Il dipendente, in malattia, a recarsi al mare con la sua moto può essere legittimamente licenziato

L'espletamento di altra attività lavorativa ed extralavorativa da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell'adempimento dell'obbligazione, posto che il fatto di guidare una moto di grossa cilindrata, di recarsi in spiaggia e di prestare una seconda attività lavorativa sono di per sé indici di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute e ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltreché dimostrativi del fatto che lo stato di malattia non è assoluto e non impedisce comunque l'espletamento di una attività ludica o lavorativa.



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente

Dott. ROSELLI Federico - rel. Consigliere

Dott. MONACI Stefano - Consigliere

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6496/2006 proposto da:

CL. CE. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL PARADISO 55, presso lo studio dell'avvocato DELLA CHIESA D'ISASCA FLAMINIA, rappresentato e difeso dall'avvocato RIZZO NUNZIO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FO. GI. MA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 235, presso lo studio dell'avvocato DI GIOIA GIULIO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3067/2005 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/07/2005 R.G.N. 8314/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2009 dal Consigliere Dott. DI NUBILA VINCENZO;

udito l'Avvocato RIZZO NUNZIO;

udito l'Avvocato ITALICO PERLINI per delega DI GIOIA GIULIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per: accoglimento per due motivi, assorbito il terzo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 4.12.2002, FO. Gi. Ma. conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli la spa Cl. Ce. ed esponeva di avere lavorato per la convenuta quale aiuto medico specialista in geriatria dal febbraio 1981, con rapporto di lavoro a tempo parziale di trenta ore settimanali; nel contempo, rivestiva la carica di direttore sanitario del Ce. Fu. srl., fino al 28.4.2002, circostanza questa nota alla Cl. Ce.. Dopo un periodo di malattia ((OMESSO)) aveva ripreso servizio, ma in data (OMESSO) aveva dovuto nuovamente assentarsi per l'insorgenza di coxoartrosi post-necrotica: pendente un ciclo riabilitativo consigliato in attesa di intervento chirurgico, la societa' gli contestava alcuni illeciti disciplinari; ricevuta la lettera di giustificazioni, lo licenziava per giusta causa. Egli impugnava il licenziamento e chiedeva la reintegra, in una col risarcimento del danno per avere riportato una crisi ansioso - depressiva a causa di tale licenziamento.

2. Previa costituzione ed opposizione della Cl. Ce. spa, il Tribunale respingeva la domanda attrice. Proponeva appello l'attore e la Corte di Appello, previa costituzione della convenuta, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, ordinando la reintegra del Fo. e la corresponsione delle retribuzioni "medio tempore" maturate; non riconosceva invece l'ulteriore danno richiesto dall'attore. Questa, in sintesi, la motivazione della sentenza di appello:

altro giudizio tra le parti, inerente al riconoscimento di mansioni superiori, non ha rilevanza nella presente controversia;

irrilevante e' pure la mancata affissione del codice disciplinare, dato che le mancanze addebitate (simulazione dello stato di malattia, avere ritardato la guarigione, avere svolto attivita' concorrenziale) costituiscono mancanze inerenti ad ogni rapporto di lavoro e non tipiche dell'attivita' svolta dal datore di lavoro;

lo stato invalidante e' accertato dal giudice di primo grado e sul punto la sentenza e' passata in giudicato; il Fo. e' stato visto mentre, perdurante la malattia, guidava una motocicletta, si recava al mare e quindi si portava presso il Ce. Fu. per prestare ivi la propria attivita';

viene addebitato all'attore di avere, con tali comportamenti, ritardato la guarigione, ma di cio' non vi e' prova; la terapia in acqua era consigliata, non risulta che la guida della motocicletta sia incompatibile col processo di guarigione;

l'attivita' presso il Ce. Fu. era nota alla Cl. Ce.; essendo il Fo. assunto a tempo parziale; egli avrebbe potuto richiedere autorizzazione al riguardo, ma nella specie tale autorizzazione non era necessaria in ragione della consapevolezza della Cl. Ce., dell'ampia tolleranza al riguardo esercitata ed infine al fatto che, se del caso, doveva essere contestata la mancata richiesta dell'autorizzazione e non la prestazione in se';

gli ulteriori danni non erano ricollegabili con nesso causale al licenziamento.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione la Cl. Ce. spa, deducendo tre motivi. Resiste con controricorso Fo. Fr. Ma.. La ricorrente ha presentato memoria integrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Col primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 2697, 2730 e 2909 c.c., nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex articolo 360 c.p.c., n. 5: erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che si sia formato il giudicato interno sul punto inerente alla (insussistente) dimostrazione dello stato di malattia; infatti la parte convenuta, totalmente vittoriosa in primo grado, non aveva l'onere di proporre appello incidentale, ma poteva limitarsi a riproporre in appello la questione ritenuta assorbita. In ogni caso, l'attivita' ludica e non, espletata dall'attore durante la presunta malattia, doveva essere ritenuta idonea a dimostrare che il Fo. ben avrebbe potuto prestare il proprio lavoro anche presso la Cl. Ce.. Il fatto di avere guidato in piu' occasioni una moto di grossa cilindrata, di essersi recato al mare a prendere bagni; di avere guidato l'autovettura, di essersi recato presso il Ce. Fu., doveva far ritenere sussistente, quanto meno, un'attivita' dell'attore in contrasto con gli obblighi di cura e riposo, in modo da non compromettere ulteriormente la guarigione.

5. Il motivo e' fondato nei limiti di cui "infra". Si premette che la parte totalmente vittoriosa in primo grado non ha l'onere di proporre appello incidentale, ma puo' limitarsi a riproporre una questione che il giudice di primo grado abbia ritenuto "assorbita". Nella specie, il Tribunale ha respinto la tesi della simulazione dello stato di malattia, ma l'ha superata addebitando al lavoratore un comportamento comunque illegittimo. La questione non e' stata specificamente riproposta in appello, tanto e' vero che la ricorrente richiamava genericamente tutte le deduzioni svolte in primo grado. Devesi pertanto ritenere che lo stato di malattia sia coperto da giudicato.

6. La Corte di Appello ha pero' ritenuto che i vari comportamenti ascritti al Fo. non fossero in contrasto coi doveri del dipendente durante il periodo di malattia. Ha percio' ritenuto che il fatto di avere guidato una motocicletta, nonostante la coxo-artrosi dell'anca, di avere preso bagni di mare e di avere comunque prestato una (limitata) attivita' presso il Ce. Fu. non fossero idonei a compromettere l'interesse del datore di lavoro ad una pronta guarigione del lavoratore. Quanto affermato dalla Corte di Appello appare in contrasto coi principi piu' volte affermati da questa Corte di Cassazione in ordine ai doveri del lavoratore durante la malattia. Si veda al riguardo Cass. 7.6.1995 n. 6399: "Lo svolgimento di altra attivita' lavorativa da parte del dipendente assente per malattia puo' giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedelta' ove tale attivita' esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per se' sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l'attivita' stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore".

7. Si veda ancora Cass. 1.7.2005 n. 14046: "Lo svolgimento di altra attivita' lavorativa da parte del dipendente assente per malattia puo' giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedelta', oltre che nell'ipotesi in cui tale attivita' esterna sia per se' sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attivita', valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva riconosciuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era stato sorpreso a lavorare con mansioni di carico e scarico merci e servizio ai tavoli nel circolo ricreativo gestito dalla moglie durante un periodo di assenza dal servizio per distorsione al ginocchio) ".

7. Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame si ha che l'espletamento di altra attivita' lavorativa ed extralavorativa da parte del lavoratore durante lo stato di malattia e' idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buonafede nell'adempimento dell'obbligazione, posto che il fatto di guidare una moto di grossa cilindrata, di recarsi in spiaggia e di prestare una seconda attivita' lavorativa sono di per se' indici di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, oltreche' dimostrativi del fatto che lo stato di malattia non e' assoluto e non impedisce comunque l'espletamento di una attivita' ludica o lavorativa.

8. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, degli articoli 1362 c.c. e segg., articolo 2105 c.c., in relazione agli articoli 14 e 30 del CCNL di settore; della Legge Regionale n. 377 del 1998 e vizio di motivazione: la Corte di Appello ha errato ritenendo che l'attivita' presso altro centro clinico fosse consentita, sulla base di una infondata interpretazione della norma contrattuale. La norma del CCNL, se intesa nel senso di autorizzare comunque un'attivita' in favore di terzi, e' nulla per contrasto con l'articolo 2105 cit.; in ogni caso il Fo. doveva chiedere l'autorizzazione.

9. Il motivo e' infondato. L'argomentazione secondo la quale la norma contrattuale sarebbe nulla per contrasto con norma imperativa e' nuova ed inammissibile. In ogni caso, trattandosi di rapporto di lavoro "part time", la prestazione di ulteriore attivita' "part time" presso altro centro medico non puo' essere ritenuta vietata "tout court". Ma diversa e' la "ratio decidendi" della Corte di Appello: muovendo dall'articolo 30 del CCNL, essa ha ritenuto che non sussiste divieto di prestare la propria opera presso terzi in caso di lavoratori a tempo definito, essendo in tal caso sufficiente una richiesta di autorizzazione. Nella specie, come accerta la Corte di Appello, la Cl. Ce. era da tempo a conoscenza dell'ulteriore attivita' del Fo. - per circa dieci ore settimanali - e nulla aveva rilevato al proposito; circostanza questa tale da integrare gli estremi della tolleranza, ovvero da indurre a diversa e piu' tenue valutazione dell'infrazione nel giudizio di proporzionalita' tra mancanza e sanzione. Il motivo si risolve quindi in una censura in fatto, inammissibile nel giudizio di legittimita', avendo la Corte di Appello giustificato il proprio convincimento sul punto con motivazione esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talche' essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimita'

10. Col terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, e vizio di motivazione, per avere la Corte di Appello condannato essa Cl. Ce. al versamento delle retribuzioni globali di fatto, senza tenere conto dell'"aliunde perceptum" in ragione del rapporto di lavoro presso il Ce. Fu..

11. Il motivo e' manifestamente infondato e va rigettato. Trattasi infatti di rapporto di lavoro "part time", onde quanto percepito in conseguenza di una diversa attivita' lavorativa per un orario di lavoro ulteriore non costituisce "aliunde perceptum" rispetto all'orario praticato presso la Cl. Ce.. La ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare la sussistenza di una diversa fonte di guadagno, sostitutiva della retribuzione dovuta dalla convenuta.

12. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata limitatamente al primo motivo del ricorso, che viene accolto, ed il processo va rinviato alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le statuizioni circa le spese. Il principio di diritto e' quello indicato al par. n. 7 che precede.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo e il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

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