In caso di demansionamento illegittimo il lavoratore ha diritto ad un risarcimento del danno pari a tutti i guadagni persi per l'illegittimo mutamento delle mansioni

Il demansionamento illegittimo impone al datore di lavoro un obbligo risarcitorio che deve riguardare tutti gli aspetti del pregiudizio subito dal lavoratore, da accertare secondo le circostanze del caso concreto; per quanto riguarda il danno patrimoniale, si e' precisato che esso deve essere riferito ad ogni perdita di guadagno, conseguente all'illegittima modifica delle mansioni, che puo' essere riscontrata utilizzando ogni elemento utile, ivi comprese le "voci" della busta-paga (cfr. Cass. n. 4652 del 2009; n. 7967 del 2002; n. 14199 del 2001).

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 24 marzo 2010, n. 7046



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano - rel. Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SC. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell'avvocato VACIRCA SERGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PAOLILLO VINCENZO, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

GR. HO. S.P.A., (gia' GR. TR. NA. S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell'avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato PAROLETTI CAMILLO, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 530/2005 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 08/08/2005 R.G.N. 640/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/02/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l'Avvocato VACIRCA SERGIO;

udito l'Avvocato MARIA TERESA BARBANTINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza non definitiva emessa l'8 luglio 2003 il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del lavoro, dichiarava che la Gr. Tr. s.p.a. di. Na. - a decorrere dal febbraio 1998 - aveva posto in essere, illegittimamente, un graduale demansionamento del dipendente Sc.Gi. , inquadrato nel sesto livello del c.c.n.l. con compiti di responsabile dell'ufficio cassa e contabilita' merci, assegnandolo infine alla divisione amministrativa e privandolo di ogni funzione direttiva; pertanto, condannava la predetta societa' a riattribuire al dipendente le precedenti mansioni e a risarcirgli i danni conseguenti, da determinarsi in prosieguo, consistiti, fra l'altro, nella corresponsione della percentuale del "decimo di senseria" (cioe', l'erogazione di quanto lo spedizioniere, per uso di piazza, lascia per i dipendenti delle agenzie marittime rinunciando a un decimo della senseria dovuta dall'armatore al quale ha procurato il carico) in misura inferiore a quella percepita in precedenza.

2. Tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Genova, che, con la sentenza ora impugnata, confermava l'accertamento del demansionamento, cosi' come ritenuto dal Tribunale, ma limitava il risarcimento dei danni escludendo quello relativo alla corresponsione dei "decimi di senseria". I giudici d'appello rilevavano, al riguardo, che la percezione di tali "decimi" in misura diversa (per la variazione della base di calcolo dal 70% spettante ai dipendenti dell'ufficio merci al 30% spettante all'ufficio di nuova assegnazione) non era direttamente collegata al demansionamento, poiche' anche il mantenimento della precedente professionalita' non avrebbe escluso un diverso collocamento del dipendente in ufficio diverso, con la conseguente applicazione di un differente sistema di calcolo dei "decimi" spettanti.

3. Contro questa decisione lo Sc. propone ricorso per Cassazione deducendo un unico motivo di impugnazione, cui la societa' (ora Gr. Ho. s.p.a.) resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l'unico motivo di impugnazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2103 c.c. e vizio di motivazione, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata - nell'escludere la voce di danno patrimoniale commisurata alla perdita dei "decimi di senseria" - abbia finito per convalidare l'illegittimo provvedimento datoriale e per ammettere una decurtazione del trattamento economico a seguito di dimensionamento; deduce che, comunque, anche dopo il mutamento delle mansioni egli aveva diritto a percepire la percentuale spettante ai dipendenti della sua qualifica e lamenta che tale circostanza sia stata trascurata dalla Corte d'appello.

2. Il ricorso e' fondato.

Come questa Corte ha ripetutamente affermato, il demansionamento illegittimo impone al datore di lavoro un obbligo risarcitorio che deve riguardare tutti gli aspetti del pregiudizio subito dal lavoratore, da accertare secondo le circostanze del caso concreto; per quanto riguarda il danno patrimoniale, si e' precisato che esso deve essere riferito ad ogni perdita di guadagno, conseguente all'illegittima modifica delle mansioni, che puo' essere riscontrata utilizzando ogni elemento utile, ivi comprese le "voci" della busta-paga (cfr. Cass. n. 4652 del 2009; n. 7967 del 2002; n. 14199 del 2001).

Nella specie, la decisione impugnata ha escluso dal danno patrimoniale la perdita della maggior misura dei "decimi di senseria" (percepita anteriormente al demansionamento) sul presupposto che l'emolumento non sia legato causalmente al demansionamento e che pure il mantenimento della stessa professionalita' non avrebbe escluso un diverso collocamento del dipendente, comportante una distribuzione di tale emolumento in misura inferiore a quella applicata nell'ufficio di precedente assegnazione. In tal modo, pero', pure riconoscendo la riferibilita' dell'erogazione economica - secondo percentuali stabilizzate - alle mansioni, precedentemente svolte, di responsabile dell'ufficio merci (a prescindere dalla natura della medesima, non compresa nella retribuzione imponibile ai fini contributivi, dopo l'entrata in vigore del Decreto Legge n. 536 del 1996, articolo 5, convertito nella Legge n. 647 del 1996), i giudici d'appello hanno collegato, impropriamente, la perdita patrimoniale all'esercizio dello jus variandi da parte del datore di lavoro, applicando un principio che la giurisprudenza ha enunciato con riferimento all'ipotesi di modifica legittima delle mansioni, nella quale e' ammissibile, e non risarcibile, la perdita di guadagni connessi allo svolgimento, in precedenza, di particolari funzioni (cfr. Cass. n. 16106 del 2003; n. 4055 del 2008; n. 2533 del 1984). Ma tale ipotesi non ricorre nella specie, essendo stata definitivamente accertata in giudizio la illegittimita' del mutamento delle mansioni dello Sc. , sicche' questi ha diritto ad essere risarcito in relazione a tutti i guadagni perduti in conseguenza del demansionamento, secondo la regola generale sopra richiamata.

2. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla stessa Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, per la determinazione (ai fini della separata liquidazione della relativa voce di danno) dei periodi in cui i predetti "decimi" non sono stati corrisposti nella percentuale e sul "montante" precedenti al demansionamento. Lo stesso giudice di rinvio pronuncera' altresi' sulle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

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