In caso di parto prematuro alle lavoratrici autonome spetta l'indennità per la durata complessiva di cinque mesi

In tema di trattamento di maternità delle lavoratrici autonome, per il periodo anteriore all'entrata in vigore del Dlgs 151/2001 nell'ipotesi di parto prematuro l'indennità spetta in ogni caso per la durata complessiva di cinque mesi. (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 7 febbraio 2008, n. 2886)



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S., ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, DI MEGLIO ALESSANDRO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

MA. SA., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CITTA' DELLA PIEVE 19, presso lo studio dell'avvocato MARTINO CLAUDIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 346/05 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 11/03/05 R.G.N. 215/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/07 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l'Avvocato BOTTIGLIERI per delega MARTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 7.2.2003 Ma.Sa., operaia artigiana, proponeva appello avverso la sentenza n. 374/2002 con la quale il Giudice del Lavoro del Tribunale di Prato aveva rigettato la domanda presentata nei confronti dell'INPS e diretta al riconoscimento del diritto alla fruizione di un periodo di astensione di cinque mesi, ai sensi della Legge n. 1204 del 1971 articolo 4 decorrente dalla domanda e da calcolarsi tenuto conto della nascita prematura del figlio, aggiungendo al periodo post partum i giorni concorrenti al raggiungimento dei due mesi ante partum e non usufruiti per la prematurita' dello stesso.

In particolare il primo Giudice aveva osservato che la norma applicabile alla fattispecie - la Legge n. 546 del 1987 articolo 4 prevedeva che l'indennita' di maternita' fosse corrisposta per i due mesi antecedenti la data presunta del parto e per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, con formulazione che non consentiva il riconoscimento residuale della prestazione richiesta dalla ricorrente.

Proponeva appello la Ma. e l'Istituto appellato resisteva al gravame.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata l'11.3.2005, in accoglimento dell'appello dichiarava il diritto della Ma. a vedersi riconosciuto un periodo di astensione per maternita' di cinque mesi complessivi, aggiungendo al periodo post partum i giorni ante partum non usufruiti - fino al raggiungimento di due mesi - in ragione della prematurita' dello stesso e condannava l'INPS al pagamento della conseguente integrazione dell'indennita' di maternita', maggiorata di interessi legali fino al saldo, con accredito della relativa contribuzione.

In sintesi la Corte territoriale, esaminata la evoluzione normativa in materia, culminata nel Testo Unico di cui al Decreto Legislativo n. 151 del 2001 inapplicabile nella fattispecie ratione temporis, accoglieva la opzione ermeneutica della disciplina previgente in conformita' con l'evoluzione detta, anche alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale, evidenziando che il fondamento della protezione era ormai "ricondotto alla maternita' in quanto tale e non piu', come in passato, solo in quanto collegata allo svolgimento di un'attivita' di lavoro subordinato".

In particolare, sulla scorta di quanto affermato da C. Cost. n. 495 del 2002 la Corte d'Appello riteneva che "la Legge n. 546 del 1987 articolo 4 deve essere interpretato nel senso, conforme alla Costituzione, che l'indennita' spetta in ogni caso per la durata complessiva di cinque mesi".

Per la cassazione della detta sentenza ha proposto ricorso l'INPS con un unico motivo.

La Ma. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo l'istituto ricorrente, denunciando violazioni di legge e vizio di motivazione, premesso che la disciplina applicabile alla fattispecie ratione temporis (parto di lavoratrice autonoma verificatosi in data 23.8.99) e' quella di cui alla Legge n. 546 del 1987 articolo 4 non potendo trovare applicazione la Legge n. 1204 del 1971 articolo 4 (norma riferita alle sole lavoratrici dipendenti), e considerata, altresi', la legittimita' costituzionale (arg. ex C. Cost. n. 181/1993) della differente regolamentazione fra le due categorie di lavoratrici, nel periodo anteriore alla unificazione delle tutele operata dal Decreto Legislativo n. 151 del 2001 (che ha abrogato soltanto ex nunc la Legge n. 546 del 1987), lamenta che, in sostanza, la Corte di Appello ha di fatto applicato retroattivamente il cit. Decreto Legislativo, articolo 86 comma 2, pur riconoscendo la inapplicabilita', nella fattispecie, della detta norma ratione temporis.

Ribadisce, quindi, il ricorrente la infondatezza della domanda, stante la chiara lettera della norma all'epoca applicabile ("per i due mesi antecedenti la data presunta del parto e per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto").

Il motivo e' infondato.

La impugnata sentenza, legittimamente ha applicato, ratione temporis la Legge n. 546 del 1987 articolo 4 interpretando la detta norma, correttamente, alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 495 del 2002, in senso conforme alla Costituzione e alla evoluzione del sistema normativo.

In particolare deve rilevarsi che, con sentenza della Corte Costituzionale n. 270 del 1999 e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'articolo 3, e articolo 29 comma 1, e articolo 30 comma 1, e articoli 31 e 37 Cost., soltanto la Legge n. 1204 del 1971 articolo 4 comma 1, lettera c), (riferito alle lavoratoci dipendenti), "nella parte in cui non prevede per l'ipotesi di parto prematuro una decorrenza dei termini del periodo dell'astensione obbligatoria idonea ad assicurare una adeguata tutela della madre e del bambino". Successivamente la Legge n. 53 del 2000 (articolo 11) ha introdotto una nuova previsione, per le lavoratrici subordinate, disponendo che in caso di parto prematuro i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto si aggiungono al periodo di astensione obbligatoria post partum.

Infine il Decreto Legislativo n. 151 del 2001 articolo 68 modificando la disciplina della Legge n. 546 del 1987 articoli 3, 4 e 5 ha previsto espressamente la corresponsione dell'indennita' giornaliera per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa per tutte le categorie di lavoratrici autonome.

Orbene per il periodo anteriore al detto Decreto Legislativo, con riferimento al trattamento di maternita' delle lavoratrici autonome, nell'ipotesi di parto prematuro, stante la efficacia non retroattiva del Decreto Legislativo stesso, la questione di legittimita' costituzionale della Legge n. 546 del 1987 articolo 4 e' stata risolta dalla Corte Costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto (v. C. Cost. n. 495 del 2002, che richiama la precedente pronuncia n. 197 del 2002 sull'articolo 3, della stessa legge, riguardante il trattamento delle coltivatrici dirette, colone e mezzadre).

In particolare il Giudice delle leggi "preso atto dell'evoluzione del sistema normativo", ha rilevato che "si e' progressivamente attuata una piu' estesa protezione della maternita' in quanto tale piuttosto che della lavoratrice madre, ed ha sottolineato come tale evoluzione si ponga in continuita' con i principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza costituzionale in ordine alla tutela della maternita', giungendo quindi alla conclusione che l'applicazione di questi stessi principi non puo' non obbligare l'interprete ad una lettura della norma conforme a Costituzione", con la conseguenza che "la Legge n. 546 del 1987 articolo 4 deve essere dunque interpretato nel senso che l'indennita' spetta in ogni caso per la durata complessiva di cinque mesi".

Legittimamente, quindi, e senza incorrere in alcuna contraddittorieta', la Corte d'Appello ha interpretato la detta norma nel senso conforme alla Costituzione.

Del resto l'opzione ermeneutica invocata dall'istituto ricorrente una volta ritenuta viziata dalla Corte Costituzionale, sia pure con una pronuncia di infondatezza della questione sottoposta al suo esame, non potrebbe, comunque, essere piu' accolta (cfr. Cass. 9.1.2004 n. 166).

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 10,00, per esborsi, oltre euro 1.500,00, per onorari, oltre spese generali, IVA e CAP, con distrazione all'avv, Martino Claudio.


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