In caso di licenziamento dichiarato illegittimo, l'obbligazione contributiva resta commisurata all'effettivo importo delle retribuzioni maturate e dovute nel periodo dal licenziamento alla data della sentenza di reintegrazione

In caso di licenziamento dichiarato illegittimo, l'obbligazione contributiva resta commisurata all'effettivo importo delle retribuzioni maturate e dovute nel periodo dal licenziamento alla data della sentenza di reintegrazione, anche se non coincidente con l'importo del danno liquidato in applicazione dei criteri di risarcimento fissati dall'articolo 18 della legge 300/1970. (Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile, Sentenza del 5 luglio 2007, n. 15143)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto

Dott. CRISCUOLO Alessandro - Presidente di sezione

Dott. VELLA Antonio - Presidente di sezione

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - rel. Consigliere

Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere

Dott. BOTTA Raffaele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

IS. DI. VI. PR. IL. RU. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE 112, presso lo studio dell'Avv. MAGRINI SERGIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti MENICHETTI PIER RODOLFO, DAMOLI CLAUDIO, DELL'OMARINO ANDREA, CHIUSSI FLAVIO, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

TO. SI., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GONFALONIERI 5, presso lo studio dell'Avv. COGLITORE EMANUELE, che lo rappresenta e difende unitamente all'Avv. DOLCINI PIER GIUSEPPE, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 607/02 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 02/04/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/07 dal Consigliere Dott. MIANI CANEVARI FABRIZIO;

uditi gli Avv.ti MAGRINI SERGIO, COGLITORE EMANUELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

To. Si., premesso che con sentenza del 19 giugno il Pretore di Cesena aveva accertato l'illegittimita' del licenziamento intimatogli il 15 settembre 1984 dalla s.r.l. Is. di. Vi. Pr. Il. Ru., condannando la societa' datrice di lavoro al risarcimento del danno nella misura di cinque mensilita' di retribuzione, adiva il Tribunale di Forli' chiedendo la condanna della stessa societa' al versamento dei contributi previdenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l'ordine di reintegrazione, o, in caso di loro prescrizione, alla costituzione di rendita vitalizia Legge n. 1338 del 1962 ex articolo 13.

Il giudice adito rigettava le domande e su appelli di entrambe le parti la Corte di Appello di Bologna con la sentenza oggi denunciata confermava tale decisione. La Corte territoriale rilevava, quanto ai motivi di appello del lavoratore, la mancata impugnazione della statuizione relativa alla prescrizione dei contributi in questione e l'omessa presentazione della domanda amministrativa diretta alla costituzione della rendita; riteneva poi infondato il gravame con cui la societa' convenuta in primo grado aveva censurato la statuizione del primo giudice relativa alla sussistenza dell'obbligo del versamento dei contributi per il periodo successivo al licenziamento fino alla reintegra, a prescindere dal quantum stabilito per il risarcimento del danno.

La s.r.l. Is. di. Vi. Pr. Il. Ru. ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, al quale To. Si. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

La causa e' stata assegnata alle Sezioni Unite per l'esame della questione, su cui si e' registrato un contrasto di giurisprudenza, della sussistenza, in caso di licenziamento di cui sia stata accertata l'illegittimita' ai sensi della Legge n. 300 del 1970 articolo 18 (nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della Legge n. 108 del 1990), dell'obbligo del datore di lavoro di versare i contributi dell'assicurazione obbligatoria per l'intero periodo decorrente dalla data del licenziamento a quella della reintegrazione nel posto di lavoro, anche quando con la sentenza di annullamento del licenziamento il risarcimento del danno sia stato stabilito in misura corrispondente alla retribuzione spettante per un periodo minore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo di ricorso si denunciano i vizi di violazione e falsa applicazione della Legge n. 300 del 1970 articolo 18 (nel testo antecedente la novella di cui alla Legge 11 maggio 1990, n. 108 articolo 1), nonche' contraddittoria motivazione.

Si afferma che in base alla sentenza del Pretore di Cesena del 1986, la societa' ricorrente non era tenuta a versare all'INPS contributi ulteriori rispetto a quelli inerenti le 5 mensilita' di legge oggetto della statuizione passata in giudicato. La pronuncia della Corte Costituzionale n. 7 del 1986, erroneamente richiamata nella decisione impugnata, non prospetta l'estensione dell'obbligo contributivo all'intero periodo intercorrente dalla data del licenziamento annullato a quello della reintegrazione del lavoratore; la Corte territoriale ha confuso l'affermazione del giudice costituzionale circa la continuita' del rapporto previdenziale nel suddetto periodo con il diverso problema dell'imponibile previdenziale, rimandato alla esclusiva determinazione del giudice adito.

Come risulta anche dalla innovazione introdotta con la Legge 11 maggio 1990, n. 108 articolo 1 - con cui e' stato per la prima volta previsto l'obbligo contributivo del datore di lavoro per il periodo dal licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione - tale obbligo non era previsto dalla Legge n. 300 del 1970 articolo 18 nel testo originario.

2.1. Il motivo non merita accoglimento. Sulla questione sottoposta all'esame di questa Corte, che riguarda la disciplina della Legge 20 maggio 1970, n. 300 articolo 18 nel periodo antecedente alla modificazione introdotta dall'arti della Legge n. 108 del 1990 si sono registrati orientamenti contrastanti.

Cass. 4 luglio 1996 n. 6095 ha affermato il principio - cui si e' uniformata la sentenza impugnata - secondo cui nel periodo compreso fra la data dell'illegittimo licenziamento e quella della pronunzia giudiziale contenente l'ordine di reintegra del lavoratore, durante il quale il rapporto di lavoro e' quiescente ma non estinto, rimangono in vita il rapporto assicurativo - previdenziale, ed il corrispondente obbligo contributivo del datore di lavoro, indipendentemente e nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto o un'erogazione a titolo di risarcimento del danno ex articolo 18 Stat. lavoratori di retribuzioni per un ammontare inferiore a quello che il lavoratore avrebbe percepito se non fosse stato licenziato. In senso conforme risulta massimata Cass. 11 febbraio 2000 n. 1537.

Secondo Cass. 16 marzo 2002 n. 3905, invece, in caso di licenziamento illegittimo ai sensi della Legge n. 300 del 1970 articolo 18 il lavoratore ha diritto ad ottenere, secondo quanto previsto dalla stessa disposizione, la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali, condanna che, in quanto accessoria rispetto a quella al risarcimento del danno, e analogamente giustificata dalla continuita' del rapporto di lavoro, va determinata facendo riferimento al numero delle mensilita' di retribuzione oggetto della condanna risarcitoria.

La Corte ritiene che debba essere confermato il primo indirizzo qui richiamato, per le seguenti considerazioni.

2.2. Come e' noto, il testo originario della Legge n. 300 del 1970 articolo 18 distingueva, ai fini delle conseguenze della declaratoria di illegittimita' del licenziamento con condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, il periodo dalla data del licenziamento fino alla sentenza di reintegrazione, per il quale era previsto il diritto del lavoratore al "risarcimento del danno, dalla fase successiva, per la quale in caso di inottemperanza all'ordine di reintegrazione era tenuto a corrispondere le retribuzioni dovute «in virtu' del rapporto di lavoro".

La norma ha dunque delineato una contrapposizione fra un'obbligazione secondaria (il diritto al risarcimento) e l'obbligazione avente per oggetto la prestazione contrattualmente dovuta, in un sistema nel quale peraltro, secondo la concorde opinione giurisprudenziale, il licenziamento dichiarato illegittimo non interrompe il rapporto di lavoro, ma incide unicamente sulla funzionalita' di fatto della prestazione, lasciando in ogni caso inalterata la continuita' del vinculum iuris che la sentenza viene a ripristinare ex tunc (essendo del resto accomunate in un unico trattamento, che esclude soluzioni di continuita' del rapporto, le diverse ipotesi di illegittimita' del recesso).

In questo quadro normativo- anteriore all'intervento della Legge n. 108 del 1990 con cui e' stata espressamente prevista la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione - la questione della sussistenza dell'obbligo contributivo e' stata affrontata per la prima volta da questa Corte con la sentenza 28 maggio 1976 n. 1927, secondo cui il licenziamento illegittimo non interrompe il rapporto di lavoro e quindi non fa venir meno il diritto del prestatore alla retribuzione (sicche' la previsione del diritto al risarcimento del danno per il periodo di tempo compreso tra il licenziamento illegittimo e la sentenza che ordina la reintegrazione deve intendersi nel senso che il risarcimento che spetta al lavoratore puo' comprendere qualche cosa in piu' rispetto al lucro cessante integrale nell'ipotesi che il danno da lui subito ingiustamente risulti maggiore della semplice perdita della retribuzione). Su questa premessa, la S.C. ha affermato che "in ogni caso nella somma corrisposta a titolo di risarcimento non puo' non contenersi anche, ed in primo luogo, proprio la retribuzione e, stante l'indissolubile vincolo che lega il rapporto assicurativo con quello di lavoro, grava sul datore di lavoro anche l'onere contributivo commisurato all'intero ammontare del danno liquidato nel caso in cui la liquidazione del danno coincida con quella che sarebbe stata la normale retribuzione nel normale svolgimento del rapporto di lavoro".

Il tentativo, con questa decisione, di stabilire una coincidenza del risarcimento con le retribuzioni perdute cui va commisurato l'obbligo contributivo, ha incontrato puntuali critiche in dottrina, perche' non riesce a superare il dato letterale della norma che assegna natura risarcitoria alla prestazione per il primo periodo (e comporta cosi' l'applicazione della corrispondente disciplina giuridica, con l'esclusione di quelle incompatibili). Del resto, la soluzione prospettata della imponibilita' contributiva del risarcimento del danno e' riferita solo al caso in cui l'ammontare liquidato a tale titolo coincide con l'importo delle retribuzioni perdute, restando aperto il problema per il caso in cui detto risarcimento sia determinato in misura inferiore.

Con la sentenza n. 7 del 14 gennaio 1986 la Corte Costituzionale ha giudicato infondati i dubbi di legittimita' sollevati per tale disciplina, in relazione alla mancata previsione dell'obbligo del datore di lavoro di versare all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale i contributi assicurativi in misura corrispondente a quella che sarebbe stata la normale retribuzione nel periodo che va dal licenziamento illegittimo alla reintegrazione. Il giudice delle leggi ha ritenuto che la sussistenza dell'obbligo contributivo del datore di lavoro deriva dai principi affermati dalla giurisprudenza, secondo cui il licenziamento illegittimo non produce la cessazione del rapporto di lavoro e, quindi, del rapporto assicurativo - previdenziale ad esso collegato, considerato che anche per il periodo compreso tra il licenziamento ed il provvedimento di reintegrazione sono dovute le retribuzioni, sia pure comprese nel danno liquidato, e sussiste la possibilita' che sia coperto tutto il periodo di sospensione della prestazione del lavoro avendo la norma di previsione determinato solo il minimo del danno risarcibile e non il massimo.

Ha quindi affermato che "l'eventualita' di una determinazione del danno in misura diversa dall'intero ammontare delle retribuzioni non dipende dalla norma di previsione che ha lasciato al giudice la determinazione del massimo del danno, con la possibilita' che siano comprese tutte le retribuzioni ed anche i contributi omessi, ma solo dall'oggetto della domanda del lavoratore o dalla sentenza riparatrice".

Con questa decisione risulta accreditata la tesi dell'assoggettamento a contribuzione previdenziale delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno, che la Corte Costituzionale ritiene sufficiente per garantire il rispetto dei parametri costituzionali di tutela. La stessa tesi risulta seguita da pronunce della Corte di Cassazione, in alcune delle quali si definisce la natura "oltre che risarcitoria, anche retributiva" delle somme liquidate al lavoratore per il periodo intercorrente tra il licenziamento e il provvedimento di reintegra (Cass. sez. Un. 24 ottobre 1991 n. 11327; Cass. 23 giugno 1989 n. 3013, 27 giugno 1994 n. 6132).

Ad avviso del Collegio, questa tesi non puo' essere seguita, per le incongruenze gia' accennate connesse alla espressa qualificazione normativa dell'attribuzione patrimoniale in questione di termini di risarcimento del danno. Questa difficolta' non possono essere certo superate con il richiamo al disposto della Legge n. 153 del 1969 articolo 12 che nel testo originario (prima della modifica apportata dal Decreto Legislativo 2 settembre 1997, n. 314 articolo 6), riferisce la nozione della base imponibile ai fini contributivi "a tutto cio' che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura ... in dipendenza del rapporto di lavoro"; formula che, secondo l'opinione di autorevole dottrina, facendo riferimento al concetto di retribuzione, riguarda comunque erogazioni di natura retributiva, sicche' la sua portata non puo' essere estesa fino a comprendervi prestazioni che, per espressa disposizione di legge, non sono retribuzioni ma risarcimento del danno.

D'altro canto, se si ritiene retribuzione imponibile solo il danno liquidato (e a parte la difficolta' di imputare la retribuzione a precisi periodi di paga), nell'ipotesi di danno determinato in misura inferiore alle retribuzioni afferenti all'intero periodo si otterrebbe il risultato di un imponibile mensile inferiore a quello identificabile in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro, con conseguente rilevante limitazione della tutela del lavoratore sul piano del rapporto previdenziale.

Il problema interpretativo posto dalla norma in esame, alla luce dei principi acquisiti in tema di continuita' giuridica del rapporto di lavoro, non interrotto dal licenziamento illegittimo, e di conseguente persistenza dell'obbligo contributivo, va risolto rilevando che la posizione previdenziale del lavoratore costituisce oggetto di una tutela differenziata rispetto a quella operante sul piano del rapporto di lavoro nel periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e quello della sentenza con l'ordine di reintegrazione. Data la premessa della sussistenza del rapporto di lavoro in questo arco di tempo, si deve ritenere che anche il rapporto previdenziale continui nello stesso periodo, con conseguente operativita' dell'obbligo contributivo che grava sul datore di lavoro.

Sul piano del rapporto di lavoro, la previsione dell'articolo 18 Stat. Lav. comporta una deroga alla disciplina comune dell'invalidita' e dell'inefficacia, perche' stabilisce, per il primo periodo decorrente dal licenziamento, non l'obbligo del datore di lavoro di pagare le retribuzioni, ma solo quello del risarcimento del danno; ma, oltre a questa norma derogatoria, non vi e' alcuna altra disposizione in base alla quale possa escludersi l'operativita' di tutte le conseguenze derivanti dalla adozione della tecnica di invalidita' o inefficacia dell'atto, secondo la disciplina comune che trova certamente applicazione sul diverso piano del rapporto previdenziale.

Secondo le regole di questo rapporto, la retribuzione deve, considerarsi dovuta (con conseguente obbligo di contribuzione del datore di lavoro) in tutte le ipotesi in cui il rapporto di lavoro sia in atto de iure, con esclusione dei casi in cui la prestazione lavorativa non viene resa per fatto imputabile al dipendente o per sospensione concordata, mentre in presenza di determinati eventi che impediscono la prestazione lavorativa non vi e' obbligo di contribuzione ma il periodo e' ugualmente coperto da contribuzione figurativa a carico della collettivita', per esigenze generali di tutela.

Avuto riguardo a tali regole, nel rapporto tra datore di lavoro ed ente previdenziale non vi e' alcuna norma che esoneri il primo dal pagamento dei contributi quando il rapporto di lavoro sia giuridicamente in atto e la retribuzione sia dovuta (perche' la mancata prestazione lavorativa e' imputabile esclusivamente al datore stesso); il limite posto al diritto del lavoratore alle retribuzioni dalla ricordata disposizione derogatoria alla disciplina comune opera solo sul piano del rapporto tra datore di lavoro e dipendente, ma non impedisce che la retribuzione sia da considerare dovuta ai fini della normale funzionalita' del rapporto previdenziale.

Come e' stato rilevato da attenta dottrina, l'obbligo contributivo - commisurato alla retribuzione contrattuale dovuta - esiste perche' esiste la obbligazione retributiva, e non viene meno se a causa del suo inadempimento la prestazione originariamente pattuita si trasforma in altra di natura risarcitoria, perche' siffatta trasformazione opera solo sul piano del rapporto tra datore e lavoratore, in cui l'interesse di quest'ultimo resta soddisfatto, secondo un criterio di equivalenza, mediante l'erogazione della prestazione risarcitoria. Sul piano previdenziale, non rileva lo strumento solo indiretto attraverso il quale tale soddisfazione e' assicurata, e l'obbligo contributivo resta commisurato alla retribuzione contrattualmente dovuta, operando pienamente, a questo fine, la disciplina dell'invalidita' dell'atto di recesso.

Per questi rilievi non entrano in considerazione le fattispecie di contribuzione figurativa, in cui, come si e' accennato, non vi e' obbligo di contribuzione del datore di lavoro. Non occorre neppure tener conto dell'ipotesi (che non riguarda il caso in esame) di un nuovo rapporto di lavoro instaurato nel periodo successivo al licenziamento dal dipendente illegittimamente estromesso, ipotesi per la quale si prospetta da parte della ricorrente l'impossibilita' di coesistenza, con diversi rapporti di lavoro nello stesso periodo, di una pluralita' di rapporti assicurativi. La questione attiene alla tutela della posizione previdenziale assicurata al lavoratore nella specifica fattispecie, ma non incide sulla soluzione del problema della persistenza dell'obbligo contributivo a carico dell'originario datore di lavoro.

In conclusione, bisogna affermare che l'obbligatone contributiva resta commisurata all'effettivo importo delle retribuzioni maturate e dovute (nel senso precisato) nel periodo dal licenziamento alla data della sentenza di reintegrazione, anche se non coincidente con l'importo del danno liquidato in applicazione dei criteri di risarcimento fissati dalla norma in esame.

Il ricorso deve essere quindi respinto. Tenuto conto della particolarita' della questione esaminata, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

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