Il lavoratore non può ottenere l'applicazione di un contratto collettivo diverso da quello corrispondente all'attività svolta dall'imprenditore salvo che provi l'insufficienza della retribuzione percepita

Nell'ipotesi di rapporto di lavoro regolato da contratto diverso da quello collettivo corrispondente all'attività svolta dall'imprenditore, il lavoratore non può ottenere l'applicazione di quest'ultimo, salvo che provi l'insufficienza della retribuzione percepita rispetto ai criteri di cui al comma 1 dell'articolo 36 della Costituzione, e ottenga così l'adeguamento giudiziale equitativo alle previsioni del suddetto contratto collettivo. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 4 giugno 2008, n. 14791)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATTONE Sergio - Presidente

Dott. MAIORANO Francesco Antonio - Consigliere

Dott. ROSELLI Federico - rel. Consigliere

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AR. MA. VI. WA. &. C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 50, presso lo studio dell'avvocato COSSU Bruno, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CESTER CARLO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

BE. FE., CR. DA., elettivamente domiciliati in ROMA VIA OTRANTO 39, presso lo studio dell'avvocato CARDILLI Raffaele, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati MORO GIANCARLO, BONON FERDINANDO, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 242/04 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 21/05/04 r.g.n. 582/01;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 11/04/08 dal Consigliere Dott. Federico ROSELLI;

udito l'Avvocato COSSU;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. MASSIMO FEDELI che ha concluso chiedendo che la Suprema Corte di Cassazione in Camera di consiglio rigetti il ricorso con le pronunce di legge, conclusioni confermate anche dal Dott. CARLO DESTRO.

RITENUTO IN FATTO

Che con ricorso del 16 febbraio 1999 al Pretore di Rovigo, Be.Fe. e Cr.Da., gia' dipendenti della s.n.c. Ar. Ma. di. Vi. Wa. e. C., esponevano di essere stati retribuiti in base al contratto collettivo vigente per le imprese artigianali del legno invece che a quello perle imprese commerciali, come avrebbe dovuto essere a causa dell'attivita' effettivamente svolta dalla datrice di lavoro, e chiedevano l'adeguamento della retribuzione o per diretta applicazione del contratto per le imprese commerciali o, in subordine, in applicazione dell'articolo 36 Cost., che a loro avviso imponeva di utilizzare le tabelle retributive del contratto ora detto;

che, costituitasi la convenuta, il Tribunale, subentrato al Pretore, accoglieva la domanda, e la decisione veniva confermata con sentenza del 21 maggio 2004 della Corte d'appello di Venezia, la quale affermava doversi applicare, secondo il testo dell'articolo 2070 cod. civ., il contratto collettivo corrispondente all'attivita' effettivamente esercitata dall'impresa, ossia a quella del commercio, e aggiungeva che la retribuzione ivi prevista, comprese le voci accessorie, era sufficiente ai sensi dell'articolo 36 Cost.;

che contro questa sentenza ricorre per Cassazione la s.n.c. Ar. Ma. Vi. Wa. e. C., mentre il Be. ed il Cr. resistono con controricorso;

che il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che i controricorrenti eccepiscono l'inammissibilita' del ricorso, a causa del difetto della qualita' di rappresentante legale della societa' ricorrente in capo a Ma.Vi., che ha conferito la procura al difensore ai sensi dell'articolo 365 cod. proc. civ., legali rappresentanti sarebbero attualmente, secondo i controricorrenti, Ma. Gi. e To.;

che l'eccezione e' infondata poiche' la procura al difensore e' chiaramente sottoscritta da " Ma. To. " mentre e irrilevante l'erronea intestazione dell'atto;

che col primo motivo la ricorrente sostiene la violazione della Legge 8 agosto 1985, n. 443 articolo 3 artt, 414 e 416 cod. proc. civ., per avere al Corte d'appello ravvisato un'attivita' commerciale, invece che artigiana, in difetto di prova e con erronea interpretazione della legge sull'artigianato;

che col secondo motivo essa lamenta la violazione dell'articolo 2070 c.c., articolo 36 Cost., articoli 414 e 437 c.p.c., sostenendo la non applicabilita' del criterio dell'attivita' economica effettivamente esercitata dall'imprenditore onde determinare il contratto collettivo applicabile ai singoli rapporti di lavoro; infatti nell'attuale regime della cosiddetta contrattazione collettiva di diritto comune il rapporto di lavoro sarebbe regolato solo dal contratto scelto dalle parti;

che questo secondo motivo, logicamente precedente, e' manifestamente fondato:

che le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 26 marzo 1997, n. 2665, componendo un contratto di giurisprudenza, hanno affermato che, nell'ipotesi di rapporto di lavoro regolato da contratto diverso da quello collettivo corrispondente all'attivita' dall'imprenditore, il lavoratore non puo' ottenere l'applicazione di quest'ultimo, salvo che provi l'insufficienza della retribuzione percepita rispetto ai criteri dell'articolo 36 Cost., comma 1, ed ottenga cosi' l'adeguamento giudiziale equitativo alle previsioni del suddetto contratto collettivo;

che nel caso di specie i lavoratori, attori ed ora controricorrenti, sostennero in via principale la necessita' di applicare il contratto collettivo, e quindi di retribuzioni, in base all'attivita' economica effettivamente esercitata dall'imprenditore e non in base alle clausole, eventualmente difformi del contratto individuale ed inoltre sostennero che l'articolo 36 Cost., imponesse tale soluzione;

che la Corte d'appello, accogliendo questa tesi e tenendo conto di tutte le voci retributive previste nel contratto collettivo delle imprese commerciali e non soltanto dei minimi, ha disatteso la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la disciplina collettiva adoperata dal giudice come termine di riferimento per valutare la sufficienza della retribuzione ex articolo 36 cit., puo' trovare applicazione non automatica ma soltanto quale criterio orientativo, ossia limitatamente alla retribuzione base e senza riguardo ad altri istituti contrattuali (Cass. 21 gennaio 1985, n. 237, 13 marzo 1990, n. 2021, 2 maggio 1190, n. 3617);

che l'inosservanza delle massime di diritto sopra riportate ha indotto i giudici di merito un errato accoglimento delle pretese dei lavoratori;

che il primo motivo di ricorso rimane cosi' assorbito;

che, cassata la sentenza impugnata, e' necessario rinviare ad altro collegio, il quale esamini la domanda subordinata, avente ad oggetto la dichiarazione di inadeguatezza dei contratti individuali di lavoro, corrispondenti al contratto collettivo degli artigiani, ai parametri dell'articolo 36 Cost., comma 1; domanda formulata nelle pagine da 9 a 11 dell'atto introduttivo del giudizio, ritenuta assorbita dal Tribunale ed espressamente riproposta in appello ai sensi dell'articolo 346 c.p.c.;

che pertanto il giudice di rinvio, che si designa nella Corte di appello di Trieste, uniformandosi ai principi di diritto qui sopra enunciati, accertera' se le retribuzioni percepite dai lavoratori in base al contratto collettivo dell'artigianato siano non proporzionale alla qualita' e quantita' del lavoro prestato ed in ogni caso sufficienti ad assicurare a loro ed alla loro famiglia un'esistenza libera e dignitosa; in caso di inadeguatezza ai detti parametri, la Corte procedera' ad adeguarli, eventualmente nonche' in via equitativa tenendo conto del contratto collettivo delle imprese commerciali;

che essa provvedera' altresi' alle spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio alla Corte d'appello di Trieste, anche per le spese.

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