Casa:
Il datore di lavoro non ha l'obbligo di motivare il licenziamento dell'invalido nel periodo di prova
Pubblicata il 29/12/2009
Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 14 ottobre 2009, n. 21784
- Leggi la sentenza integrale -
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere
Dott. CURZIO Pietro - Consigliere
Dott. MELIADO' Giuseppe - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
UR. TI. , elettivamente domiciliato in OSTIA (ROMA), VIA ORATILO DI ATENE 31, presso lo studio dell'avvocato VIZZONE DOMENICO, rappresentato e difeso dall'avvocato LUPINI MAURIZIO, giusta mandato in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
AB. VE. S.R.L., (gia' CO. GL. S.R.L.);
- intimata -
sul ricorso 13586-2006 proposto da:
AB. VE. S.R.L., (gia' CO. GL. S.R.L.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso lo studio dell'avvocato ZAPPALA' PIER LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
UR. TI. ;
- intimato -
avverso la sentenza n. 894/2005 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 14/12/2005 R.G.N. 1120/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;
udito l'Avvocato CILIBERTI GIUSEPPE per delega LUPINI MAURIZIO;
udito l'Avvocato ZAPPALA' ANDREA per delega ZAPPALA' PIER LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello dell'Aquila confermava sentenza del Tribunale di Teramo con la quale, in parziale accoglimento della domanda proposta da Ur. Ti. , la societa' Ab. Ve. era stata condannata al pagamento del risarcimento del danno, pari a cinque mensilita' di retribuzione, in conseguenza del ritenuto illegittimo licenziamento intimato, dalla predetta societa', durante il periodo di prova, all' Ur. avviato obbligatoriamente quale invalido.
Rilevava la Corte territoriale che la motivazione posta a base del licenziamento, consistente nella assenza di capacita' pratiche e normali conoscenze tecniche, era, in relazione alla elementarita' delle mansioni d'inserviente affidate all' Ur. , da considerarsi apodittica nella sua assoluta genericita' come confermato anche dalla prova testimoniale dalla quale non si evinceva in cosa poteva consistere la capacita' pratica e le normali conoscenze tecniche. Riteneva, quindi, il giudice di appello, non condivisibile il giudizio d'inidoneita' in quanto "sostanzialmente basato sul nulla". Conseguentemente, sul presupposto dell'inapplicabilita' della tutela reale di cui alla Legge n. 300 del 1970, articolo 18 e dell'inoperativita', trattandosi di assunzione obbligatoria, della regola secondo la quale il lavoratore licenziato ante tempus, durante la prova, aveva diritto alla retribuzione per il periodo di prova non eseguito, riconosceva ex articolo 1126 c.c. un danno pari a cinque mensilita' di retribuzione.
Avverso tale sentenza Ur.Ti. ricorreva in cassazione sulla base di un unico motivo.
Parte intimata resisteva e proponeva ricorso incidentale sostenuto da due censure, illustrate da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti.
Con l'unico motivo del ricorso principale Ur.Ti. deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, allega che la motivazione, in punto di risarcimento danni, non e' coerente con l'ordinanza istruttoria con la quale era stato richiesto di precisare i danni in relazione allo stato di disoccupazione successivo al licenziamento e lamenta che nonostante l'esaustivita' delle prove addotte da esso ricorrente, la sentenza impugnata ha rigettato il proprio appello sul punto.
Assume poi, che nella specie, trova applicazione la tutela di cui alla Legge n. 300 del 1970, articolo 18 ed al dipendente in prova licenziato spettano tutti i trattamenti (TFR, ferie, premio di produzione, mensilita' aggiuntive) in proporzione del periodo lavorato.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la societa' denunciando violazione dell'articolo 2697 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, assume che la Corte di Appello erroneamente non ha tenuto conto che, trattandosi di recesso datoriale durante il periodo di prova, incombeva sul lavoratore la prova che il licenziamento fosse stato determinato da un motivo illecito ovvero che la prova era stata superata e non al datore di lavoro dimostrare la legittimita' del proprio recesso.
Rileva, inoltre, che il giudice di appello incorre, altresi', nel vizio di motivazione quando valuta le modalita' del recesso non considerando che il recesso era stato intimato per le non adeguate capacita' pratiche e normali conoscenze tecniche relative al funzionamento della macchina per imballaggio sulla quale l' Ur. era stato impiegato conformemente al livello d'inquadramento attribuito al momento dell'assunzione.
Con il secondo mezzo la societa', deducendo violazione e falsa applicazione dell'articolo 1226 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, rileva che la Corte di merito ha erroneamente applicato l'articolo 1226 c.c. in quanto tale norma presuppone che sia certo il diritto e cioe' il danno, mentre, nella specie, vi e' la prova contraria dell'inesistenza di tale danno risultando, come attestato dalla Camera di Commercio, il lavoratore iscritto nel registro delle imprese di Teramo come impresa individuale agricola dal 3/3/97 al 24/1/05.
L'esame del ricorso incidentale e' pregiudiziale.
Rileva il Collegio che il primo motivo del ricorso della societa' e' fondato.
Invero, e' principio di diritto nella giurisprudenza di questa Corte che nell'ipotesi di patto di prova stipulato con invalido assunto in base alla Legge 2 aprile 1968, n. 482, il recesso dell'imprenditore e' sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale contenuta nella Legge 15 luglio 1966, n. 604, onde non richiede una formale comunicazione del motivo del recesso; questo puo' essere direttamente contestato dal lavoratore in sede giudiziale, allegando fatti (fra i quali l'elusione della legge protettiva degli invalidi) dimostranti l'illiceita' del motivo e percio' l'invalidita' dell'atto negoziale unilaterale (Cass. SU 11633/02, e sezione lavoro 19354/03, 1213/04 e 1458/04).
Questa Corte, tra l'altro, ha ulteriormente precisato che nell'ipotesi di patto di prova legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla Legge 2 aprile 1968, n. 482, il recesso dell'imprenditore, durante il periodo di prova, e' sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale anche per quanto riguarda l'onere dell'adozione della forma scritta, e non richiede pertanto una formale comunicazione delle ragioni del recesso; la manifestazione di volonta' del datore di lavoro, in quanto riferita all'esperimento in corso, si qualifica del resto come valutazione negativa dello stesso, e comporta, senza necessita' di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l'esercizio del potere di recesso (Cass. 1458/04).
Con riferimento, poi, al rapporto di lavoro subordinato costituito con patto di prova questa Corte ha, altresi', sancito che tale rapporto e' sottratto, per il periodo massimo di sei mesi, alla disciplina dei licenziamenti individuali, ed e' caratterizzato dal potere di recesso da parte del datore di lavoro senza obbligo di fornire al lavoratore alcuna motivazione, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacita' e del comportamento professionale del lavoratore stesso e grava sul lavoratore, che deduca in sede giurisdizionale la nullita' di tale recesso, l'onere di provare, sia il positivo superamento dell'esperimento, sia l'imputabilita' del recesso ad un motivo, unico e determinante, che sia estraneo alla funzione del suddetto patto e percio' illecito (Cass. 7644/98 e 15654/01 e sostanzialmente nello stesso senso con particolare riferimento all'onere della prova Cass. 19558/06).
Passando all'esame del caso di specie emerge che la Corte territoriale non si e' affatto attenuta ai richiamati principi in quanto ha ritenuto illegittimo il recesso datoriale, durante l'esperimento della prova, sul rilievo che la motivazione addotta dalla societa' "appariva apodittica nella sua assoluta genericita' ed applicabile a qualsiasi valutazione, di ogni genere e grado, sia per attivita' particolarmente complesse, sia per le piu' semplici" ne' alcuno dei testi "ha mai spiegato in cosa potessero consistere la capacita' pratica e le normali conoscenze tecniche e meno che mai come si si'a manifestato il difetto dei requisiti".
La Corte del merito ha quindi, erroneamente, deciso sul presupposto che il datore di lavoro non aveva dimostrato che il lavoratore non aveva superato la prova e, pertanto, in base alla non corretta regola che sul datore di lavoro incombeva il relativo onere della prova, mentre ai fini della illegittimita' del recesso durante il periodo di prova era il lavoratore a dover dimostrare l'avvenuto superamento della prova, ovvero, che il recesso era stato determinato da motivo illecito, ossia estraneo alla funzione del patto di prova.
Il primo motivo del ricorso incidentale, sotto il profilo della violazione di legge, va di conseguenza accolto rimanendo nell'esame dello stesso assorbito l'ulteriore motivo del ricorso incidentale e di quello del ricorso principale.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di Appello indicata in dispositivo che si adeguera' ai principi di diritto sopra richiamati e provvedera' anche sulle spese del giudizio di legittimita'.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale ed il ricorso principale, cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita', alla Corte di Appello di Ancona.