Il diritto del lavoratore al TFR è sempre garantito in caso di fallimento dell'azienda

Il pagamento del tfr è dovuto al lavoratore ed è parzialmente commisurato all’anzianità maturata in precedenza alle dipendenze di altro datore di lavoro (anche cioè in caso di trasferimento d’azienda), non avendo rilevanza la cessione dei diritti maturati dal lavoratore in materia di Tfr presso la prima azienda.
( CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE LAVORO, SENTENZA N. 11147 DEL 7 MAGGIO 2008)



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Presidente Mercurio – Relatore Lamorgese - Pm Riello – conforme - Ricorrente I.N.P.S.
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Fatto
Con ricorso in opposizione a Decreto Ingiuntivo l'INPS conveniva in giudizio dinanzi al
Pretore di Massa, Sezione distaccata di Carrara, il lavoratore indicato in epigrafe, eccependo,
in via preliminare, la mancanza di un titolo idoneo per la concessione del Decreto Ingiuntivo
e rilevando altresì l'eccessività dell'importo richiesto per i soli sei mesi di lavoro prestato dal
16.2.1994 in poi presso la s.r.l. SAIA, di cui era stato dichiarato il fallimento. Al riguardo, più
precisamente deduceva che l'importo si riferiva anche al precedente rapporto di lavoro alle
dipendenze della s.p.a.
Ferroleghe, non invocabile poiché era configurabile nella specie un trasferimento d'azienda,
con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, che
presuppone lo stato d'insolvenza di ogni debitore, non configurabile invece nei confronti
della Soc. Ferroleghe, che non era stata dichiarata fallita. Eccepiva anche che il lavoratore
aveva disposto del proprio credito per trattamento di fine rapporto maturato alle dipendenze
della Soc. Ferroleghe, mediante cessione pro soluto in favore della S.r.l. SAIA (comunicata
alla Soc. Ferroleghe), che aveva trasformato il credito del lavoratore in obbligazione
pecuniaria a carico del nuovo datore di lavoro, del quale il Fondo di Garanzia non poteva
rispondere ad alcun titolo.
Costituitosi in giudizio, il lavoratore chiedeva la conferma del decreto opposto, eccependo
l'infondatezza degli assunti avversali e sostenendo, in particolare, che egli aveva pattuito
con la s.r.l. SAIA un'espromissione liberatoria ai sensi dell'art. 1272 c.c., la quale, non
avendo carattere novativo, aveva mantenuto la natura originaria del credito per t.f.r.,
legittimando l'intervento del Fondo di Garanzia.
Il Pretore rigettava il ricorso confermando l'opposto Decreto e compensando tra le parti le
spese di lite.
Proponeva appello l'INPS lamentando l'errata interpretazione e la violazione della normativa
vigente e segnatamente, da un lato, dell'art. 2112 c.c. (il lavoratore infatti aveva disposto
del suo credito al di fuori della procedura di cui al comma 2 di tale disposizione, rinunziando
sostanzialmente a farlo valere nei confronti dell'effettivo datore di lavoro, in vista
dell'assunzione da parte di una società da considerarsi terza o continuatrice della
precedente); dall'altro, della L. n. 297 del 1982, art. 2, che, facendo espresso riferimento al
datore di lavoro e non al cessionario o al preteso espromissore, non era derogabile dai
privati: peraltro gli atti compiuti per aggirarne l'applicazione si ponevano al di fuori del
legittimo esercizio dell'autonomia privata e non perseguivano interessi meritevoli di tutela.
Costituitosi l'appellato, il Tribunale di Massa Carrara rigettava l'appello.
Il giudice di secondo grado esaminava innanzitutto le deduzioni dell'Inps basate sulla tesi
dell'applicabilità dell'art. 2112 c.c., osservando in particolare - "ammesso e non concesso"
che tale norma fosse applicabile al caso concreto - che, in ragione della solidarietà prevista
da tale norma in favore del creditore, il dipendente, a prescindere dal rispetto o meno della
procedura prevista dal comma 2 di tale articolo, avrebbe avuto comunque il diritto di
chiedere alla Soc. SAIA, e quindi al fondo di garanzia, il credito in questione, e rilevando
anche che, stante la sopravvenuta insolvenza della Soc. Ferroleghe, evidenziata dalla
omologazione del relativo concordato preventivo, non avevano ragione di essere le eccezioni
dell'Inps correlate all'esistenza di un debitore in bonis.
Lo stesso giudice si faceva quindi carico dell'obiezione secondo cui la L. n. 297 del 1982, art.
2, nel prevedere l'intervento sostitutivo del fondo di garanzia, fa riferimento al "datore di
lavoro" e non anche a cessionari o espromissori, osservando che in realtà la norma non
esclude l'intervento del fondo di garanzia ai fini del pagamento del t.f.r. maturato dal
lavoratore nel corso dell'intera vita lavorativa (e quindi nella specie per la parte del t.f.r.
relativa al periodo in cui il lavoratore era stato dipendente della Ferroleghe), nell'ipotesi di
espromissione liberatoria, quale quella configurabile nella specie, giusta la qualificazione già
operata dal giudice di primo grado e rispondente alle previsioni del codice civile.
Avverso la esaminata sentenza l'INPS propone ricorso per cassazione con un unico motivo.
Il lavoratore intimato non si è costituito.
Diritto
Con l'unico motivo del ricorso principale l'INPS deduce la violazione e falsa applicazione della
L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2, nonché la contraddittorietà della motivazione (art. 360
c.p.c., nn. 3 e 5).
Premesso che la decisione di merito ha escluso che sia configurabile un'ipotesi di
trasferimento d'azienda, e quindi di continuità del rapporto di lavoro nel passaggio dal primo
al secondo imprenditore e di unitarietà del credito del lavoratore per t.f.r., e ha qualificato
come espromissione liberatoria il contratto intervenuto tra il lavoratore e la Soc. SAIA a
proposito del t.f.r. maturato nel periodo di dipendenza dalla Soc. Ferroleghe, il ricorrente
osserva che la modificazione soggettiva intervenuta quanto al lato passivo dell'obbligazione
non può comportare l'obbligo di garanzia dell'apposito fondo di cui alla legge, L. n. 297 del
1982, art. 2, sia perché il nuovo debitore può chiedere al debitore originario il rimborso della
somma versata, sia perché la società espromittente, avendo assunto il debito altrui
spontaneamente, ha agito nei confronti del lavoratore non in esecuzione di obblighi nascenti
dal contratto di lavoro, ma quale semplice terzo.
Il ricorso non è fondato.
Le relative deduzioni non sarebbero prive di qualche giustificazione in relazione alla
qualificazione della vicenda nell'ambito della espromissione, operata dal giudice di merito,
ma non sono fondate se si fa riferimento alla reale portata della fattispecie che emerge dalla
sentenza impugnata, la cui motivazione in diritto deve essere corretta, a norma dell'art. 384
c.p.c., comma 2 (senza che in senso contrario rilevi il cenno della sentenza stessa circa la
mancanza nell'atto di appello di rilievi riguardo alla tesi dell'espromissione formulata dal
primo giudice, trattandosi di un'osservazione incidentale di tipo argomentativo, che non
implica l'accertamento di un giudicato, il quale peraltro contrasterebbe con la prospettazione
da parte dell'Inps, ancora in appello, di una ricostruzione della vicenda in termini del tutto
diversi).
Deve sottolinearsi infatti che il ricollegarsi da parte del giudice di appello, nella parte finale
della motivazione, alla qualificazione giuridica della fattispecie negoziale operata dal giudice
di primo grado, non è coerente non solo con le argomentazioni sviluppate fino a quel punto
della sentenza, ma anche con gli accertamenti di tipo fattuale insiti nelle stesse e, in
particolare, con l'inequivoco riferimento alla maturazione in favore del lavoratore del diritto
ad un unitario t.f.r. in relazione all'intero periodo lavorativo, compreso quello in cui egli era
stato dipendente della Soc. Ferroleghe. Questa ricostruzione, che è coerente con le
modalità, riferite anche dall'Inps, di insinuazione e riconoscimento del credito nella sede
fallimentare, presuppone evidentemente che vi fosse stato il riconoscimento da parte del
secondo datore di lavoro - subentrato nel quadro di una vicenda collettiva di cui l'Inps
ancora in appello sosteneva la qualificabilità in termini di trasferimento di azienda - della
unitarietà dei rapporti di lavoro. Ne deriva che le pattuizioni intervenute tra Soc. SAIA e
lavoratori in merito al t.f.r. maturato durante il periodo di dipendenza dei lavoratori stessi
dall'altra società inerivano al rapporto di lavoro e non potevano essere estrapolate e
atomisticamente considerate. Inoltre non vi è motivo di dubitare, in relazione alla specificità
della fattispecie, della validità dei patti relativi al riconoscimento, da parte del nuovo datore
di lavoro, dell'unitarietà del rapporto e dell'effettività in concreto della saldatura dei due
periodi lavorativi a fronte del riconoscimento di un'unica anzianità complessiva.
Ne consegue anche che sussisteva affettivamente un diritto dei lavoratori, peraltro
riconosciuto nella sede fallimentare, ad un unitario t.f.r. dovuto dalla Soc. SAIA nella sua
qualità di datrice di lavoro. Opera quindi indubbiamente la garanzia prevista dalla L. n. 297
del 1982, art. 2, per il t.f.r. relativo al rapporto unitariamente considerato, analogamente a
quanto avviene in caso di trasferimento d'azienda (cfr. Cass. n. 9189/1991, 15687/2000 e
36/2005), senza che alcuna influenza possa avere al riguardo la cessione da parte dei
lavoratori dei diritti maturati in materia di t.f.r. presso il primo datore di lavoro, peraltro
funzionale al riconoscimento da parte del nuovo datore di lavoro della unitarietà del
rapporto. A queste medesime conclusioni, d'altra parte, questa Corte era già pervenuta
nell'esaminare altre controversie relative ad analoghe fattispecie (cfr. Cass. n. 13385, n,
14625 del 2006; n. 21615 del 2007); ed a tale orientamento deve darsi dunque continuità
nella presente controversia.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese del giudizio in mancanza di attività difensive da parte
dell'intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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