Il datore di lavoro, per esigenze organizzative, può modificare i periodi di ferie ma deve farlo, con un congruo preavviso, prima che queste abbiano inizio

Non c'è dubbio che il datore di lavoro debba essere informato del luogo in cui inviare le comunicazioni al suo dipendente, ma il diritto non si estende ai periodi di ferie, che sono un bene costituzionalmente tutelato. Esiste poi anche un'esigenza di privacy, coniugata con l'assoluta libertà per il lavoratore di andare dove vuole a recuperare le sue energie psicofisiche. Impresa difficile se si è obbligati, magari giornalmente, a sopportare lo stress di dare le coordinate dei propri spostamenti al capo. È vero che il datore di lavoro, per esigenze organizzative, può modificare i periodi di ferie ma deve farlo, con un congruo preavviso, prima che queste abbiano inizio. L’articolo 18 del Ccnl del comparto enti locali specifica il diritto al rimborso delle spese documentate del viaggio interrotto per motivi di servizio, ma non fa alcun riferimento alle modalità con cui l'interruzione può essere adottata. Al contrario la giurisprudenza ha affermato il dovere di una comunicazione tempestiva ed efficace prima che il lavoratore abbia fatto le valige, momento dal quale cessa ogni obbligo di reperibilità. (PUBBLICAZIONE, Il Sole 24 Ore, Il Sole 24 Ore - Quotidiano, 2013)

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 3 dicembre 2013, n. 27057



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido - Presidente

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - Consigliere

Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17376/2011 proposto da:

COMUNE DI REVERE C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 266/2010 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 02/07/2010 r.g.n. 530/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega verbale (OMISSIS);

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS), premesso di essere stato assunto il 1.10.1991 alle dipendenze del Comune di Revere con contratto a tempo indeterminato come responsabile dell'Ufficio Tecnico e di essere stato licenziato, con lettera del 28.10.2005, per assenza ingiustificata dall'8.8.05, adiva il Tribunale di Mantova contestando la legittimita' formale e sostanziale del recesso in quanto egli si trovava legittimamente in ferie.

Si costituiva in giudizio il Comune di Revere, che contestava quanto dedotto, difendendo la regolarita' formale e sostanziale del licenziamento e negando di dovere alcunche' come differenze retributive.

Il primo giudice, sentito il superiore gerarchico del (OMISSIS), che riconosceva come propria la firma apposta alla domanda di ferie, accoglieva parzialmente le domande, ritenendo illegittimo il licenziamento in quanto l'assenza era giustificata dalla concessione delle ferie, e condannando il Comune alla reintegrazione e al risarcimento del danno Legge n. 300 del 1970, ex articolo 18, detratto l'aliunde perceptum, oltre alla corresponsione di una parte degli incentivi richiesti.

Appellava il Comune lamentando l'erroneita' della sentenza che non aveva tenuto conto del fatto che il licenziamento era seguito a due ordini di riprendere servizio, a cui il dipendente non aveva adempiuto; poiche' egli era tenuto, da una precisa norma del contratto collettivo, ad essere reperibile, il fatto che non vi avesse provveduto rendeva automaticamente conosciute tutte le comunicazioni inviategli al domicilio inizialmente dichiarato, benche' non ritirate. Il datore di lavoro, infatti, manteneva sempre il potere di revocare le ferie gia' concesse e il non aver adempiuto all'obbligo di presentarsi al lavoro rendeva illegittima la condotta contestata.

Si costituiva il (OMISSIS) resistendo al gravame e proponendo appello incidentale circa il mancato riconoscimento di taluni compensi aggiuntivi richiesti.

Quanto all'appello principale evidenziava che, essendo l'assenza legittima, il dipendente non aveva nessun obbligo di reperibilita' durante le ferie.

Con sentenza depositata il 2 luglio 2010, la Corte d'appello di Brescia respingeva entrambi i gravami.

Per la cassazione propone ricorso il Comune di Revere, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste il (OMISSIS) con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1335 c.c., e articoli 45 e 23 del c.c.n.l. 6 luglio 1995 per il personale dipendente dalle amministrazioni del Comparto Regioni - Autonomie locali, cosi' come sostituito dall'articolo 24 del c.c.n.l. 22.1.04. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Lamenta che il giudice di appello nego' erroneamente che le comunicazioni (di richiamo in servizio) inviate al dipendente presso il suo domicilio fossero irrilevanti essendo questi in ferie. Cio' in base al principio di cui all'articolo 1335 c.c., nonche' al principio secondo cui, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 3 del 2010, dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale dell'articolo 140 c.p.c., la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass. n. 4748/11).

Evidenzia che l'articolo 23 del c.c.n.l. di comparto prevedeva tra i doveri del dipendente quello di "comunicare all'Amministrazione la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea nonche' ogni successivo mutamento delle stesse".

Ne conseguiva che il dipendente in ferie fosse tenuto a comunicare la sua dimora temporanea ed i successivi eventuali mutamenti.

Il motivo e' infondato. La norma contrattuale invocata tutela il diritto del datore di lavoro di conoscere il luogo ove inviare comunicazioni al dipendente nel corso del rapporto di lavoro e non gia', stante la natura costituzionalmente tutelata del bene, ivi comprese le connesse esigenze di privacy, durante il legittimo godimento delle ferie (che il lavoratore e' libero, salvo diverse pattuizioni, di godere secondo le modalita' e nelle localita' che ritenga piu' congeniali al recupero delle sue energie psicofisiche), risolvendosi l'opposta interpretazione in una compressione del diritto alle ferie, costringendo il lavoratore in viaggio non solo a far conoscere al datore di lavoro i luoghi e tempi dei suoi spostamenti, ma anche ad una inammissibile e gravosa attivita' di comunicazione formale, magari giornaliera, dei suoi spostamenti.

2. Con il secondo motivo il Comune denuncia la violazione dell'articolo 2109 c.c., e dell'articolo 18 del c.c.n.l. 6.7.95, cosi' come confermato dall'articolo 45 del c.c.n.l. 22.1.04.

Lamenta che in ogni caso la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere che il datore aveva il diritto di richiamare dalle ferie il dipendente con ordine per quest'ultimo vincolante, permanendo, anche durante il godimento delle ferie, il potere del datore di lavoro di modificare il periodo feriale anche a seguito di una riconsiderazione delle esigenze aziendali, come del resto previsto dal citato articolo 18 del c.c.n.l. che prevede la possibilita' per il datore di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale gia' in godimento.

3. Con il terzo motivo il Comune lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55, e dell'articolo 25 del c.c.n.l. per il personale del comparto Regioni - Autonomie locali del 6.7.95 e 22.1.04. Lamenta che dal combinato disposto delle norme invocate doveva evincersi la legittimita' del licenziamento per l'assenza ingiustificata, quale che fosse la causa dell'assenza, evidenziando che il Comune aveva inviato al domicilio del (OMISSIS) (in ferie) l'invito a riprendere il servizio.

4. I motivi, che per la loro connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati. In realta' l'invocato articolo 18 stabilisce, per quanto qui interessa, che "Le ferie sono un diritto irrinunciabile, non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 16 (attinente l'impossibilita' di fruirne). Esse sono fruite nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le oggettive esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste del dipendente" (comma 9); ancora che "Compatibilmente con le oggettive esigenze del servizio, il dipendente puo' frazionare le ferie in piu' periodi. La fruizione delle ferie dovra' avvenire nel rispetto dei turni di ferie prestabiliti, assicurando comunque al dipendente che ne abbia fatto richiesta il godimento di almeno 2 settimane continuative di ferie nel periodo 1 giugno - 30 settembre" (comma 10); ancora che "Qualora le ferie gia' in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio, il dipendente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie, nonche' all'indennita' di missione per la durata del medesimo viaggio; il dipendente ha inoltre diritto al rimborso delle spese anticipate per il periodo di ferie non goduto" (comma 11); ancora che "In caso di indifferibili esigenze di servizio che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell'anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell'anno successivo" (comma 12); quindi che "Le ferie sono sospese da malattie adeguatamente e debitamente documentate che si siano protratte per piu' di 3 giorni o abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero. L'amministrazione deve essere stata posta in grado di accertarle con tempestiva informazione" (comma 14).

Come risulta evidente non vi e', nell'invocato articolo 18, alcuna norma che preveda un potere totalmente discrezionale del datore di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale gia' in godimento, risultando allo scopo insufficiente il generico inciso di cui al comma 11 "Qualora le ferie gia' in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio", che nulla dice circa le modalita' con cui l'interruzione o la sospensione possa essere adottata e debba essere comunicata. Deve anzi evidenziarsi che questa Corte, pur avendo affermato il diritto del datore di lavoro di modificare il periodo feriale in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, ha al contempo ritenuto che le modifiche debbano essere comunicate al lavoratore con congruo preavviso (Cass. n. 1557/00). Cio' presuppone all'evidenza una comunicazione tempestiva ed efficace, idonea cioe' ad essere conosciuta dal lavoratore prima dell'inizio del godimento delle ferie, tenendo conto che il lavoratore non e' tenuto, salvo patti contrari, ad essere reperibile durante il godimento delle ferie (e salvo il diverso caso di comunicata malattia insorta nel periodo feriale, al fine di sospenderne il decorso e consentire al datore di lavoro i controlli sanitari, Cass. n. 12406/99).

Il lavoratore e' infatti libero di scegliere le modalita' (e localita') di godimento delle ferie che ritenga piu' utili (salva la diversa questione dell'obbligo di preservare la sua idoneita' fisica, Cass. sez. un. n. 1892/82), mentre la reperibilita' del lavoratore puo' essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio ma non gia' del lavoratore in ferie, salvo specifiche difformi pattuizioni individuali o collettive.

Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita', che liquida in euro 50,00 per esborsi, euro 4.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
 

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