In caso di licenziamento senza giusta causa il lavoratore ha diritto all'indennità di preavviso proporzionale agli aumenti retribuitivi interveneuti nel corso del preavviso anche se non lavorati

Il contenuto dell'obbligazione prevista per la parte recedente dall'articolo 2118 codice civile di pagare, in mancanza di preavviso lavorato, una indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, attribuisce rilevanza agli aumenti retributivi intervenuti nel corso del preavviso, anche se non lavorato, ai fini della determinazione sia della indennità sostitutiva del preavviso, sia dell'indennità supplementare per i dirigenti. Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 15/05/2007, n. 11094, in materia di licenziamento senza giusta causa ed indennità di preavviso.



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Svolgimento del processo

L'ing. Ri.Fi. è stato licenziato il 12 dicembre 2000 dalla s.p.a. Co. di cui era dirigente.

Il Tribunale di Napoli, in accoglimento della sua domanda subordinata, ha dichiarato il licenziamento illegittimo ed ha condannato la società a pagargli la indennità di preavviso e la indennità supplementare prevista dal contratto collettivo dirigenti industriali.

La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 17 marzo/11 maggio 2004 n. 1414, ha rigettato l'appello principale della società e quello incidentale del lavoratore; a correzione dell'errore materiale del primo giudice, ha rideterminato la indennità supplementare in E. 110.821,71.

Per quello che interessa in questa sede, il giudice d'appello ha rigettato la pretesa del lavoratore che la indennità supplementare fosse liquidata tenuto conto degli aumenti retributivi stabiliti dal contratto collettivo stipulato in data successiva al licenziamento ma avente efficacia retroattiva anteriore, per due motivi: innanzi tutto qualsiasi emendatio nel rito del lavoro è consentita sempre previa autorizzazione del Giudice e per gravi motivi e, nel caso di specie, la contrattazione collettiva, entrata in vigore successivamente al deposito del ricorso, è stata depositata con le note di discussione senza richiedere l'autorizzazione preventiva al Giudice; b) in ogni caso, se è vero che l'art. 29 del CCNL prevede la decorrenza del nuovo contratto dal 1.1.2000, le disposizioni transitorie seguenti all'art. 3 prevedono "gli aumenti retributivi derivanti dal presente contratto trovano applicazione nei confronti dei dirigenti in servizio alla data del 23.5.2000".

Conseguentemente tali aumenti non possono trovare applicazione nel caso in esame ove il rapporto di lavoro si è comunque risolto nel febbraio 2000.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Fi., dolendosi, con unico motivo, della mancata inclusione degli aumenti contrattuali nella base retributiva posta a base della liquidazione della indennità supplementare.

La intimata non si è costituita.

Motivi della decisione

Con unico motivo di ricorso il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 420 c.p.c.; 2118 codice civile; 3, 19, 22, 23, 29 del C.C.N.L. per dirigenti di aziende industriale del 23 maggio 2000; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata sotto due profili: a) per la dichiarata inammissibilità della pretesa emendatio; b) per la mancata applicazione del principio della efficacia reale del preavviso, in forza del quale la decorrenza contrattuale degli aumenti retributivi, 23 maggio 2000, sarebbe caduta nell'arco del preavviso che avrebbe dovuto lavorare.

Il motivo, nelle sue due prospettazioni, è fondato.

L'autorizzazione da parte del giudice a depositare note scritte, in luogo della discussione e delle conclusioni orali previste dal codice di rito (art. 429, primo comma, c.p.c.), implica l'autorizzazione a richiedere per iscritto quello che la parte avrebbe dovuto richiedere oralmente; e non è dubbio che è tempestiva la richiesta di avvalersi di un contratto collettivo con efficacia retroattiva sottoscritto nel corso del grado di giudizio.

Quanto alla questione di merito, occorre registrare su di essa due orientamenti nella giurisprudenza di questa Corte.

Secondo quello prevalente, il preavviso ha efficacia reale, nel senso che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il preavviso nel termine stabilito dal contratto collettivo, dagli usi o secondo equità. Il diritto a lavorare durante il periodo di preavviso può venir meno solo con il consenso della controparte che, ad esempio, accetti la indennità sostitutiva del preavviso (Cass. 23 luglio 2004 n. 13883, in tema di dimissioni; 30 agosto 2004 n. 17334, 21 novembre 2001 n. 14646; 25 agosto 1990 n. 8717, 13 dicembre 1988 n. 6798).

Il secondo orientamento (Cass. 19 gennaio 2004 n. 741) nega che, in caso di recesso ad nutum, sia necessario il consenso del contraente non recedente per addivenire alla cessazione immediata del rapporto, ed afferma che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, altrettanto immediatamente il rapporto si risolve, con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva. Sostiene tale tesi con il richiamo al tenore testuale dell'art. 2118 cod. civ., il quale, da una parte, non fa cenno alla necessità del consenso della parte non recedente, e d'altra, con l'espressione "indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso" sottintende una protasi inespressa "se fosse proseguito il rapporto durante il periodo medesimo" (Sezioni Unite sent. 29 settembre 1994 n. 7914). Aggiunge Cass. 741/2004 cit. che sarebbe incongruo richiedere che, per evitare la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso, all'atto unilaterale del licenziamento debba necessariamente accedere un accordo bilaterale sulla risoluzione immediata.

Il Collegio rileva che nella presente fattispecie, attinente ad aspetti puramente retributivi, il contrasto appare irrilevante. L'orientamento che afferma l'efficacia obbligatoria del preavviso appare avere maggior fondamento testuale (ove si consideri altresì che la stessa indennità è dovuta in caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro: art. 2118, comma tre, codice civile); ma anche esso, individuando, con l'articolo 2118, secondo comma, il contenuto dell'obbligazione nel pagamento della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, collega il contenuto dell'obbligazione al tempo del preavviso, e deve assegnare così rilevanza alle modifiche retributive intervenute nel periodo di preavviso, così pervenendo ai medesimi risultati dell'orientamento che parla di efficacia reale.

La differenza tra il recesso in tronco consentito dall'articolo 2119 per giusta causa e il recesso con preavviso consentito dall'articolo 2118 non si esaurisce nell'obbligo di pagare, in questo secondo caso, una indennità sostitutiva del preavviso, ma comporta l'obbligo dì preservare tutti i diritti retributivi che sarebbero maturati nel corso del periodo di preavviso, ed in questo limitato senso si deve intendere l'espressione efficacia reale.

Da quanto sopra discende la rilevanza degli aumenti retributivi intervenuti nel corso del preavviso anche ai fini della indennità supplementare.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, la quale deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto: "il contenuto dell'obbligazione prevista per la parte recedente dall'articolo 2118 codice civile di pagare, in mancanza di preavviso lavorato, una indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, attribuisce rilevanza agli aumenti retributivi intervenuti nel corso del preavviso, anche se non lavorato, ai fini della determinazione sia della indennità sostitutiva del preavviso, sia dell'indennità supplementare per i dirigenti"; essa provvedere altresì alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione.

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