In caso di concorso tra coniuge superstite e coniuge divorizato nel diritto alla pensione di reversibilità non deve chiedere gli arretrati al primo ma all'ente erogatore

Nel caso di concorso del coniuge superstite e del coniuge divorziato, il diritto al percepimento pensione, nasce, per entrambi, nei confronti dell'Ente erogatore (Cass. n. 15837/2001, cit.), onde a carico soltanto di quest'ultimo, e non anche del coniuge superstite che, nel frattempo, abbia percepito per intero e non pro quota il trattamento di reversibilita' corrisposto dall'Ente medesimo, debbono essere posti gli arretrati spettanti al coniuge divorziato sul trattamento anzidetto in proporzione alla quota riconosciuta dal giudice, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso dell'ex coniuge, salva restando, ovviamente, la facolta' per l'ente previdenziale di recuperare dal coniuge superstite le somme versategli in eccesso (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 19 settembre 2008, n. 23862)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere

Dott. GIULIANI Paolo - rel. Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. DEL CORE Sergio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PE. Gi., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 28, presso lo studio dell'Avv. Claudio Cirielli, rappresentata e difesa dall'Avv. Ambrosca Raffaele del foro di Santa Maria Capua Vetere in forza di procura speciale a margine del ricorso principale;

- ricorrente principale -

contro

GI. Ca., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cipro n. 77, presso lo studio dell'Avv. Gerardo Russillo, rappresentata e difesa dall'Avv. Russillo Felice del foro di Napoli in forza di procura speciale a margine del controricorso principale;

- controricorrente principale -

nonche'

sul ricorso, iscritto al n. 1637/05, proposto da:

GI. Ca., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cipro n. 77, presso lo studio dell'Avv. Gerardo Russillo, rappresentata e difesa dall'Avv. Felice Russillo del foro di Napoli in forza di procura speciale a margine del ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

PE. Gi., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 28, presso lo studio dell'Avv. Claudio Cirielli, rappresentata e difesa dall'Avv. Raffaele Ambrosca del foro di Santa Maria Capua Vetere in forza di procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente incidentale -

e

sul ricorso, iscritto al n. 6227/05, proposto da:

PE. Gi., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 28, presso lo studio dell'Avv. Claudio Cirielli, rappresentata e difesa dall'Avv. Raffaele Ambrosca del foro di Santa Maria Capua Vetere in forza di procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

GI. Ca.;

- intimata -

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1569/2004, pronunciata il 5.5.2004 e pubblicata il 13.5.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19.3.2008 dal Consigliere Dott. Paolo Giuliani.

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale n. 1864/05 e di quello incidentale n. 1637/05, nonche' per l'inammissibilita' del ricorso incidentale n. 6227/05.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 15.1.1999, Gi. Ca. conveniva davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Pe.Gi., premettendo:

a) che essa istante, il 20.7.1957, aveva contratto matrimonio concordatario con De.An.;

b) che, mediante sentenza del Tribunale di Roma in data 6.7/22.9.1978, era stata pronunciata la cessazione degli effetti civili di tale matrimonio ed era stato altresi' riconosciuto in suo favore un assegno divorzile di lire 150.000 mensili;

c) che l'ex coniuge, il 23.11.1978, aveva contratto nuovo matrimonio con la Pe.;

d) che il De., gia' dipendente dell'Agenzia per la (OMESSO), era cessato dal servizio il 9.5.1988 a seguito di dimissioni volontarie, restando percettore di pensione dell'INPS;

e) che il medesimo era, infine, deceduto in data 18.2.1995.

Tanto premesso, l'attrice chiedeva che venisse riconosciuto il suo diritto ad una quota della pensione di reversibilita' corrisposta alla Pe. dalla data del decesso del De., con condanna della convenuta alla rifusione della percentuale delle somme percepite, oltre agli accessori.

La stessa convenuta, costituendosi in giudizio, deduceva che la ripartizione della pensione di reversibilita' dovesse essere effettuata esclusivamente sulla base del criterio della durata legale dei rispettivi matrimoni, instando per il rigetto di ogni altra pretesa avversaria, ' quindi, in corso di causa, chiedeva che, nel procedere alla ripartizione in argomento, non si tenesse conto del mero criterio anzidetto, ma si valutasse anche il fatto che essa era priva di altri redditi, a differenza della Gi..

Il Tribunale adito, con sentenza in data 2/18.7.2002, rigettava la domanda, rilevando che l'attrice non aveva dato prova della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per il riconoscimento in suo favore di una quota della pensione di reversibilita' goduta dal coniuge superstite.

Avverso la decisione, proponeva appello la Gi., la quale deduceva che il fascicolo di parte, da lei depositato in primo grado unitamente alla comparsa conclusionale e non rinvenuto dal Collegio all'atto della decisione stessa, era stato smarrito dall'Ufficio, facendo altresi' presente che, comunque, anche in mancanza di tale fascicolo, il primo Giudice avrebbe dovuto accogliere la domanda attorea, essendo incontestato tra le parti che essa appellante, gia' titolare di assegno di divorzio in forza della richiamata sentenza del Tribunale di Roma in data 6.7/22.9.1978, aveva diritto ad una quota della pensione di reversibilita' percepita dal coniuge superstite.

Resisteva nel grado la Pe., ribadendo di essere priva di altri redditi (a differenza della Gi.) e concludendo, quindi, per il rigetto del gravame.

La Corte territoriale di Napoli, con sentenza del 5/13.5.2004, accoglieva per quanto di ragione l'appello ed, in parziale riforma della decisione impugnata, attribuiva alla Gi., a far data dal marzo 1995, una quota pari al 56,57% della pensione di reversibilita' e degli altri assegni che spettavano alla Pe. quale coniuge superstite del De.. Assumeva detto Giudice:

a) che, alla stregua dell'anzidetta pronuncia del Tribunale capitolino, nuovamente depositata in copia conforme dall'appellante, non potesse dubitarsi del diritto di quest'ultima alla percezione di una quota della pensione di reversibilita' goduta dalla stessa Pe.;

b) che la ripartizione di detta pensione tra le aventi diritto dovesse essere effettuata in base al solo criterio della durata dei rispettivi matrimoni, in mancanza di altri elementi di valutazione idonei a fungere da "correttivi" e, segnatamente, di una comprovata situazione di squilibrio tra le rispettive condizioni economiche delle parti;

c) che, essendo il matrimonio della Gi. con il De. durato circa 21 anni e 2 mesi (dal 20.7.1957 al 14.9.1978), mentre quello della Pe. era durato circa 16 anni e 3 mesi (dal 23.11.1978 al 18.2.1995), all'appellante spettasse, in base al rapporto tra la durata legale del suo matrimonio e la misura costituita dalla somma dei due periodi matrimoniali, una quota della pensione di reversibilita' del coniuge defunto pari al 56,57%;

d) che il diritto dell'appellante alla percezione della quota della pensione di reversibilita' decorresse dal mese successivo a quello in cui era avvenuto il decesso dell'ex coniuge, laddove, tuttavia, non poteva accedersi alla richiesta della Gi. di condanna della Pe. alla restituzione delle quote di pensione, di spettanza dell'appellante, gia' percepite dalla stessa Pe., dovendo presumersi, in considerazione della natura solidaristica della pensione in argomento e della ridotta misura delle prestazioni mensili conseguite, che i relativi importi fossero stati consumati dall'appellata per far fronte alle sue esigenze di vita.

Avverso tale sentenza, ha proposto un primo ricorso per cassazione (notificato l'8.1.2005 e, quindi, iscritto al numero 1864/05 del R.G.) la Pe., deducendo due motivi di gravame ai quali ha resistito con controricorso la Gi., la quale, nel frattempo, ha proposto un secondo ricorso per cassazione (notificato il 10.1.2005 e, quindi, iscritto al numero 1637/05 del R.G., siccome depositato in data anteriore rispetto all'altro), affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso la Pe. che, a propria volta, ha spiegato contestualmente ricorso incidentale (notificato il 18.2.2005 e, quindi, iscritto al numero 6227/05 del R.G.) deducendo del pari due motivi.

La Gi. ha altresi' presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve, innanzi tutto, essere ordinata, ai sensi del combinato disposto degli articoli 333 e 335 c.p.c., la riunione di tutti e tre i ricorsi meglio sopra specificati, relativi ad altrettante impugnazioni separatamente proposte contro la medesima sentenza.

Giova, quindi, affrontare l'esame del ricorso principale, iscritto al n. 1864/05.

Con il primo motivo di impugnazione, lamenta la Pe. violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., assumendo: a) che erroneamente il giudice di merito ha ritenuto non allegata agli atti la certificazione INPS depositata all'udienza del 22.2.2001, la' dove, in effetti, la prova del deposito e' data dallo stesso avvocato di controparte il quale, nel verbale di udienza, "chiede termine per esaminare la documentazione prodotta", nonche' dal Giudice, che rinvia la causa "per l'esame della documentazione esibita";

b) che il documento non e' stato ridepositato in sede di appello perche', dall'analisi della sentenza impugnata, non risultava alcuna menzione circa la mancanza dello stesso dagli atti;

c) che, anzi, il Giudice di prime cure, nella stesura della sentenza anzidetta, dimostra di averlo esaminato e preso in considerazione, avendo fondato il rigetto della domanda attorea anche sulla "lettura dei documenti depositati da parte convenuta", i quali consistono proprio nella certificazione INPS depositata all'udienza del 22.2.2001;

d) che controparte, pur avendo richiesto all'udienza del 22.2.2001 rinvio per esame del documento, non lo ha, poi, mai contestato, avendone, quindi, implicitamente riconosciuto ed accettato il contenuto.

Il motivo non e' fondato.

Giova, al riguardo, premettere che la Corte territoriale, dopo avere espressamente riconosciuto il diritto della Gi. alla percezione di una quota della pensione di reversibilita' del coniuge superstite, ai sensi della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 9, come modificato dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74, articolo 13, nonche' la necessita' che la relativa ripartizione venga effettuata non soltanto in base al criterio temporale della durata dei rispettivi matrimoni, ma altresi' in base alle rispettive condizioni economiche delle parti, abbia dato conto, in proposito, dell'assunto della Pe. circa il fatto "di non godere di altro reddito oltre la pensione di reversibilita' del defunto coniuge, a differenza dell'attrice, che gode anche di autonoma pensione di dipendente statale", significando, tuttavia, che, all'udienza del 22.2.2001, la stessa Pe. ha dichiarato di depositare, a riprova della dedotta mancanza di altri redditi, certificato dell'INPS, laddove, pero', "di tale documento non vi e' traccia nel fascicolo diparte, ne' vi e' menzione nel relativo indice".

A fronte di un simile apprezzamento, le censure dell'odierna ricorrente principale (di cui al motivo in esame) non si palesano minimamente decisive, nel senso esattamente:

a) che la richiesta di termine per esame, avanzata da controparte appunto all'udienza del 22.2,2001 ed accolta dal Giudice, come pure il fatto che dalla sentenza del Tribunale non risultasse la mancanza agli atti del documento in questione, non appaiono per nulla rilevanti, atteso che, trattandosi di circostanze relative entrambe al giudizio di primo grado, le medesime circostanze non sono di per se' idonee a contraddire l'assunto della Corte territoriale la' dove quest'ultima, come si e' detto, ha rilevato, pero', che, in ogni caso, al momento della decisione di appello, "di tale documento non vi (era) traccia nel fascicolo diparte, ne' vi (era) menzione nel relativo indice";

b) che analogamente e' a dire per quanto attiene all'affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, circa l'intervenuta "lettura dei documenti depositati da parte convenuta", anche perche', a quest'ultimo riguardo, l'estrema genericita' della formula adoperata dal Tribunale ("documenti depositati da parte convenuta") non e' sufficiente a dare certezza che, tra tali documenti, fosse compreso anche il "certificato dell'INPS" in questione;

c) che, del resto, in mancanza di uno specifico richiamo al contenuto analitico di detto documento, neppure rileva la mancata contestazione dello stesso ad opera di controparte, ai fini del riconoscimento e dell'accettazione di un simile contenuto.

Con il secondo motivo di impugnazione, lamenta ancora la Pe. (ricorrente principale) errata interpretazione e, quindi, falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nonche' insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., deducendo:

a) che il Giudice di merito non ha tenuto in conto la dichiarazione dei redditi del 2003 della medesima Pe., ritenendola tardivamente prodotta in quanto depositata insieme alle memorie di replica;

b) che la dichiarazione dei redditi in parola e' da ritenere integrativa della documentazione INPS piu' volte menzionata;

c) che essa e' stata depositata in conseguenza dell'eccezione, sollevata da controparte in sede di comparsa conclusionale di appello, secondo cui non risultava provato che la Pe. fosse monoreddito;

d) che, quindi, se e' tardivo il deposito del documento, e' da ritenere tardiva anche l'eccezione ex adverso sollevata, della quale il Giudice non doveva tenere conto;

e) che la circostanza secondo cui la Pe. non gode di altri redditi risulta provata per tabulas, anche perche', in caso contrario, essa non avrebbe fruito della pensione del De. nella sua interezza;

f) che neppure puo' trovare ingresso l'interpretazione del Giudice di merito secondo cui le affermazioni della Pe. circa la mancanza di altri redditi sono state contestate dalla Gi. sia in primo grado sia in appello;

g) che, in effetti, controparte, in entrambi i casi, si e' limitata ad impugnare l'avverso dedotto in maniera generica secondo formule di rito;

h) che, del resto, la medesima controparte, all'udienza del 28.6.2001, si e' limitata a chiedere il rinvio per la precisazione delle conclusioni, in tale sede non riproponendo neppure la questione, laddove l'impugnazione sollevata all'udienza del 4.2.2004 e' da ritenere inutile, in quanto la mancanza di altro reddito della Pe. risultava ormai sufficientemente provata, vuoi attraverso la documentazione INPS (da ritenere ritualmente acquisita agli atti) vuoi, comunque, per tabulas.

Il motivo non e' fondato.

La Corte territoriale, al riguardo, ha in effetti osservato:

a) che "non puo' tenersi conto ... della dichiarazione dei redditi del 2003, tardivamente prodotta dall'appellata ... all'atto del deposito della memoria di replica";

b) che "le affermazioni della Pe. circa la mancanza di altri redditi sono state contestate dalla Gi. sia in primo grado (v. verbale di udienza del 22.2.2001, in cui il procuratore dell'attrice ha impugnato "l'avverso dedotto") sia in appello (v. verbale di udienza del 4.2.2004, in cui il procuratore dell'appellante ha dichiarato di impugnare "ancora una volta quanto dedotto ed affermato dall'appellante nella comparsa di risposta e nei verbali di causa").

A fronte di simili apprezzamenti, le censure dell'odierna ricorrente principale (Pe.) ancora una volta non si palesano decisive, nel senso esattamente:

a) che, per quanto attiene all'eccezione, sollevata dalla controparte in sede di comparsa conclusionale in grado di appello, secondo cui non risultava provato che la Pe. fosse monoreddito, e' sufficiente osservare come l'assunto di quest'ultima "di non godere di altro reddito oltre la pensione di reversibilita' del defunto coniuge" attiene, evidentemente, ad uno degli elementi costitutivi del diritto azionato in giudizio dalla stessa Pe. (segnatamente relativo al profilo che riguarda il quantum debeatur), onde, come incombe al soggetto che esercita tale diritto l'onere di dimostrare i fatti che ne determinano la titolarita', cosi' rientra tra i poteri del giudice quello di rilevare, indipendentemente dall'iniziativa della parte interessata e, quindi, anche in via officiosa, la mancanza di prova circa gli elementi appunto che caratterizzano l'efficacia costitutiva della pretesa in questione, senza che, pero', dalla conseguente tempestivita' della relativa eccezione (di mancanza di prova esattamente) sollevata dalla parte avversa in comparsa conclusionale (anche d'appello), possa ricavarsi la conclusione della eguale tempestivita' di una produzione documentale (come quella di specie, avente ad oggetto la dichiarazione dei redditi del 2003) la quale, essendo intervenuta (secondo l'incensurato - di per se' - apprezzamento della Corte territoriale) "all'atto del deposito della memoria di replica", non puo', comunque, neppure ricondursi nel novero delle eccezioni ("salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile") che l'articolo 345 c.p.c., u.c., (nel testo novellato dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353, articolo 52, applicabile ratione temporis) introduce al piu' generale divieto, a pena di inammissibilita', della produzione di nuovi documenti nel giudizio di appello;

b) che la fruizione, da parte della Pe., della pensione di reversibilita' del defunto De. "nella sua interezza" non si palesa minimamente decisiva, in se', ai fini del riconoscimento che la stessa "non gode di altri redditi";

c) che le affermazioni della Pe. circa la mancanza di altri redditi, sulla base dell'apprezzamento (di per se' non censurato) della Corte territoriale, non possono certamente dirsi "non contestate", avuto riguardo al fatto che una contestazione, sia pure generica, vi e', comunque, stata ("le affermazioni della Pe. circa la mancanza di altri redditi sono state contestate dalla Gi. sia in primo grado (v. verbale di udienza del 22.2.2001, in cui il procuratore dell'attrice ha impugnato "l'avverso dedotto") sia in appello (v. verbale di udienza del 4.2.2004, in cui il procuratore dell'appellante ha dichiarato di impugnare "ancora una volta quanto dedotto ed affermato dall'appellante nella comparsa di risposta e nei verbali di causa")) e che, per un verso, la condotta processuale serbata dalla Gi. all'udienza del 28.6.2001 non appare decisiva in senso contrario, laddove l'impugnazione "sollevata all'udienza del 4.2.2004" sta semmai a significare, per altro verso, che la mancanza di redditi diversi dalla pensione di reversibilita', da parte della Pe., non poteva per nulla ritenersi "sufficientemente provata", tanto piu' quando, come nella specie, si assuma tale prova raggiunta attraverso elementi (documentazione INPS e fruizione della pensione di reversibilita' nella sua interezza) che, giusta quanto precede, sono da considerare, rispettivamente, non acquisiti ovvero del tutto ininfluenti.

Il ricorso principale della Pe., pertanto, deve essere rigettato.

Giova, quindi, esaminare congiuntamente i tre motivi posti a fondamento del ricorso incidentale iscritto al n. 1637/05, i quali involgono la trattazione di questioni strettamente connesse.

Con il primo, dunque, di tali motivi, lamenta la Gi. violazione e falsa applicazione della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 9, come modificato dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74, articolo 13 in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3, deducendo:

a) che la Corte territoriale, pur affermando il diritto di essa ricorrente alla percezione della quota della pensione dal mese successivo a quello in cui e' avvenuto il decesso dell'ex coniuge, ha erroneamente rigettato la richiesta di restituzione delle quote di spettanza di lei, percepite dalla Pe., dovendosi presumere, in considerazione della natura solidaristica della pensione di reversibilita' e della ridotta misura delle prestazioni mensili conseguite, che tali importi siano stati consumati dall'appellata per far fronte alle sue esigenze di vita;

b) che il diritto del coniuge divorziato ad una quota del trattamento di reversibilita' non solo costituisce un autonomo diritto, con la sola peculiarita' per cui tale diritto e' limitato quantitativamente dall'omologo diritto spettante al coniuge superstite, ma costituisce anche un diritto vantato nei confronti di quest'ultimo, avendo, in quanto tale, natura e funzione di prosecuzione del precedente assegno di divorzio, onde il coniuge divorziato e quello superstite sono titolari di un proprio diritto all'unico trattamento di reversibilita', diritto autonomo e concorrente in pari grado che si qualifica appunto come diritto ad una quota della pensione di reversibilita'.

Con il secondo motivo di impugnazione, lamenta, ancora, la ricorrente incidentale violazione e falsa applicazione dell'articolo 1175 c.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3, deducendo:

a) che la Pe. non poteva non sapere dell'esistenza del coniuge divorziato e dell'obbligo del marito di corrispondere a quest'ultimo l'assegno divorzile, onde non poteva ignorare che essa non era l'unico naturale destinatario della pensione di reversibilita' di spettanza del coniuge sopravvissuto, stante il concorrente diritto del coniuge divorziato;

b) che la Pe. ha violato i doveri di correttezza e di buona fede, la cui inosservanza non puo' essere fonte di diritti, ma e' sicuramente fonte di responsabilita', concretando senza ombra di dubbio la violazione di un diritto altrui, gia' direttamente riconosciuto da una norma giuridica.

Con il terzo motivo di impugnazione, lamenta, infine, la ricorrente incidentale vizio di motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 5, deducendo che, di fronte ad un consapevole comportamento illegittimo, appare erronea la motivazione della Corte territoriale la' dove ha ritenuto non restituibili le quote di spettanza dell'odierna ricorrente in considerazione della natura solidaristica della pensione di reversibilita', presumendo, peraltro, che i relativi importi siano stati consumati legittimamente dalla Pe. per far fronte alle sue esigenze di vita, mentre una simile presunzione appare assolutamente non coerente, non potendosi dire che essa sia ragionevole conseguenza di un fatto noto.

I tre motivi sono infondati.

Giova premettere che il Giudice di merito, effettivamente, dopo avere espressamente riconosciuto che il diritto dell'appellante alla percezione della quota della pensione di reversibilita' decorre dal mese successivo a quello in cui e' avvenuto il decesso dell'ex coniuge, ha, tuttavia, ritenuto di non potere accedere "alla richiesta della Gi. di condanna della Pe. alla restituzione delle quote di pensione di spettanza dell'appellante dalla stessa gia' percepite, dovendosi presumere, in considerazione della natura solidaristica della pensione di reversibilita' e della ridotta misura delle prestazioni mensili conseguite, che tali importi siano stati consumati dall'appellata per far fronte alle sue esigenze di vita".

Tanto premesso, si osserva come, al riguardo, questa Corte abbia enunciato i seguenti principi:

a) che, in presenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilita', il diritto del coniuge divorziato ad una quota del trattamento di reversibilita' (Legge n. 898 del 1970 ex articolo 9, comma 3, nel testo novellato dalla Legge n. 74 del 1987, articolo 13) dell'ex coniuge deceduto non costituisce soltanto un diritto vantato nei confronti del coniuge superstite avente - in quanto tale - natura e funzione di prosecuzione del precedente assegno di divorzio, ma costituisce un autonomo diritto (di natura previdenziale, al pari di quel diritto che si configura, invece, ai sensi del citato articolo 9, comma 2, allorche' manchi un coniuge superstite il quale abbia i requisiti per la pensione di reversibilita') al trattamento di reversibilita', che l'ordinamento attribuisce al medesimo coniuge superstite, con la sola peculiarita' per cui tale diritto e' limitato, quantitativamente, dall'omologo diritto spettante all'anzidetto coniuge superstite, onde sia il coniuge divorziato sia il coniuge superstite sono titolari di un proprio diritto all'unico trattamento di reversibilita' (diritto autonomo e concorrente, in pari grado, qualificantesi per l'appunto come diritto ad una quota della pensione di reversibilita') ed il coniuge superstite non e' piu' l'unico naturale destinatario della pensione di reversibilita' spettante al coniuge sopravvissuto, laddove, anche nell'ipotesi in cui vi sia il concorso di piu' coniugi divorziati e del coniuge superstite, quel che viene diviso e' l'unico trattamento di reversibilita' spettante, in astratto, al coniuge superstite, non un diritto di quest'ultimo (Cass. Sezioni Unite 12 gennaio 1998, n. 159);

b) che, nel caso di concorso del coniuge superstite con quello divorziato, il diritto alla quota di reversibilita' deve farsi decorrere dal primo giorno del mese successivo al decesso del coniuge assicurato o pensionato, considerato che, in base alla Legge n. 898 del 1970, articolo 9, come sostituito dalla Legge n. 74 del 1987, articolo 13 detta quota ha natura di credito pensionistico, onde la relativa decorrenza, cui deve uniformarsi il disposto della sentenza la quale ripartisca tale trattamento, non puo' non corrispondere alle norme in materia la' dove queste ultime facciano riferimento appunto al primo giorno del mese successivo a quello del decesso anzidetto (Cass. 14 dicembre 2001, n. 15837; Cass. 30 marzo 2004, n. 6272);

c) che ad una simile conclusione non si oppone, in presenza del richiamato quadro normativo, la natura costitutiva della decisione, sussistendo gia' al momento del decesso le condizioni che giustificano l'attribuzione della quota di reversibilita' (Cass. n. 6272/2004, cit);

d) che la riferita decorrenza del trattamento di reversibilita', nel caso sopraindicato di concorso del coniuge superstite e del coniuge divorziato, nasce, per entrambi, nei confronti dell'Ente erogatore (Cass. n. 15837/2001, cit.), onde a carico soltanto di quest'ultimo, e non anche del coniuge superstite che, nel frattempo, abbia percepito per intero e non pro quota il trattamento di reversibilita' corrisposto dall'Ente medesimo, debbono essere posti gli arretrati spettanti al coniuge divorziato sul trattamento anzidetto in proporzione alla quota riconosciuta dal giudice, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso dell'ex coniuge, salva restando, ovviamente, la facolta' per l'ente previdenziale di recuperare dal coniuge superstite le somme versategli in eccesso (Cass. 31 gennaio 2007, n. 2092).

Di tali principi ha fatto applicazione la Corte territoriale, onde le censure di cui ai motivi in esame non meritano accoglimento e debbono, quindi, essere disattese, la' dove detto Giudice, indipendentemente dalla motivazione adottata ("dovendosi presumere, in considerazione della natura solidaristica della pensione di reversibilita' e della ridotta misura delle prestazioni mensili conseguite, che tali importi siano stati consumati dall'appellata per far fronte alle sue esigenze di vita"), la quale ben puo' essere corretta, nei termini sopra illustrati, a norma dell'articolo 384 c.p.c., u.c., ha, comunque, ritenuto di non potere accedere alla richiesta della Gi. di condanna della Pe. alla restituzione delle quote di pensione di spettanza dell'appellante dalla stessa gia' percepite".

Per quanto, infine, attiene al ricorso incidentale iscritto al n. 6227/05, si osserva che deve esserne dichiarata l'inammissibilita'.

Mediante tale ricorso, infatti, spiegato, in via "incidentale" appunto, unitamente al controricorso proposto per resistere al ricorso della Gi. notificato il 10.1.2005 ed iscritto al n. 1637/05, la Pe. ha, in realta', dedotto censure perfettamente "identiche" a quelle poste a fondamento del primitivo ricorso (principale) notificato l'8.1.2005 ed iscritto al n. 1864/05, dando semplicemente (ed espressamente) atto che "con atto ... notificato l'8.1.05 ... la comparente ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 1596/04 emessa dalla Corte di Appello di Napoli (e che) la sentenza de qua e' stata impugnata anche dalla Gi. con atto notificato il 10.1.05".

In ordine, quindi, al ricorso in esame (iscritto al n. 6227/05), deve trovare applicazione il principio secondo cui, a norma dell'articolo 366 c.p.c., il ricorso per cassazione va proposto, a pena di inammissibilita', con unico atto avente i requisiti di forma e di contenuto indicati in tale disposizione, onde la consumazione del diritto di impugnazione conseguente alla proposizione di ricorso principale per cassazione esclude che la stessa parte, ricevuta la notificazione di altro ricorso (incidentale) della controparte, possa proporre, in sede di controricorso a detto ricorso incidentale, un successivo ricorso incidentale, che, se avanzato, deve essere dichiarato inammissibile, avendo essa gia' proposto appunto il ricorso principale e, quindi, consumato il diritto di impugnazione, la' dove la proposizione di un nuovo ricorso resta consentita solo quando quello gia' spiegato sia viziato (ma non ancora dichiarato inammissibile) ed il secondo miri a sostituirlo (Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704; Cass. 26 settembre 2005, n. 18756; Cass. 29 novembre 2005, n. 25925).

La reciproca soccombenza e la stessa delicatezza dei rapporti che coinvolgono le parti in causa giustificano (secondo quanto, del resto, gia' disposto in ambo i gradi di merito) la compensazione tra le medesime parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi n. 1864/05, n. 1637/05 e n. 6227/05, rigetta il ricorso principale n. 1864/05 e quello incidentale n. 1637/05, dichiara l'inammissibilita' del ricorso incidentale n. 6227/05 e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

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