Il pubblico dipendente che possa incorrere in situazioni che configurano un conflitto di interessi deve comunicare alla propria amministrazione i fatti che possono determinare tale conflitto con la funzione pubblica che svolge

Il pubblico dipendente che possa incorrere in situazioni che configurano un conflitto di interessi deve comunicare alla propria amministrazione i fatti che possono determinare tale conflitto con la funzione pubblica che svolge. I dirigenti pubblici sono obbligati non solo alla comunicazione formale del conflitto (non è sufficiente quella a voce) ma anche all'astensione, anch'essa formale in caso di conflitto d'interessi. È necessario dichiarare se il dirigente abbia o meno parenti entro il quarto grado e affini entro il secondo, o conviventi che esercitino attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Il dirigente è tenuto a comunicare all'amministrazione eventuali interessi che possano essere in conflitto con quelli dello stesso ente e ciò sia al momento dell'assunzione che nel periodo successivo durante il suo rapporto di lavoro.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 3 marzo 2010, n. 5113



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO   Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele - Presidente

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 9241/2006 proposto da:

CR. MA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell'avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

COMUNE DI ALESSANDRIA;

- intimato -

sul ricorso 13243/2006 proposto da:

COMUNE CITTA' DI ALESSANDRIA, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato MANZI ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BRUNI BRUNA, giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

CR. MA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell'avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

- controricorrente al ricorso incidentale -

avverso la sentenza n. 1969/2005 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 07/12/2005 r.g.n. 1144/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l'Avvocato LUDOVICA FRANZIN per delega ROMANELLI FRANCESCO;

udito l'Avvocato ALBINI CARLO per delega BRUNA BRUNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Cr. Ma. evocava in giudizio, avanti al tribunale di Alessandria, il Comune di Alessandria presso cui era stato dirigente dall'(OMESSO), onde impugnare il recesso per giusta causa di cui al decreto 3.4.2003, assumendone la nullita' e/o l'illegittimita', con conseguente diritto alla reintegrazione ed al pagamento delle retribuzioni da quella data a quella dell'effettiva reintegra o quantomeno al risarcimento dei danni ex Legge n. 604 del 1966.

Assumeva infatti che il recesso era motivato dalla violazione del Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articoli 5 e 6, in base al primo dei quali il dirigente, prima di assumere le funzioni, deve comunicare all'amministrazioni eventuali situazioni di conflitto di interesse ed, al secondo, i dipendenti devono astenersi dal partecipare all'adozione di decisioni che possano coinvolgere interessi di propri parenti entro il quarto grado o conviventi.

In realta' egli aveva attivato una procedura ad evidenza pubblica per l'assegnazione di consulenze ai fini del conseguimento da parte del Comune di Alessandria della certificazione Iso 9000 per il servizio asili nido. Prima della spedizione degli inviti, aveva segnalato al vicesegretario generale, dotto Le. , la presenza tra le ditte di tale Md. , amministrata da suoi parenti stretti. Da quel momento, a suo dire, si era astenuto dal partecipare alla Commissione di gara, limitandosi a sottoscrivere il provvedimento di aggiudicazione definitiva, che era atto del suo ufficio ed in cui si limitava a recepire le indicazioni della Commissione. Successivamente alla ditta era stato esteso il servizio per le scuole comunali, non ricorrendosi ad altra gara, per ragioni di contenimento di spesa per un servizio complementare Decreto Legislativo n. 157 del 1995, ex articolo 7, comma 2, lettera e. Quando poi vi era stata nuova gara d'appalto per la consulenza ai fini della certificazione Iso per il servizio rapporti con l'Unione Europea, ugualmente aveva avvisato l'assessore Br. ed il dirigente risorse umane del Comune, Dott.ssa B. , della partecipazione della stessa societa' Md. , invitata alla gara, mentre si trovava in ferie.

A seguito della gara non vi era stata alcuna aggiudicazione, ma il ricorrente era stato licenziato proprio per quel conflitto di interessi prontamente da lui segnalato all'amministrazione.

Precisava come l'articolo 5 del Decreto Ministeriale 28.11.2000 riguardasse il conflitto di interessi nel solo momento dell'assunzione e l'articolo 6 concernesse i dipendenti ma non i dirigenti.

2. Si costituiva il Comune deducendo la correttezza del proprio comportamento e chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Con pronuncia 21.4.2005, il tribunale di Alessandria respingeva la domanda, riconoscendo la legittimita' del recesso, atteso che la norma del Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articolo 5, andava interpretata nel senso che, anche in costanza di rapporto, andassero segnalate eventuali situazioni di conflitto di interessi (nel caso di specie nella compagine sociale della societa' Md. vi erano la moglie ed il cognato del ricorrente), la' ove le segnalazioni orali risultate avvenute (e provate in sede di istruttoria testimoniale) non erano valide in quanto non indirizzate ad organi dell'amministrazione; per quanto riguarda l'articolo 6, il tribunale lo riteneva applicabile a tutti i dipendenti, compresi i dirigenti. Aggiungeva il giudicante che in ogni caso il rapporto fiduciario era stato gravemente leso, atteso che il ricorrente si era limitato ad evidenziare rapporti generici di parentela, senza mai evidenziare la presenza nella societa' Md. della moglie, architetto, e non si era astenuto del tutto nel procedimento di gara, avendo provveduto a sottoscrivere gli inviti alla partecipazione ed il provvedimento di aggiudicazione definitiva, quanto all'appalto per la certificazione degli asili nido.

4. Contro tale pronuncia proponeva appello il Cr. , censurando l'iter argomentativo del primo giudice, quanto a necessita' di segnalare ogni conflitto anche in costanza di rapporto (la societa' Md. era stata costituita ben quattro anni dopo la sua assunzione). Evidenziava inoltre: come il provvedimento di aggiudicazione del primo appalto recasse solo il suo timbro, ma non la sua sottoscrizione; come il venir meno dell'elemento fiduciario non fosse stato posto a fondamento della contestazione; come non vi fossero stati ne' alcuna influenza nella regolare effettuazione della gara ne' alcun danno per il Comune, in considerazione anche del fatto che l'estensione dell'appalto alle scuole aveva costituito un risparmio; come il fatto, evidenziato a suo carico dal primo giudice, di aver introdotto la societa' Md. presso il Comune, non fosse stato oggetto di contestazione e fosse prassi per chi intendeva intraprendere rapporti con il Comune essere introdotto da personale interno; come l'invito alle ditte che avevano consegnato il curriculum al Comune fosse un atto dovuto; come l'articolo 5, non richiedesse alcuna forma per la segnalazione del conflitto di interessi.

Eccepiva inoltre la non proporzionalita' della sanzione e la non immediatezza della contestazione in relazione ai fatti contestati.

5. Si costituiva il Comune eccependo la novita' delle domande in punto ingiustificatezza del recesso e richiesta dell'indennita' prevista per il licenziamento ingiustificato dei dirigenti, nonche' della questione riguardante la non immediatezza della contestazione e di quella riguardante la sottoscrizione del provvedimento di aggiudicazione del primo appalto. Nel merito chiedeva la conferma della pronuncia del primo giudice, considerato che l'istruttoria avesse evidenziato che la segnalazione di conflitto di interessi venne effettuato in maniera informale e generica (senza parlare della posizione della moglie), quando gia' gli inviti alla partecipazione alla gara erano partiti e la sua astensione si era limitata alla non partecipazione alla Commissione di gara, dando, peraltro, egli, in occasione della gara per il secondo appalto, ordini di servizio ai suoi sottoposti To. e D'. di invitare la societa' Md. , e come non fosse necessario, ai fini della legittimita' del recesso, un danno del datore di lavoro ne' un vantaggio del lavoratore.

6. La Corte d'appello di Torino con sentenza del 2-6.12.2005 respingeva l'appello e condannava l'appellante a rimborsare all'appellato le spese del grado.

7. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione il Cr. con sei motivi di ricorso.

Resiste con controricorso la parte intimata che ha proposto altresi' ricorso incidentale con cinque motivi.

A quest'ultimo ha resistito il ricorrente con controricorso.

Il Comune ricorrente incidentale ha anche presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in sei motivi, il ricorrente si duole:

a) della "insufficiente e contraddittoria motivazione in merito alla configurabilita' della violazione del Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articolo 6, (Codice di comportamento dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni)". Sostiene in particolare che, se nella specie era applicabile l'articolo 5, e non l'articolo 6, Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, c'era l'obbligo di astensione, non gia' quello di comunicazione che contraddittoriamente la Corte d'appello ha ritenuto violato.

b) della "violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento al Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articolo 6", cit., nonche' del vizio di motivazione dell'impugnata sentenza.

In particolare sostiene che l'articolo 6 non richiedeva di specificare che il "conflitto di interessi" riguardava la moglie; era sufficiente il riferimento a "parenti".

c) della "violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento al Decreto Ministeriale 28 novembre 2000, articolo 6", cit. "e con riferimento al Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 107, (testo unico enti locali)". Secondo il ricorrente in particolare l'articolo 6 si applica ai dirigenti, ma con contemperamenti; egli non poteva non adottare atti formali non discrezionali.

d) della "violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento al Decreto Ministeriale 28 novembre 2000", articolo 6, cit. "con riferimento al Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 157, articolo 7, comma 2, lettera e), e con riferimento all'articolo 107, Decreto Legislativo 18 agosto n. 267 (testo unico enti locali). Censura in particolare la ritenuta applicabilita' della disciplina dell'astensione con riferimento all'appalto riguardante le scuole comunali.

e) della "violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all'articolo 345 c.p.c.". Sostiene che non era inammissibile la domanda diretta al conseguimento dell'indennita' quale dirigente.

f) della "violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all'articolo 345 c.p.c., e con riferimento al Decreto Ministeriale 28 novembre 2000", cit.. Sostiene in particolare che non era inammissibile il disconoscimento della sottoscrizione del provvedimento dirigenziale n. 470 del 19.2.2001.

2. Con il ricorso incidentale, articolato in cinque motivi, il Comune di Alessandria deduce che vi erano altri atti posti in essere in conflitto di interessi ex articolo 6; che l'articolo 5 si applica anche dopo l'assunzione; che sussisteva la giusta causa di recesso per violazione degli articoli 97 Cost.; che era venuto meno il vincolo fiduciario; che era inammissibile la domanda proposta per la prima volta in appello di accertamento dell'ingiustificatezza del licenziamento.

3. Vanno riuniti i due giudizi promossi con ricorso principale ed incidentale avendo ad oggetto la medesima sentenza impugnata.

4. Il ricorso principale - i cui primi quattro motivi ed il sesto possono essere esaminati congiuntamente - e' infondato.

5. Il D.P.C.M. 28 novembre 2000, recante il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, emesso ai sensi del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, articolo 58 bis, come sostituito dal predetto Decreto Legislativo n. 80 del 1998, articolo 27, disciplina - con normativa regolamentare suscettibile di diretta interpretazione da questa Corte - la situazione di conflitto di interesse in cui il dipendente venga a trovarsi.

L'articolo 1, comma 2, prescrive, come principio generale, che il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attivita' inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi; cio' non solo per evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi della pubblica amministrazione, ma anche per salvaguardarne l'immagine.

Questa previsione di carattere generale poi si specifica, senza esaurirsi, nel combinato disposto dei successivi articoli 5 e 6; norme queste che prevedono rispettivamente (la prima) la comunicazione da parte del dipendente di potenziali situazioni di conflitto di interesse e (la seconda) l'obbligo di astensione allorche' il conflitto di interessi si attualizzi in possibili decisioni o attivita' che il dipendente sia chiamato ad adottare o compiere.

Innanzi tutto una comunicazione formale - per iscritto - e' prevista dall'articolo 5, comma 1, quanto ai rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che il dipendente abbia avuto nell'ultimo quinquennio, e la comunicazione si estende alla precisazione se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; e se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attivita' o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

Un'altra comunicazione e' prevista dal comma 2, della medesima disposizione specificamente per il dirigente pubblico, comunicazione da ritenersi - stante l'unita' di ratio sottesa alla norma - parimenti formale e quindi da farsi per iscritto. Il dirigente deve comunicare all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovra' dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Questa comunicazione e' prevista per il dirigente "prima di assumere le sue funzioni".

Come giustamente osserva la difesa del Comune resistente, se questo inciso assegnasse all'obbligo di comunicazione una valenza meramente una tantum - ossia con riferimento solo al momento dell'assunzione e non gia' all'intero rapporto intrattenuto dal dirigente con l'amministrazione pubblica - la disposizione stessa sarebbe manifestamente irragionevole (articolo 3 Cost., comma 1) perche' starebbe a significare che il codice di comportamento appronterebbe una prescrizione di garanzia per la pubblica amministrazione solo in un singolo momento della vita lavorativa del dirigente, disinteressandosi dello svolgimento del rapporto. La pubblica amministrazione potrebbe rimanere all'oscuro di situazioni di conflitto di interesse del proprio dirigente sorte dopo l'assunzione e protrattesi nel corso del rapporto; laddove l'unica situazione di conflitto di interesse che il dirigente sarebbe chiamato a far emergere con la comunicazione suddetta sarebbe quella in ipotesi esistente all'inizio del rapporto.

Del resto il Decreto Ministeriale 31 marzo 1994, articolo 5, recante il previgente codice di comportamento, conteneva un analogo obbligo di comunicazione a carico del dirigente in termini piu' generici ("Il dirigente comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge, nonche' le successive modifiche"), ma chiaramente senza alcuna limitazione ad un singolo momento del rapporto di impiego. Ne' e' ipotizzabile che, quando il codice di comportamento del 2000 ha prescritto un obbligo di comunicazione per il dirigente in termini piu' pregnanti e dettagliati con il riferimento anche alla situazione di parenti entro il quarto grado, o affini entro il secondo, o conviventi, abbia poi drasticamente ristretto la portata della prescrizione riferendola solo ed esclusivamente ad un singolo momento del rapporto. Cio' e' vero tanto piu' che il successivo articolo 6, che prevede l'obbligo di astensione del dirigente, opera inequivocabilmente per tutta la durata del rapporto; sicche' sarebbe ulteriormente irragionevole che il dirigente debba comunicare la propria astensione, caso per caso, ma poi potrebbe tenere coperta una situazione di conflitto di interessi, salvo doverla dichiarare unicamente all'inizio del rapporto, prima di assumere le funzioni dirigenziali.

La complessiva irragionevolezza di una tale lettura testuale della norma striderebbe poi altresi' con la prescrizione di carattere generale dell'articolo 1 cit. che vuole che il dipendente mantenga - quindi per tutta la durata del rapporto e non solo all'inizio - una posizione di indipendenza e che eviti situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi.

Ed allora un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 5, comma 2, alla quale questa Corte e' viepiu' legittimata a procedere trattandosi di normativa subprimaria che non consentirebbe di sollevare la questione incidentale di costituzionalita', porta a ritenere che l'inciso suddetto dell'articolo 5 cit., letto in combinato disposto con l'articolo 6, stia null'altro a significare che l'operativita' dell'obbligo di comunicazione per il dirigente e' anticipata - rispetto all'articolo 5 vecchio testo - fin da prima dell'assunzione.

6. Cio' posto in diritto, emerge l'inconsistenza dei rilievi mossi dal ricorrente all'impugnata sentenza con i primi due motivi di ricorso, dolendosi egli che la Corte d'appello abbia considerato e valutato la mancata comunicazione della situazione di conflitto di interessi in cui il ricorrente stesso era venuto a trovarsi, pur ritenendo che gli articoli 5 e 6 cit. fossero da interpretare nel senso che nella specie trovava applicazione unicamente questa seconda disposizione (l'articolo 6) che non prevede siffatta comunicazione, ma solo l'obbligo di dichiarare l'astensione.

In realta' e' l'interpretazione di tali due disposizioni che va corretta ex articolo 384 c.p.c., u.c., come giustamente sostiene la difesa del Comune resistente:

Una volta ritenuto che l'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 5, comma 2, grava sul dirigente fin da prima di assumere le sue funzioni - e non gia' solo in quel momento - i rilievi svolti dalla Corte d'appello risultano essere pienamente coerenti e rispettosi della norma stessa.

7. Le altre censure del ricorrente attengono tutte a valutazioni di merito che la Corte d'appello ha fatto motivando in termini sufficienti e non contraddittori alla luce delle risultanze istruttorie di causa.

In particolare la Corte d'appello ha tenuto conto delle seguenti circostanze di fatto.

Innanzi tutto il ricorrente ha avviato la procedura di appalto per l'affidamento dell'attivita' di consulenza per l'ottenimento della certificazione ISO 9000 relativa agli asili nido con l'invito a partecipare, tra l'altro, ad una societa' di cui erano soci la moglie del ricorrente stesso ed il cognato. Cio' ha fatto: a) senza che la situazione di conflitto di interesse insorta al momento della costituzione della societa' con l'oggetto proprio di svolgere questo tipo di consulenze in favore di pubbliche amministrazioni fosse stata dal ricorrente comunicata formalmente al Sindaco o agli organi del Comune e quindi in violazione dell'articolo 2; b) senza dichiarare formalmente di astenersi dall'adottare qualsiasi decisione o di compiere qualsiasi attivita' riferibile alla situazione di conflitto di interesse, ossia riferibile nella specie alla societa' di consulenza della moglie e del cognato.

La Corte d'appello ha in proposito osservato che il ricorrente si e' limitato ad una comunicazione informale, generica e intempestiva perche' nel corso della procedura stessa; ed anche la dichiarazione di astensione ha riguardato soltanto la partecipazione alla Commissione costituita per l'esame delle offerte pervenute.

Il ricorrente, all'esito della procedura di appalto vinto dalla societa' della moglie e del cognato, ha adottato la determinazione dirigenziale di affidamento dell'attivita' di consulenza. La circostanza che si trattasse di un atto vincolato, sostanzialmente privo dell'esercizio di discrezionalita', non esclude l'obbligo della formale dichiarazione di astensione di cui all'articolo 6 cit., che e' mancata.

Il ricorrente, con propria determinazione dirigenziale, ha affidato alla societa' della moglie e del cognato l'appalto di consulenza con riferimento alla certificazione ISO per le scuole per l'infanzia; cio' senza alcuna gara, ma con affidamento diretto. Anche in tal caso scattava l'obbligo di dichiarare la propria astensione, a nulla rilevando - ovviamente - che l'appalto fosse "conveniente" per il Comune, come la difesa del ricorrente si e' sforzata di dimostrare. In questa procedura il ricorrente adottava tutti i provvedimenti necessari fino all'impegno di spesa.

In un terzo appalto di consulenza - quello per l'ottenimento della certificazione del Servizio Rapporti con l'UE - il ricorrente adottava patimenti gli atti della procedura, dall'invito rivolto ad alcune ditte a presentare un'offerta fino alla lettera di aggiudicazione. Anche in tal caso e' mancata la dichiarazione di astensione. Anzi per questo terzo episodio la difesa del ricorrente non deduce neppure quelle comunicazioni informali - ma comunque ritenute inidonee dalla Corte d'appello - che ci sono state nel primo appalto.

Marginale ed irrilevante e' poi la dedotta circostanza del disconoscimento della sottoscrizione del provvedimento dirigenziale n. 470 del 19.2.2001,

In sostanza la Corte d'appello ha potuto accertare la ripetuta violazione dell'obbligo di astensione (ex articolo 6 cit.) e la prolungata mancata comunicazione formale della situazione di conflitto di interesse in cui il ricorrente si trovava (ex articolo 5 cit.).

Cio' motivatamente la Corte d'appello ha valutato come lesione irrimediabile del vincolo fiduciario con conseguente sussistenza della giusta causa di recesso da parte del Comune.

8. Il quinto motivo del ricorso, riguardante la ritenuta novita' della domanda diretta ad ottenere la liquidazione dell'indennita' quale dirigente, e' inammissibile per assoluta genericita'.

9. Il rigetto del ricorso principale comporta poi che e' assorbito il ricorso incidentale perche' condizionato.

10. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 55,00 oltre euro 2.000,00 (duemila) per onorario d'avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.
 

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