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Il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell'indennità di preavviso alla Colf a meno che non riesca a provare le dimissioni
Pubblicata il 20/12/2009
Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Ordinanza del 6 ottobre 2009, n. 21311
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente
Dott. BATTIMIELLO Antonio - Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio - rel. Consigliere
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15881/2008 proposto da:
SC. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 1, presso lo studio dell'avvocato PROSPERI MANGILI Lorenzo, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PROSPERI MANGILI STEFANO, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BO. MA. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avvocato CARUSO Michele, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 767/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA del 30/01/07, depositata il 29/10/2007.
La Corte:
FATTO E DIRITTO
rilevato che con sentenza depositata il 29 ottobre 2007 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato Sc.Gi. e Pa. Gr.Li. al pagamento in favore di Bo.Ma. della complessiva somma di euro 1.072,50 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di differenze retributive e trattamento di fine rapporto, in relazione al pregresso rapporto di lavoro della predetta Bo. come collaboratrice domestica;
che il giudice del gravame, ritenuto incontroverso il rapporto di lavoro con le mansioni indicate, ne ha determinato la durata a decorrere dal 16 gennaio 1996, invece che dal 12 febbraio 1996, come sostenuto dai datori di lavoro, mentre per quanto concerne l'orario ha rilevato che quello di venticinque ore settimanali, allegato dalla lavoratrice, non era stato specificamente contestato, poi affermando con riguardo alle differenze sugli altri emolumenti reclamati dalla lavoratrice che gli appellati non avevano fornito la prova dell'estinzione dell'obbligazione;
che per la cassazione di questa sentenza i soccombenti hanno proposto ricorso basato su due motivi, cui l'intimata ha resistito con controricorso;
che il primo motivo di ricorso, per il quale e' formulato il quesito di diritto, denuncia violazione dell'articolo 2697 cod. civ. e articolo 416 cod. proc. civ. e addebita al giudice del gravame di avere "operato una sostanziale inversione di onere probatorio nel dare per assodate e pacifiche le circostanze dedotte da parte ricorrente in virtu' di un concetto che essa stessa definisce di applicazione del principio di circolarlta' degli oneri di allegazione, contestazione e prova, proprio del rito del lavoro ed, in applicazione di esso, traendo il fondamento della domanda dal mancato assolvimento da parte del convenuto della prova dei fatti impeditivi o modificativi";
che il motivo e' infondato, come gia' evidenziato nella relazione ex articolo 380 cod. proc. civ. e condivivendo il Collegio le argomentazioni svolte e in particolare che: a) gli odierni ricorrenti nel presente ricorso (v. pag. 3) hanno ammesso la sussistenza del rapporto di lavoro, gia' peraltro esplicitata nella memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, per venticinque ore settimanali, per cui la circostanza dell'orario di lavoro nei suddetti limiti e' stata correttamente considerata incontroversa dal giudice del gravame, in applicazione del principio di non contestazione che per il rito del lavoro trova fondamento nell'articolo 416 cod. proc. civ., secondo quanto piu' volte ribadito da questa Corte, anche con l'espresso riferimento alla circolarlta' nel rito del lavoro tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova (Cass. sez. unite 17 giugno 2004 n. 11353), richiamata dalla sentenza impugnata; b) lo spostamento affermato dal giudice del merito dell'inizio del rapporto al 16 gennaio 1996, in luogo della diversa data del 12 febbraio 1996, indicata dai datori di lavoro non e' adeguatamente censurato; c) una volta accertata la sussistenza del rapporto di lavoro, per la ripartizione dell'onere della prova sancita dall'articolo 2697 cod. civ., incombeva al datore di lavoro dimostrare i fatti estintivi o modificativi delle obbligazioni a suo carico derivanti dal medesimo rapporto, e quindi di avere corrisposto alla lavoratrice i ratei maturati della tredicesima mensilita', il trattamento di fine rapporto, il compenso per il lavoro nei giorni festivi infrasettimanali ritenuto espletato per la continuita' del rapporto durante la settimana, di averle fatto fruire le ferie maturate nel periodo e in mancanza del pagamento della relativa indennita' sostitutiva, onere probatorio che la sentenza impugnata ha considerato inadempiuto; d) la circostanza dedotta dai ricorrenti a fondamento della contestazione svolta in ordine alla statuizione concernente l'indennita' di preavviso, laddove hanno sostenuto di non essere tenuti al pagamento in quanto la cessazione del rapporto era da collegare alle dimissioni della lavoratrice, e' anch'essa rimasta priva di supporto probatorio, poiche', sempre in applicazione del richiamato criterio di ripartizione dell'onere della prova, incombe al lavoratore soltanto la dimostrazione la cessazione del rapporto lavorativo, qui non oggetto di discussione, e ricade invece sul datore di lavoro che le eccepisce, la dimostrazione che il rapporto di lavoro si e' risolto per dimissioni del lavoratore (Cass. 27 agosto 2007 n. 18087, 20 maggio 2005 n. 10651);
che il secondo motivo, con il quale e' denunciato vizio di motivazione correlato alla valutazione del giudice del merito della prova sui fatti costitutivi della domanda avanzata dalla lavoratrice, valutazione ritenuta erronea in relazione a taluni elementi e incompleta con riferimento ad altri, e' inammissibile, non essendo state specificate le risultanze probatorie che si assumono pretermesse o in adeguatamente valutate, cosi' come richiede la consolidata giurisprudenza di questa Corte per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (v. fra le piu' recenti Cass. 17 luglio 2007 n. 15952);
che pertanto il ricorso deve essere rigettato;
che in applicazione del criterio della soccombenza, i ricorrenti vanno condannati al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, con distrazione in favore dell'avv. Michele Caruso, per dichiarata anticipazione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna Sc. Gi. e Pa. Gr. Li. al pagamento, in favore di Bo.Ma. , delle spese del presente giudizio, che, liquidate in euro 30,00 per esborsi e in euro 1.000,00= (mille/00) per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., sono attribuite direttamente al difensore distrattario avv. Michele Caruso.