositata il 24/05/04 R.G.N. 262/02;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 18/03/08 dal Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe;

udito l'Avvocato DI RISIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVI Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Campobasso, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva l'appello avanzato da Io. Lu. ad altri avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso con la quale erano stati respinto i ricorsi, poi riuniti, dagli stessi proposti nei confronti della societa' indicata in epigrafe di cui erano dipendenti con mansioni di conducente avente ad oggetto il riconoscimento di lire 500.000 annue quale premio di produzione dell'accordo integrativo regionale per la Campania del 15/3/1988 e di lire 120.000 mensili quale indennita' prevista dall'accordo stipulato il 5/7/94 tra la predetta regione e le oo. ss..

Ritenevano i giudici di appello che contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, gli accordi integrativi regionali per la Campania erano applicabili ai rapporti di lavoro intercorrenti tra le parti in virtu' d'inequivoco e prolungato recepimento implicito avendo la societa' percepito per oltre dieci anni e quindi per l'intero periodo interessato dalla controversia, le quote di contributo dalla regione Campania espressamente riguardanti il premio di produzione e l'indennita' mensile rispettivamente previsti dai predetti accordi, cosi' dimostrando di aver aderito i fatto alle richiamate stipulazioni integrative regionali.

Avverso tale sentenza la societa' proponeva ricorso per Cassazione sostenuto da due motivi di censura.

Parte intimata resisteva all'impugnazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo di gravame parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in materia di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e di devoluzione al giudice di appello dell'oggetto perimetrato dai motivi d'impugnazione (articoli 112, 324, 346 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4), assume che la Corte territoriale in punto di ritenuta adesione implicita ai contratti collettivi integrativi da parte di essa societa' non ha tenuto conto che la controparte in sede di appello non aveva censurato la sentenza di primo grado che era pervenuta a diverse conclusioni limitandosi a sostenere la tesi alternativa dell'indebito arricchimento.

Il mezzo e' infondato.

Rileva in proposito la stessa Corte di appello che lamentavano gli appellanti che il primo giudice aveva erroneamente valutato le risultanze della esperita prova testimoniale ritenendo la non applicabilita' degli accordi integrativi citati e tanto solo sulla base della dubbia testimonianza resa da Ce. Ma. secondo cui la F. Ce. sas avrebbe restituito alla regione Campania le somme ricevute per il pagamento delle spettanze oggetto di controversia.

E' evidente pertanto che gli appellanti - attuali resistenti - hanno censurato la sentenza di primo grado anche sotto il profilo della ritenuta inapplicabilita' dei contratti integrativi, rilevando al riguardo la idoneita' a tal fine proprio della testimonianza del Ce. Ma. , testimonianza questa, invece, diversamente apprezzata dai giudici di appello.

Peraltro nell'atto di appello e' esplicitamente dedotto che la prova per testi ha fatto emergere chiaramente l'esistenza in capo alla controparte dell'adesione agli accordi.

Con la seconda censura parte ricorrente denunciando insufficiente e contraddittorieta' della motivazione su un punto decisivo della controversia nonche' violazione degli articoli 1326, 1372, 2067, 2069 c.c., assume che i giudici di secondo grado erroneamente hanno ritenuto la implicita adesione sulla base di un comportamento assunto nei confronti di un terzo, atteso che l'omesso versamento delle somme di cui ai contributi in favore dei dipendenti al massimo avrebbe potuto configurare un illecito extracontrattuale e comunque prova la mancanza di un comportamento concludente di adesione al contratto integrativo.

Di qui, prospetta la societa', l'illogicita' e contraddittorieta' della motivazione di cui alla sentenza impugnata che risulta confermata dalla lettera del 28/12/94 con la quale la Regione contesta la perdurante inosservanza dell'accordo integrativo.

D'altro canto, conclude parte ricorrente, il richiamo in sentenza all'ingiustificato arricchimento era precluso dal divieto di domande nuove in appello.

La censura e' infondata.

Invero, questa Suprema Corte ha gia' ritenuto rilevante ai fini di cui trattasi, il comportamento tenuto nei confronti non direttamente del lavoratore sancendo che la richiesta di avviamento al lavoro inoltrata dall'imprenditore al competente ufficio del lavoro, pur non avendo natura e contenuto negoziali, in quanto l'incontro delle volonta' delle parti per la conclusione del contratto di lavoro avviene in un momento successivo alla definizione della procedura amministrativa di avviamento, puo' tuttavia comportare, nella parte contenente l'impegno dello stesso imprenditore di applicare ai lavoratori assunti il trattamento economico - normativo previsto dai vigenti contratti collettivi, l'adesione implicita a tali contratti, la cui disciplina e' conseguentemente applicabile ai rapporti di lavoro successivamente instaurati, ancorche' il datore di lavoro non appartenga ad alcuna delle organizzazioni datoriali stipulanti (V. Cass. 9810/98).

Nella specie, poi, la Regione Campania e' uno dei soggetti stipulanti l'accordo e non un soggetto, quindi, completamente estraneo alla regolamentazione del rapporto di lavoro.

D'altro canto, il comportamento tenuto dalla societa' che si e' avvalsa, per circa dieci anni, come accertato dalla Corte di Appello e non contestato dalla stessa societa', dei contributi versatele dalla predetta Regione in attuazione degli accordi integrativi di cui trattasi e sul presupposto della loro applicazione non puo' non rilevare anche ai fini della valutazione degli effetti di siffatto comportamento nei confronti dei lavoratori cui e' riferibile la disciplina dell'accordo.

Quanto alla valutazione delle emergenze istruttorie mette conto ribadire che costituisce principio del tutto pacifico (ex plurimis: Cass., sez. un., n. 13045/97) che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimita' non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi' la sola facolta' di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilita' e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita' dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi', liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo dell'omissione, dell'insufficienza o della contraddittorieta', puo' legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione.

Ora applicando al caso in esame la suddetta regola, la quale rende inammissibile in questa sede la rivisitazione del materiale istruttorio per farne discendere una valutazione difforme da quella, coerente e convincente, del giudice del merito, la censura in esame non evidenzia vizi logici della motivazione tali da integrare la ipotesi di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5, risolvendosi la stessa sostanzialmente in una istanza di diversa valutazione delle risultanze istruttorie poste a base della decisione impugnata.

Ne', da ultimo, vale la pena di osservare il riferimento nella motivazione della sentenza all'ingiustificato arricchimento costituisce, nella economia della motivazione, una ratio decidendi si' che rispetto alla stessa puo' porsi un problema di violazione del divieto di domande nuove in appello, atteso che tale riferimento costituisce piuttosto un argomentazione meramente rafforzativa della sostanziale ratio basata sulla diversa ragione di cui si e' detto in precedenza.

Sulla base delle esposte considerazioni, nelle quali rimangono assorbite tutte le altre eccezioni, il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita' vanno compensate in considerazione delle diverse soluzioni cui sono pervenuti i giudici di merito.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita'.

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