Casa:
Il lavoratore che dopo la malattia non torna a lavoro può essere licenziato
Pubblicata il 19/02/2015
Corte di Cassazione, Sezione L civile Sentenza 4 febbraio 2015, n. 2023
- Leggi la sentenza integrale -
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo - Presidente
Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere
Dott. MANNA Antonio - Consigliere
Dott. TRIA Lucia - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28734/2013 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
ASSOCIAZIONE ASSISTENZIALE (OMISSIS), in persona del legale rappr.te pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 894/2013 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 06/08/2013 R.G.N. 312/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l'inammissibilita' o in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Catania, l'Associazione assistenziale "(OMISSIS)" conveniva in giudizio il suo dipendente (OMISSIS) perche' fosse accertata la legittimita' della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per quattro giorni, allo stesso comminata il 19.03.02 perche', alla scadenza di un periodo di malattia, non aveva comunicato che non sarebbe tornato al lavoro. Costituitosi in giudizio, il dipendente contestava la domanda e, dedotto di essere stato licenziato nelle more per recidiva nella sanzione disciplinare (irrogata tre volte), in via riconvenzionale chiedeva che il licenziamento fosse dichiarato illegittimo e fosse ordinata la sua reintegrazione e che il datore fosse condannato al risarcimento del danno.
2.- Avendo il Tribunale ritenuto legittima la sanzione disciplinare e rigettato la domanda riconvenzionale, il dipendente proponeva appello contestando entrambe le pronunzie, assumendo di aver dato giustificazione dell'assenza e contestando, altresi', l'esistenza della recidiva, dato che le sanzioni irrogate erano state impugnate dinanzi al collegio di conciliazione ed arbitrato ex articolo 7 stat. lav. ed erano divenute inefficaci per la mancata nomina dell'arbitro da parte del datore. La Corte d'appello di Catania con sentenza del 6.08.13 rigettava l'impugnazione, rilevando che non era stato provato che il lavoratore: a) quanto alla sanzione conservativa irrogata in data 19.03.02 per l'assenza ingiustificata, avesse comunicato in via informale di essere ammalato; b) quanto al licenziamento, avesse depositato la richiesta di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato per accertare la legittimita' delle due sanzioni ulteriori (comminate nei giorni 22.07.02 e 11.06.02) ed avesse invitato il datore a nominare il proprio rappresentante. Constatata l'efficacia delle sanzioni, la Corte riteneva infondate anche le contestazioni di merito formulate al riguardo.
3.- Avverso questa sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, cui risponde il datore con controricorso e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.- Il ricorrente deduce violazione del contratto collettivo di categoria, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, sotto due diversi profili:
4.1. a proposito della ritenuta legittimita' della sanzione irrogata in data 19.03.02 per aver il lavoratore comunicato con ritardo lo stato di malattia, sostiene che il giudice avrebbe ritenuto ingiustificata la sua assenza sulla base di dichiarazioni scritte di altri dipendenti, illegittimamente confermate in appello con prova testimoniale, mentre non aveva tenuto conto che egli aveva trasmesso tempestivamente un nuovo certificato medico;
4.2.- a proposito della legittimita' delle tre sanzioni disciplinari irrogate in date 19.03.02, 11.06.02 e 22.07.02, in quanto il giudice non avrebbe tenuto conto che le sanzioni erano state irrogate in forza di insussistenti circostanze e che, in ogni caso le stesse erano divenute inefficaci in forza dell'impugnazione dinanzi al collegio di conciliazione ed arbitrato.
5.- L'articolo 33 del CCNL 1998-2001 del personale dipendente delle strutture sanitarie associate AIOP, ARIS e Fondazione don Carlo Gnocchi, pacificamente applicabile al caso di specie, prevede che "sempreche' si configuri un notevole inadempimento e con il rispetto delle normative vigenti, e' consentito il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo nei casi di: a) ... b) ... c) recidiva in qualunque mancanza quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione disciplinare nell'arco di un anno dall'applicazione della prima sanzione; ...". La "sospensione" ivi menzionata e' da ritenere riferita alla sanzione conservativa della "sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un periodo non superiore a dieci giorni", prevista in altra sede dallo stesso articolo 33. Analoga disposizione e' contenuta nell'articolo 41 del successivo contratto 2002-2005.
6.- Nel caso di specie il lavoratore fu sottoposto a tre sanzioni disciplinari irrogate rispettivamente in date: a) 19.03.02 (per mancata comunicazione del prosieguo dello stato di malattia); b) 11.06.02 (per smarrimento delle chiavi di un armadio affidate alla sua custodia); c) 22.07.02 (per non veritiera denunzia di un infortunio). Il licenziamento fu irrogato in data 6.08.02, dopo che era stato contestato un ulteriore illecito disciplinare.
7.- Il giudice di merito ha ritenuto legittima l'irrogazione di tutte le tre sanzioni sopra menzionate: la prima per una considerazione di merito (ritenendo che il lavoratore avesse violato l'obbligo di dare comunicazione dell'inizio della malattia), la seconda e la terza perche' divenute definitive, non avendo il lavoratore dato prova della sua tesi difensiva, secondo cui le due sanzioni sarebbero rimaste sospese (e quindi non operative) ai sensi dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori, non avendo il datore proceduto alla nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione ed arbitrato.
8.- Quanto al primo motivo, con cui si sostiene che l'invio del certificato medico avrebbe sanato ogni omissione circa la tempestiva comunicazione dello stato di malattia, deve rilevarsi che l'articolo 31 del CCNL 1998-2001 statuisce che "le assenze debbono essere segnalate prima dell'inizio del turno di lavoro alle persone o all'Ufficio a tanto preposto dalla Struttura sanitaria, giustificate immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore, salvo legittimo e giustificato impedimento...... In caso di malattia, eguale comunicazione deve essere effettuata, prima dell'inizio del turno di servizio, anche nel caso di eventuale prosecuzione della malattia stessa".
La norma ha una sua logica interna, in quanto, in considerazione della particolarita' della funzione professionale degli assistenti educatori, la tempestivita' della comunicazione e' strettamente correlata alla necessita' di trovare valide alternative di servizio nel caso di improvvisa assenza degli addetti ai turni di assistenza. Essa, nel momento in cui impone la segnalazione dell'assenza "prima dell'inizio del turno" intende, dunque, tutelare la corretta esecuzione del servizio, che e' interesse del datore (ed in pari misura degli utenti), ulteriore e diverso da quello della verifica della effettivita' dello stato di malattia. Questo e' il senso dell'affermazione contenuta nellasentenza 10.02.00 n. 1481 di questa Corte, secondo cui ove il contratto collettivo preveda che il lavoratore che si assenta dal servizio per malattia abbia l'obbligo di comunicare al datore di lavoro l'inizio della malattia, la omessa comunicazione vale ad integrare un'infrazione suscettibile di sanzione disciplinare, restando irrilevante che il lavoratore abbia comunque inviato il certificato medico giustificativo dell'assenza. Tale sentenza, citata dal giudice di merito, pur attinente a diversa fattispecie, con la puntualizzazione di scopo appena effettuata e' sicuramente pertinente al caso di specie.
Il primo motivo e', dunque, infondato.
9.- Il secondo motivo e', invece, inidoneo a colpire il decisum della sentenza impugnata. La Corte d'appello, all'esito di una compiuta indagine istruttoria, basata sull'esame di documentazione prodotta in atti e di informazioni richieste all'UPLMO competente, ha infatti accertato che il ricorrente non ha provato di aver presentato la domanda di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato e, meno che, mai di aver invitato il datore a nominare il suo rappresentante nell'ambito del collegio. Con il motivo in esame il ricorrente contesta tale affermazione ribadendo di aver fornito la prova richiesta mediante la detta produzione documentale, omettendo di dare seguito alcuno a tale affermazione; in particolare egli non illustra quale fosse il contenuto della documentazione prodotta e se essa contenesse effettivamente la richiesta di costituzione del collegio, in modo da smentire il contrario avviso del giudice di appello, ma si dilunga in una improduttiva ed inconferente censura delle circostanze di fatto oggetto delle contestazioni sfociate nelle sanzioni disciplinari.
In mancanza di tale puntuale contestazione, il motivo e' affetto da insanabile genericita' e deve essere rigettato.
10.- Infondati i motivi di impugnazione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimita', come liquidate in dispositivo.
11.- Pur essendo il ricorso notificato dopo l'entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, che apporta innovazioni al regime delle spese di giustizia per il caso di rigetto dell'impugnazione, il ricorrente, risultando ammesso al gratuito patrocinio, non deve essere onerato delle conseguenze amministrative ivi previste (Cass. 2.09.14 n. 18253).
P.Q.M.
La Corte cosi' decide;
a) rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimita', che liquida in euro 100 (cento) per esborsi ed in euro 3.000 (tremila) per compensi oltre I.V.A., C.P.A. e spese forfettarie nella misura del 15%;
b) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 15, comma 1 quater, da' atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorsola norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.