Il licenziamento è legittimo se le mansioni del dipendente non sono essenziali al riassetto aziendale

Ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo obiettivo del licenziamento, l'onere, incombente sul datore di lavoro, della dimostrazione della impossibilita' di adibire il lavoratore allo svolgimento di altre mansioni analoghe a quelle svolte in precedenza deve essere contenuto nell'ambito delle circostanze di fatto e di luogo reali, verificando sul piano concreto la incompatibilita' della professionalita' del lavoratore licenziato con il nuovo assetto organizzativo dell'azienda e tenendo conto di dati oggettivamente rilevabili che possono essere sintomatici di tale incompatibilita', quali la mancata indicazione di alternative occupazionali da parte del dipendente licenziato. Peraltro, la prova della inutilizzabilita' delle prestazioni del lavoratore licenziato non richiede che in ipotesi di riduzione dell'organico, il datore di lavoro dia conto anche dei criteri seguiti per la selezione dei soggetti da utilizzare per una redistribuzione dei compiti nell'ambito del personale gia' esistente, giustificando in base ad una valutazione comparativa la propria scelta imprenditoriale, che resta invece insindacabile nei suoi profili di congruita', e non esclude l'effettivita' della soppressione del posto di lavoro anche nell'ambito di un riassetto organizzativo, restando, invece, a carico del lavoratore l'onere di dedurre e allegare la possibilita' di essere adibito ad altre mansioni. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 13 ottobre 2008, n. 25043)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATTONE Sergio - Presidente

Dott. ROSELLI Federico - Consigliere

Dott. VIDIRI Guido - rel. Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - Consigliere

Dott. STILE Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 19967-2005 proposto da:

CO. BA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 4/H, presso lo studio dell'avvocato SARACENI STEFANIA, rappresentato e difeso dall'avvocato MANCONI ROSARIA giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

SA. S.R.L., in persona del Presidente del consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA VITE 7, presso lo studio dell'avvocato MASINI MARIA STEFANIA, rappresentata e difesa dall'avvocato CORRIAS PIER GIORGIO giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 799/2004 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 17/11/2004 R.G.N. 727/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2008 dal Consigliere Dott. GUIDO VIDIRI;

udito l'Avvocato SARACENI per delega MANCONI;

udito l'Avvocato CORRIAS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore, Dott. PATRONE IGNAZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 28 settembre 2000 davanti al Tribunale di Oristano Ba.Co. riferiva di avere lavorato dal 1983 presso la societa' Sa. s.r.l. svolgendo dapprima mansioni di magazziniere addetto alle vendite e spedizioni, e poi come carrellista ed, infine, come impiegato conseguendo la qualifica di 3 livello superiore. Nel corso del rapporto era stato anche collocato in cassa integrazione, e dopo il rientro aveva mantenuto le proprie mansioni sino al 14 marzo 2000, quando aveva ricevuto la lettera di licenziamento per riduzione del personale; provvedimento verso il quale aveva proposto impugnazione. Tutto cio' premesso, chiedeva che in ragione della illegittimita' di licenziamento perche' privo di giusta causa e di giustificato motivo, la societa' venisse condannata a reintegrarlo nel suo posto di lavoro ed a risarcirgli i danni con interessi e rivalutazione, il tutto con vittoria di spese ed onorari di giudizio.

Il Tribunale di Oristano accoglieva la domanda e la Corte d'appello di Cagliari con sentenza del 17 novembre 2004 accoglieva l'appello e mandava assolta la societa' dalla domanda del Ba. .

Riteneva la Corte territoriale che il licenziamento era legittimo perche' sorretto da giustificato motivo oggettivo. Dalla espletata istruttoria era infatti emerso che la societa' versava in una situazione di grave crisi economica, che si protraeva da diversi anni, con perdite continue. Detta situazione, confermata anche dalla prova testimoniale era stata ammessa pure dalle organizzazioni sindacali aziendali, che erano a conoscenza - anche a seguito di riunioni tenute con i rappresentati della societa' - della inevitabilita' per l'azienda di procedere ad una riduzione del personale di almeno sei dipendenti, tra i quali lo stesso Ba. . Ne' per andare in contrario avviso poteva addursi che successivamente allo intimato licenziamento era stato assunto nuovo personale. Ed invero doveva ritenersi assodato che il licenziamento non solo del Ba. ma anche di altri lavoratori era avvenuto a causa del soprannumero dei dipendenti addetti alla produzione che avevano reso inevitabile il ridimensionamento della forza lavoro in una ottica di riorganizzazione aziendale. In tale contesto la circostanza che il Ba. per l'esperienza acquisita era capace di svolgere qualsiasi delle svariate mansioni, cui di volta in volta era addetto, non poteva valere ad evitare il licenziamento.

Ed invero dalle risultanze istruttorie e dalla prova per testi espletata era risultato che lo svolgimento di compiti in via stabile riguardava gli operai Ad. , Ma. , Ni. , Pi. e M. , mentre il Ba. rientrava tra quei dipendenti che, pur astrattamente fungibili con gli altri lavoratori, svolgevano in concreto compiti non essenziali in rapporto alla rimodulata organizzazione produttiva della societa', ne' il Ba. aveva dimostrato che fosse reale la possibilita' di essere addetto alle mansioni "equivalenti" a quelle per le quali era stato assunto, ne' aveva precisato in cosa tali mansioni consistessero.

Inoltre non ostava al riconoscimento della giusta causa di licenziamento l'ulteriore circostanza che dopo il detto licenziamento era stato assunto altro lavoratore, tal A. . Ed invero, detta assunzione era stata disposta - a distanza di oltre nove mesi dal licenziamento - per fronteggiare esigenze sopravvenute di carattere evidentemente temporaneo e con un contratto a termine. Ed una situazione analoga si era verificata anche per altro lavoratore, tale M. A. , assunto a sua volta in qualita' di carrellista dopo circa venti mesi dal licenziamento del Ba. .

Per concludere il programmato riassetto organizzativo discusso con le organizzazioni sindacali non poteva costituire oggetto di sindacato giudiziale sulla scelta imprenditoriale e, pertanto, non poteva portare al riconoscimento della illegittimita' del licenziamento.

Avverso tale sentenza Ba.Co. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la s.r.l. Sa. , che ha anche depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Ba. lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 3 anche in relazione all'articolo 2103 c.c., nonche' insufficiente motivazione. Deduce al riguardo che il giudice d'appello ha palesemente travisato le risultanze istruttorie fondando il proprio ragionamento su presupposti di fatto inesistenti. Ed invero la documentazione in atti comprovava che la scelta operata dalla societa' Sa. non poteva considerarsi affatto funzionale a fronteggiare una situazione economica sfavorevole ed, inoltre, palesemente reversibile e temporanea. La pretestuosita' e la infondatezza delle ragioni oggettive addotte dalla datrice di lavoro emergevano dalla circostanza che l'azienda successivamente al licenziamento aveva effettuato nuove assunzioni giustificando la propria condotta sulla base di circostanze risultate poi smentite dal materiale istruttorio, non risultando tra l'altro documentato a quali mansioni fossero stati adibiti effettivamente i nuovi assunti. Aggiunge infine il ricorrente che non si e' da parte del giudice d'appello tenuto conto dell'obbligo di repechage, che nel caso di specie doveva essere osservato dalla societa' attesa la possibilita' di un suo diverso impiego in azienda anche in ragione di una completa interscambiabilita' di ruoli tra i diversi dipendenti della societa'.

Con il secondo motivo il ricorrente denunzia vizio di motivazione su un punto decisivo della motivazione nonche' violazione e falsa applicazione degli articoli 1374 e 1206 c.c., affermando che la societa' nella scelta dei lavoratori da licenziare non aveva osservato i principi di correttezza e buona fede, che invece devono trovare applicazione allorquando si procede al licenziamento di piu' soggetti.

Con il terzo motivo il Ba. denunzia ancora vizio di motivazione avendo la Corte territoriale trascurato qualsiasi indagine sulla consistenza numerica della societa' e sulla configurabilita' della tutela reale rivendicata da esso ricorrente.

I tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per comportare la soluzioni di questioni tra loro strettamente connessi, vanno rigettati perche' privi di fondamento.

Va in primo luogo ricordato che con giurisprudenza costante questa Corte ha statuito che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciatale con ricorso per Cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della "ratio decidendi", e cioe' l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono consistere nella difformita' dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e' assegnato alla prova (cfr. tra le tante da ultimo: Cass. 6 marzo 2008 n. 6064).

Alla stregua di detto principio la impugnata sentenza non puo' essere censurata nella parte in cui con una motivazione congrua e coerente sul piano logico - e pertanto non censurabile in questa sede di legittimita' - ha ritenuto sulla base di dati fattuali emergenti dalle risultanze istruttorie che la societa' versava in una situazione di crisi economica per cui ricorreva la necessita' di una riorganizzazione aziendale capace di porre fine a detta crisi, e che il licenziamento del Ba. aveva trovato causa nella necessita' di una siffatta riorganizzazione.

Ne' per addurre la illegittimita' del licenziamento vale sostenere, come ha fatto il ricorrente, che era possibile la sua utilizzazione anche nella nuova organizzazione produttiva e che la esistenza del giusto motivo di licenziamento doveva escludersi per avere la societa' assunto in epoca successiva nuovo personale.

E' stato affermato dai giudici di legittimita' - ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo obiettivo del licenziamento - che l'onere, incombente sul datore di lavoro, della dimostrazione della impossibilita' di adibire il lavoratore allo svolgimento di altre mansioni analoghe a quelle svolte in precedenza deve essere contenuto nell'ambito delle circostanze di fatto e di luogo reali, verificando sul piano concreto la incompatibilita' della professionalita' del lavoratore licenziato con il nuovo assetto organizzativo dell'azienda e tenendo conto di dati oggettivamente rilevabili che possono essere sintomatici di tale incompatibilita', quali la mancata indicazione di alternative occupazionali da parte del dipendente licenziato. Peraltro, la prova della inutilizzabilita' delle prestazioni del lavoratore licenziato non richiede che in ipotesi di riduzione dell'organico, il datore di lavoro dia conto anche dei criteri seguiti per la selezione dei soggetti da utilizzare per una redistribuzione dei compiti nell'ambito del personale gia' esistente, giustificando in base ad una valutazione comparativa la propria scelta imprenditoriale, che resta invece insindacabile nei suoi profili di congruita', e non esclude l'effettivita' della soppressione del posto di lavoro anche nell'ambito di un riassetto

organizzativo, restando, invece, a carico del lavoratore l'onere di dedurre e allegare la possibilita' di essere adibito ad altre mansioni(cfr. in tali sensi: Cass. 17 luglio 2002 n. 10356, cui adde, in epoca meno risalente, Cass. 24 maggio 2007 n. 12094; Cass. 20 ottobre 2003 n. 15674).

La sentenza impugnata non e' assoggettabile ad alcuna critica per essersi adeguata a tale principio in quanto ha evidenziato come il lavoratore non avesse indicato le mansioni in cui poteva essere impiegato utilmente dalla s.r.l. Sa. pur dopo la sua riorganizzazione. E la decisione della Corte territoriale risulta parimenti incensurabile nel punto in cui non ha dato rilievo per valutare la legittimita' della condotta datoriale alla circostanza di assunzione di personale dopo il licenziamento del Ba. , per avere detta pronunzia correttamente rimarcato come tale assunzione fosse avvenuta a distanza di tempo dalla data del recesso e come il personale assunto era vincolato ad un contratto a tempo predeterminato ed allo svolgimento di compiti diversi da quelli che era stati svolti dal Ba. .

Corollario di quanto sinora detto - e piu' precisamente del corretto esercizio del diritto da parte della s.r.l. Sa. , come di ogni altro imprenditore, di determinare l'assetto organizzativo della propria azienda nonche' della accertata esistenza di un nesso causale tra obiettive esigenze di riorganizzazione e l'intimato licenziamento - e' l'irrilevanza della censura secondo cui nella fattispecie in esame si sia violato da parte della societa' il criterio di correttezza e buona fede e che non si sia, per di piu', tenuto conto del numero dei dipendenti della societa'. Censure queste che - come quella attinente al mancato rispetto dei criteri di scelta del personale da licenziare -non risultano essere state, alla stregua del principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, oggetto del thema decidendum nei precedenti gradi di giudizio.

Il ricorso va dunque rigettato.

Ricorrono giusti motivi - tenuto conto delle questioni trattate e della diversa conclusione cui si e' pervenuti all'esito dei due giudizi di merito - per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

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