Il datore di lavoro può licenziare, ai sensi dell'art. 2110 c.c., il dipendente quando lo stato di malattia di quest'ultimo si protrae oltre il termine c.d. di comporto

Il datore di lavoro può licenziare, ai sensi dell'art. 2110 c.c., il dipendente quando lo stato di malattia di quest'ultimo si protrae oltre il termine c.d. di comporto, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso. La disposizione codicistica sopra menzionata si riferisce anche alle ipotesi di reiterate assenze per malattia del lavoratore (c.d. eccessiva morbilità), pertanto il datore di lavoro, anche in tal caso, può esercitare il recesso solo dopo il periodo di tempo stabilito dalla legge, dalle norme collettive, dagli usi o secondo equità. (Tribunale Napoli Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 5 maggio 2006, n. 13175)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Tribunale di Napoli,

dr. Rosa Molè, in funzione di giudice del Lavoro,

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

nell'udienza di discussione del 18/4/06, nella causa iscritta al n. 7898/03 R. G. Lavoro tra:

Ca.Pa. rapp.to e difeso dall'avv.to G.Co., presso cui è elett.te dom.to in Er. (Na) via I.tr.(...) No.

RICORRENTE

E

Impresa Pi.Ci. S.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa dall'avv. Ar.Es., elett.te dom.ta in Na. viale Ra.N.(...)

RESISTENTE

OGGETTO: impugnativa licenziamento e differenze retributive

CONCLUSIONI: Come in atti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 9/7/03, il ricorrente conveniva in giudizio l'Impresa Ci. s. p. a., per sentire accogliere le seguenti conclusioni: 1. preliminarmente, dichiarare l'inefficacia del licenziamento, in quanto intimato in contrasto con la L. 604/966, l'art. 2119 c.c., l'art. 18 St. Lav. e l'art. 2 L. n. 108/90, nonché l'art. 29 II comma CCNL di categoria e l'art. 2963 c.c. e per l'effetto dichiarare la reintegrazione nel posto di lavoro del ricorrente con le conseguenze di legge; 2. accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla retribuzione per le ore di straordinario non retribuito, per la disponibilità permanente garantita e per l'indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute e, per l'effetto, condannare la convenuta al pagamento della complessiva somma di Euro 51. 180,95, o alla diversa somma ritenuta di giustizia. Vittoria di spese di giudizio.

All'uopo esponeva di aver lavorato dal 3/7/1984 al 23/7/2002 alle dipendenze dell'Impresa Ci. s. p. a., inquadrato fin al 1991 con la qualifica di marinaio, successivamente con quella di comandante, poi nostromo e dal 1997 capopontone. Le mansioni espletate consistevano nell'impartire ai marinai, quale unico responsabile, gli ordini necessari. Aggiungeva che dal v. 1997 prestava la propria attività lavorativa a Li., alloggiando nelle abitazioni attigue al cantiere garantendo la propria disponibilità lavorativa 24 ore su 24. La settimana lavorativa era così articolata: dal lunedì al venerdì dalle ore 7,30 alle ore 12,00 e dalle ore 13,00 alle ore 17,30; il sabato e la domenica dalle ore 6,00 alle ore 18,00; ogni quindici giorni finiva di lavorare il venerdì alle ore 13,00 e riprendeva il martedì alle ore 7,30.

Deduceva, altresì, di aver svolto lavoro straordinario, di essere stato in disponibilità permanente, e di aver goduto di ferie in misura ridotta, senza percepire alcun corrispettivo.

Si costituiva la società convenuta chiedendo il rigetto del ricorso introduttivo in quanto infondato. In particolare, eccepiva la piena legittimità del licenziamento, comminato al Ca. per superamento del periodo di comporto.

Ammessa ed espletata la prova testimoniale, depositate note difensive, la causa veniva decisa come da dispositivo letto in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è infondata e non merita accoglimento.

Le richieste oggetto del presente ricorso sono: 1. l'impugnativa di licenziamento intimato con racc.ta del 23/7/02, ritenuto illegittimo in quanto privo di giusta causa o giustificato motivo; 2. la corresponsione delle differenze retributive per le ore di straordinario non retribuito, per la disponibilità permanente garantita e per l'indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute.

In merito al licenziamento, si legge nella comunicazione del 23/7/02 che la risoluzione del rapporto di lavoro avveniva per superamento del periodo massimo di comporto di sei mesi, giusta previsione del disposto di cui all'art. 29, 2° comma del CCNL del 12/7/1991 per il personale marittimo che svolge la sua opera su natanti adibiti a lavori edili marittimi.

Il citato art. 29 della normativa contrattuale prevede che "In caso di malattia il marittimo non in prova ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di sei mesi ...".

È noto che l'art. 2110 c.c., 2° comma, prevede come autonoma ed ulteriore causa di recesso del datore di lavoro il superamento del periodo di comporto, con la conseguenza che il dipendente può essere licenziato per il solo fatto del protrarsi del suo stato di malattia oltre il detto periodo, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso.

È stato evidenziato (Cass. sez. lav. 27/6/1996 n. 5927) come la norma non si ponga i contrasto con principi costituzionali, posto che la previsione costituzionale del diritto dei lavoratori alla previdenza ed all'assistenza sociale ed al mantenimento del posto di lavoro non comporta affatto che il rapporto debba comunque proseguire senza limiti di tempo, quando il lavoratore sia impossibilitato ad adempiere la propria obbligazione per un periodo imprecisato, considerati gli oneri che ne deriverebbero al datore di lavoro sia sotto il profilo patrimoniale, anche nell'ipotesi in cui egli sia esentato dalla controprestazione retributiva, sia sotto quello dell'organizzazione aziendale, e considerato altresì che la funzione della norma è quella di contemperare gli interessi configgenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l'occupazione).

È, poi, pacifico che l'art. 2110 c.c. non faccia riferimento esclusivamente alla malattia a carattere unitario e continuativo, ma deve ritenersi comprensivo anche dell'ipotesi di un succedersi di malattie a carattere intermittente o reiterato, ancorché frequenti e discontinue in relazione ad uno stato di salute malfermo (c.d. eccessiva morbilità). Ne consegue, stante la prevalenza dell'a rt. 2110 c.c. (disposizione speciale) sulla disciplina generale della risoluzione del rapporto di lavoro, che, anche nell'ipotesi di reiterate assenze per malattia del dipendente, il datore di lavoro non può licenziarlo per giustificato motivo, ai sensi dell'art. 3 della legge 15/7/1966, n. 604, ma può esercitare il recesso solo dopo il periodo all'uopo fissato dalla contrattazione collettiva, ovvero in difetto, determinato secondo equità (Cass. civ., sez. lav., 14/12/99 n. 14065).

Nella fattispecie, dalla lettura del suddetto articolo 29, 2 comma, del CCNL, non è desumibile chiaramente il tipo di comporto previsto, poiché in nessuna parte dell'articolo e del CCNL è chiarito se il termine di sei mesi, previsto per la conservazione del posto, deve essere continuativo oppure frazionato, e non viene specificato l'arco temporale di riferimento.

Ciò posto, pur aderendo all'interpretazione del suddetto articolo effettuata dal ricorrente e, dunque, ritenendo estranea alla suddetta previsione contrattuale la disciplina del comporto per sommatoria, non vi è dubbio che il giudice debba determinare la disciplina del comporto per sommatoria secondo equità.

La Suprema Corte ha ritenuto che nella determinazione, con il criterio dell'equità, del tempo massimo del periodo di comporto per assenze frazionate, in mancanza di una disciplina collettiva delle conseguenze di tali assenze, il giudice deve tendere ad assimilare quanto più possibile questa forma di determinazione del tempo del comporto alle altre fonti indicate nell'art. 2110 comma 2, c.c. - il quale richiama l'equità come fonte di completamento del proprio contenuto precettivo e solo perché ipotizza una carenza delle altre possibili discipline legali o contrattuali prioritariamente richiamate - e può quindi fissare il termine ed. interno; del comporto per sommatoria in un numero di giornate pari a quella prevista per assenze per unica malattia, identificando nel periodo di durata del contratto, individuato partendo a ritroso dalla data del licenziamento, il termine ed. esterno, e cioè l'arco temporale in cui effettuare la somma dei vari episodi di malattia. (Cassazione civile, sez. lav., 12 giugno 1995, n. 6601; nonché Tribunale Milano, 28 febbraio 2005 in Orient. giur. lav. 2005, I, 154).

In altre occasioni, la Cassazione ha ritenuto congruo il termine esterno di un triennio a decorrere dalla data del licenziamento (Cass. 9/1/01 n. 223; Cass. 20/8/96 n. 7660).

Orbene, nel caso in esame, non è contestato che il ricorrente dal 1997 al 23/07/2002 è stato assente per malattia per complessivi 752 giorni, di cui: 122 nell'anno 1997; 117 nell'anno 1998; 77 nell'anno 1999; 101 nell'anno 2000; 144 nell'anno 2001; 191 nei primi sette mesi dell'anno 2002.

Pertanto, il lavoratore negli ultimi tre anni di lavoro (termine esterno) è stato assente per malattia per 436 giorni, superando ampiamente il limite dei sei mesi (180 giorni), quale termine interno previsto dal c.c. N. L. per il superamento del periodo di comporto.

Il fatto, poi, che il termine di sei mesi sarebbe decorso il giorno 7/6/02, come evidenziato dal ricorrente, non presenta rilevanza, trattandosi di comporto per sommatoria ed avendo il lavoratore cumulato altre assenze per malattia durante il periodo dall'11/06/02 fino al 17/07/02.

È appena il caso di rilevare che, in caso di avvenuto superamento del periodo di comporto, non può negarsi al datore di lavoro un ragionevole "spatium deliberando perché egli possa valutare convenientemente, nel suo complesso, la sequela degli episodi morbosi ed accertare una possibile convenienza alla protrazione del rapporto lavorativo nonostante le numerose assenze del lavoratore (Cass. 18/5/1999 n. 4818).

Il licenziamento deve pertanto ritenersi legittimo.

Quanto alle ulteriori domande, le risultanze istruttorie hanno acclarato che, in ragione delle modalità di svolgimento della prestazione, nulla spetta al ricorrente a titolo di lavoro supplementare o straordinario, nonché per la "reperibilità".

Sulla possibilità di intervenire in caso di necessità al di fuori dell'orario di lavoro, durante il periodo in cui dormivano in alloggi situati all'interno del cantiere, per circa un anno, il teste Li.An., collega del ricorrente, ha testualmente dichiarato: "ciò non è mai avvenuto".

Lo stesso ha altresì chiarito che i turni di guardiania venivano effettuati ogni quindici giorni e poi veniva riconosciuto il riposo compensativo.

Entrambi i testi escussi hanno poi affermato che lo straordinario veniva pagato in busta paga.

Peraltro dalla documentazione versata in atti (buste-paga) risulta la corresponsione di tutte le indennità contrattualmente dovute al lavoratore, oltre che delle ferie spettanti.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi, attesa la natura della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.


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