Il lavoro prestato di domenica deve essere retribuito in misura maggiore

Il lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo deve essere retribuito in misura maggiore rispetto a quello ordinario, anche se non esiste una specifica disposizione del CCNL poiché ha una gravosità maggiore rispetto a quello settimanale alla quale deve corrispondere una maggiore retribuzione.
E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione , sezione lavoro, con sentenza n. 18708 del 6 settembre 2007.
La Corte ha, infatti, precisato che “la maggiorazione per il lavoro prestato di domenica trova il suo fondamento legislativo, anche in mancanza di disposizione contrattuale e nonostante il previsto riposo compensativo, nell'art. 2109 c.c., comma 1, il quale, nel prescrivere che il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo settimanale "di regola coincidente con al domenica", implicitamente attribuisce al giorno della domenica una valenza superiore a quello degli altri giorni della settimana, recependo il consolidato costume sociale che vede nella domenica il giorno dedicato dal lavoratore al riposo ed alle attività sociali e culturali”.



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Con ricorso al Pretore di Roma l'attuale intimato esponeva:
- di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze della Banca Nazionale del Lavoro con
qualifica di ausiliario e con mansioni di custode - guardiano diurno e notturno dal 1984;
- di aver svolto turni di lavoro anche oltre il sesto giorno di lavoro consecutivo;
- di aver svolto lavoro per circa venti domeniche all'anno; di non aver percepito per tali
prestazioni nè le maggiorazioni per lavoro straordinario, né alcun altro indennizzo. Tanto
premesso chiedeva la condanna della BNL al pagamento di una somma per i titoli indicati,
oltre accessori.
Costituitosi il contraddittorio, il Pretore rigettava la domanda. Il lavoratore proponeva
impugnazione e il Tribunale di Roma, con la sentenza qui impugnata, in riforma della
sentenza del primo giudice, condannava la BNL ala pagamento delle richieste differenze
retributive.
Il Tribunale osservava che la contrattazione collettiva, fino al 30.4.1987, non aveva previsto
alcuna maggiorazione né per il lavoro domenicale, né per l'attività prestata oltre il sesto
giorno consecutivo; successivamente, il nuovo contratto collettivo aveva previsto una
maggiorazione pari al 20% della paga oraria per il solo lavoro domenicale, nulla prevedendo
per il lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo.
Il Tribunale riteneva tuttavia che al lavoratore turnista, che espleti la propria attività con
spostamento del riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica e con una cadenza
variabile, per cui detto riposo intervenga oltre il sesto giorno lavorativo, spetti comunque,
nonostante la fruizione di riposo compensativo, una maggiorazione sia per la maggiore
penosità del lavoro svolto di domenica, sia per la privazione della pausa destinata al
recupero delle energie psicofisiche con cadenza settimanale, salvo che la disciplina
contrattuale preveda indennità o benefici destinati a compensare la maggiore penosità sia
del lavoro domenicale che di quello prestato oltre il sesto giorno.
Riteneva pertanto che al ricorrente spettasse una maggiorazione sia per il lavoro domenicale
svolto fino al 30.4.1987 che per il lavoro svolto oltre il sesto giorno per l'intero periodo
controverso, in una misura che riteneva equo liquidare con metodo analogo a quello previsto
dalla contrattazione collettiva successiva al 1987 per il solo lavoro domenicale.
Per la cassazione di tale sentenza la Banca Nazionale del Lavoro ha proposto ricorso
sostenuto da due motivi. L'intimato resiste con controricorso. BNL ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 36 e 39 Cost., art. 2109 c.c., e L. n.
370 del 1934, artt. 3 e 5, nonchè vizi di motivazione, la Banca osserva che nel vigente
ordinamento appartiene alla competenza della contrattazione collettiva determinare il
trattamento retributivo spettante ai lavoratori per le prestazioni rese, senza possibilità per il
giudice di sostituirsi alle parti contrattuali, nè di applicare lo strumento dell'analogia.
Pertanto l'esecuzione dì una prestazione lavorativa conforme a contratto - nella specie
sostituzione nei casi previsti dalla legge del riposo domenicale con altro giorno di riposo
compensativo -non può far sorgere il diritto ad una maggiorazione non prevista da alcuna
fonte normativa. La BNL si duole, inoltre che il Tribunale non abbia verificato se i lavoratori
della categoria usufruiscano di condizioni di trattamento retributive e normative, tanto
favorevoli rispetto a quelle di altre categorie, da poter costituire una adeguata
compensazione del ridotto disagio del lavoro domenicale., raffrontando il trattamento
economico e l'orario di lavoro della categoria in esame con quelli di altre categorie di
lavoratori.
Con il secondo motivo, denunciando violazione delle stesse norme di legge indicate in
precedenza e vizi di motivazione, la BNL osserva che nessuna norma di legge nè
disposizione collettiva stabilisce che il lavoratore abbia diritto per il lavoro prestato oltre il
sesto giorno ad una maggiorazione del compenso. Infatti la cadenza del riposo ogni sei
giorni non costituisce una regola assoluta e inderogabile, essendo invece consentita una
periodicità diversa quando sussistano apprezzabili interessi aziendali relativi
all'organizzazione ed allo svolgimento delle prestazioni lavorative, quando non sia snaturato
il rapporto di un giorno di riposo e sei di lavoro.
I due motivi di ricorso, che per la loro connessione possono essere trattati unitamente, sono
infondati.
La maggiorazione per il lavoro prestato di domenica trova il suo fondamento legislativo,
anche in mancanza di disposizione contrattuale e nonostante il previsto riposo
compensativo, nell'art. 2109 c.c., comma 1, il quale, nel prescrivere che il prestatore di
lavoro ha diritto ad un giorno di riposo settimanale "di regola coincidente con al domenica",
implicitamente attribuisce al giorno della domenica una valenza superiore a quello degli altri
giorni della settimana, recependo il consolidato costume sociale che vede nella domenica il
giorno dedicato dal lavoratore al riposo ed alle attività sociali e culturali. Conseguentemente
la giurisprudenza di questa Corte ha sempre riconosciuto al lavoratore che per legittime
esigenze aziendali ha prestato lavoro nel giorno di domenica il diritto ad una maggiorazione
di retribuzione per la maggiore penosità del lavoro domenicale a titolo indennitario (vedi
Cass. n. 11611 del 2000, Cass. n. 11627 del 2000, Cass. n. 12852 del 2001).
A non diverse conclusioni deve pervenirsi in relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno
consecutivo.
Per giurisprudenza ormai costante di questa Corte, il lavoro prestato oltre il sesto giorno
consecutivo ha, rispetto a quello scandito da pause aventi la normale cadenza settimanale,
una gravosità maggiore alla quale deve corrispondere una maggiore retribuzione (crr. Cass.
n. 9009 del 2001, Cass. n. 12852 del 2001, Cass. n. 9521 del 2004).
Sul fondamento di tale maggiorazione la Corte ha avuto modo di precisare, secondo un
orientamento prevalente, che essa è dovuta a titolo retributivo in base al principio di
proporzionalità di cui all'art. 36 Cost., senza che sia richiesta la prova del danno (vedi Cass.
n. 96 del 2004). Secondo altro orientamento il compenso sarebbe dovuto a titolo di
risarcimento del danno per l'inadempimento contrattuale del datore di lavoro (vedi Cass. n.
1135 del 2004).
Secondo altro orientamento ancora, che qui si condivide, la legittimità, a norma della L. n.
370 del 1934, art. 5, dello spostamento del riposo settimanale in un giorno diverso dalla
domenica, anche con una cadenza variabile per cui detto riposo intervenga oltre il sesto
giorno lavorativo, non esclude che al lavoratore sia dovuto, in relazione all'attività lavorativa
del settimo giorno consecutivo e nonostante il godimento di un riposo compensativo oltre
tale giorno, un compenso, determinabile anche equitativamente, a titolo non di risarcimento,
ma di indennizzo, per la privazione, pur legittima, della pausa destinata al recupero delle
energie psicofisiche; il diritto a tale prestazione indennitaria - che è satisfattiva di un
pregiudizio diverso da quello della particolare penosità del lavoro prestato di domenica con
fruizione del riposo compensativo in un giorno diverso nell'arco della settimana - non è
escluso dalla circostanza che la disciplina collettiva preveda un particolare trattamento
retributivo per la prestazione lavorativa domenicale, salvo che tale trattamento risulti
destinato a compensare , oltre la penosità del lavoro festivo, anche l'usura dell'attività
lavorativa prestata il settimo giorno consecutivo; ne consegue che nella determinazione
dell'indennizzo in via equitativa deve farsi riferimento, più che alla retribuzione in senso
proprio quale prevista dall'art. 36 Cost., alla specificità dell'indennizzo di un peculiare
sacrificio (vedi l'ampia motivazione di Cass. n. 5207 del 2003).
Nonostante le diverse soluzioni date dalla giurisprudenza al fondamento della maggiorazione
in esame, sta di fatto che tutte le decisioni di questa Corte concordano nel ritenere che,
anche in mancanza di una espressa previsione contrattuale, il lavoro prestato oltre il sesto
giorno consecutivo deve essere retribuito in misura maggiore rispetto a quello ordinario. A
questa costante soluzione il Collegio intende prestare piena adesione, in mancanza di nuovi
argomenti che inducano ad una riconsiderazione del problema.
A questi principi si è correttamente attenuto anche il Tribunale di Roma, sicché le censure
rivolte alla sentenza impugnata non meritano accoglimento.
In particolare destituita di fondamento è la censura con la quale la Banca si duole che il
giudice del gravame non abbia accertato se la contrattazione collettiva prevedesse per i
ricorrenti vantaggi economici e normativi idonei a compensare il disagio del lavoro
domenicale. La Banca non considera che spettava al datore di lavoro convenuto in giudizio
l'onere di provare i fatti impeditivi del diritto azionato dai lavoratori, nella specie la
sussistenza di clausole contrattuali comportanti per i lavoratori benefici compensativi, e che
tale prova non è stata né allegata né offerta nei giudizi di merito.
In definitiva il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna della banca ricorrente
al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come
in dispositivo e distratte in favore dell'avv. A.G. che si è dichiarato antistatario.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna la Banca Nazionale del Lavoro al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12,00, per esborsi ed in Euro millecinquecento per
onorari, oltre spese generali e accessori di legge, di, cui dispone la distrazione in favore
dell'avv. ANGELOZZI Giovanni.

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