In tema di forma del licenziamento, la volontà del datore di lavoro di recedere può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara

In tema di forma del licenziamento, la volontà del datore di lavoro di recedere può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara, con la consegna del libretto di lavoro con l'indicazione della data di cessazione del rapporto; in tale ipotesi, il termine per impugnare il recesso decorre dalla data di consegna del libretto di lavoro. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 17 marzo 2009, n. 6447)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - Consigliere

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - rel. Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2515/2006 proposto da:

AL. IT., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, rappresentata e difesa dall'avvocato MARINELLI MARIA GABRIELLA, giusta mandato a margine del ricorso, domiciliata presso questa Corte;

- ricorrente -

contro

SA. BA., SA. CL., MA. RO., MA. BE., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA OTRANTO 18, presso lo studio dell'avvocato FABRIZI CLAUDIO, rappresentate e difese dall'avvocato VECCIA VITTORIO;

- controricorrenti -

e contro

D'. AN., SA. MA., PE. RO., PR. MO.;

- intimate -

avverso la sentenza n. 996/2005 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 09/05/2005 r.g.n. 2116/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2008 dal Consigliere Dott. D'AGOSTINO GIANCARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6 aprile 203 il Tribunale di Lucera, accogliendo le domande, proposte con separati ricorsi depositati il 31.5.1996, poi riuniti, dalle lavoratrici Sa. Ba., Sa. Cl., Ma. Be., D'. An., Ma. Ro. e Pr. Mo., dichiarava l'inefficacia dei licenziamenti alle predette intimati oralmente il (OMESSO) ed il (OMESSO) dalla datrice di lavoro Al. It., esercente una sartoria in (OMESSO) e condannava quest'ultima a pagare a ciascuna ricorrente le retribuzioni maturate dal licenziamento all'effettivo ripristino del rapporto di lavoro, oltre accessori. Il Tribunale rigettava invece le domande proposte dalle lavoratici Sa. Ma. e Pe. Ro., mancando la prova dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato.

La Corte di Appello di Bari, con sentenza depositata il 9 maggio 2005, respingeva l'appello proposto dalla sig.ra Al. per le seguenti ragioni: a) data l'autonomia delle singole domande, ancorche' trattate congiuntamente per motivi di opportunita', le lavoratici ricorrenti non sono incapaci a testimoniare ex articolo 246 c.p.c., in relazione a domande proposte dalle altre lavoratrici; b) dalle testimonianze raccolte e' risultato che le ricorrenti sono state licenziate oralmente; c) la riconsegna del libretto di lavoro con l'indicazione della data del licenziamento non costituisce forma equipollente della dichiarazione scritta di licenziamento richiesta a pena di nullita' dalla Legge n. 604 del 1966 articolo 2 a nulla rilevando che la riconsegna del documento sia stata fatta personalmente dalla datrice di lavoro; d) il licenziamento adottato verbalmente e' nullo e inidoneo a determinare l'onere di impugnativa nel termine di 60 giorni previsto dalla Legge n. 604 del 1966; e) per quanto concerne le dipendenti Pr. Mo. e Ma. Ro. non erano attendibili le dimissioni da costoro presentate con effetto dal (OMESSO) : perche' i documenti nei quali dette dichiarazioni erano state trasfuse si presentavano del tutto identici tra loro (parole, punteggiatura, grafica, impostazione, spazi) per cui era verosimile che fossero stati predisposti di datore di lavoro; perche' la Al. nel costituirsi in giudizio in primo grado aveva affermato di aver licenziato le due lavoratrici in data (OMESSO); perche' se il licenziamento delle predette e' avvenuto in data (OMESSO) deve ritenersi che il rapporto di lavoro si sia protratto anche dopo il (OMESSO), sicche' le dimissioni devono ritenersi caducate con il consenso delle parti.

Avverso detta sentenza Al. It. ha proposto ricorso per cassazione con un unico articolato motivo. Ma. Ro., Ma. Be., Sa. Cl. e Sa. Ba. hanno resistito con controricorso. Le altre intimate non si sono costituite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Al. It. ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata con un unico motivo dalla lettura del quale e' possibile desumere le seguenti censure: a) violazione dell'articolo 246 c.p.c., per avere i giudici di appello fondato la propria decisione sulle testimonianze delle stesse lavoratrici, benche' queste fossero incapaci a testimoniare in quanto parti dello stesso giudizio; b) vizi di motivazione, perche' la nullita' delle predette testimonianze comporta che e' rimasta sfornita di prova l'affermazione delle lavoratrici di essere state licenziate verbalmente; c) violazione della Legge n. 604 del 1966 articolo 2 perche' la riconsegna a ciascuna lavoratrice del libretto di lavoro con l'indicazione della data del licenziamento equivale alla dichiarazione scritta di risoluzione del rapporto di lavoro, a maggior ragione perche' la riconsegna e' stata effettuata personalmente dalla Al.; d) violazione della Legge n. 604 del 1966 articolo 6 per non avere il giudice di appello rilevato che le impugnazioni del licenziamento erano tardive perche' presentate oltre il termine di decadenza di 60 giorni dalla comunicazione del recesso, termine che si applica anche ai licenziamenti orali; e) difetto di motivazione in ordine alla asserita inattendibilita' delle dimissioni scritte presentate dalle lavoratrici Ma. Ro. e Pr. Mo., benche' i documenti presentassero la sottoscrizione autografa non disconosciuta dalle interessate e benche' queste non avessero in alcun modo contestato il contenuto dei documenti; f) violazione degli articoli 112 e 91 c.p.c., per non avere il giudice di appello preso in esame il motivo dell'appello con il quale l'appellante aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva compensato le spese tra la Al. e le soccombenti Sa. Ma. e Pe. Ro..

In controricorso le intimate costituite hanno eccepito la inammissibilita' del ricorso per cassazione perche' privo della indicazione delle norme di diritto che si assumono violate e della specificazione dei motivi di impugnazione. L'eccezione e' infondata. Dall'esposizione del ricorso, infatti, sono agevolmente desumibili sia le norme di legge che si assumono violate dal giudice di appello, sia le ragioni a sostegno dell'impugnazione (vedi Cass. n. 1959/2004, n. 13550/2004).

Preliminare e assorbente e' l'esame della censura sub c), con la quale la ricorrente si duole dell'affermazione del giudice di appello secondo cui la riconsegna al dipendente del libretto di lavoro con la data del licenziamento non equivarrebbe alla comunicazione scritta del recesso, richiesta dalla Legge n. 604 del 1966 articolo 2. La censura e' fondata.

Questa Corte (vedi Cass. n. 17652/2007 e n. 6900/1995) in tema di forma del licenziamento ha affermato che, non sussistendo per il datore di lavoro alcun onere di adoperare formule sacramentali e potendo la volonta' di licenziare essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purche' chiara, la consegna al lavoratore del libretto di lavoro con l'indicazione della data di cessazione del rapporto contiene in se' la inequivoca manifestazione della volonta' di far cessare il rapporto stesso, con la conseguenza che dalla data di tale consegna decorre il termine per impugnare il licenziamento. La Corte in proposito ha precisato: a) che il licenziamento e' da qualificare "atto unilaterale recettizio": b) che le annotazioni contenute nel libretto di lavoro hanno natura di scrittura privata e; costituiscono attestazioni unilaterali di determinati fatti; c) che quindi la dichiarazione di cessazione del rapporto di lavoro contenuta nel libretto di lavoro vale come atto scritto di licenziamento dalla data della relativa riconsegna. Ha errato quindi la Corte di Appello nel negare a tale fatto il valore di manifestazione scritta della volonta' del datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro.

L'inosservanza di questo principio di diritto comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce, la quale verifichera' che sul libretto di lavoro sia annotato il licenziamento e che l'annotazione sia sottoscritta dalla datrice di lavoro.

L'accoglimento del motivo di censura in esame, esime la Corte dall'esame delle censure evidenziate ai punti a), b), d) ed f), che vanno dichiarate assorbite, restando le relative questioni rimesse all'esame del giudice di rinvio.

Fondata e' anche la censura di cui al punto e). La Corte di Appello ha ritenuto non attendibili le dimissioni scritte presentate dalle lavoratrici Pr. Mo. e Ma. Ro., con effetto dal (OMESSO), perche' una serie di elementi lasciavano supporre la predisposizione dei relativi atti da parte di altro soggetto, verosimilmente il datore di lavoro. La motivazione della sentenza e' palesemente insufficiente. La Corte territoriale, infatti, non ha dato ragione di altri elementi rilevanti ai fini della decisione e precisamente dei seguenti: a) la sottoscrizione non risulta essere stata disconosciuta dalle lavoratrici, con le conseguenze di cui all'articolo 215 c.p.c.; b) non risulta che le interessate abbiano contestato la veridicita' del contenuto del documento; c) non risulta che le due dipendenti abbiano eccepito l'invalidita' del documento per vizi della volonta', posto che ne' la predisposizione del documento da parte di un terzo, ne' la consapevole scelta delle dimissioni volontarie in luogo di un probabile licenziamento per riduzione del personale escludono di per se' la libera manifestazione della volonta' di recesso; d) la breve divergenza tra la data di efficacia delle dimissioni ((OMESSO)) e quella di cessazione del rapporto indicata nel libretto di lavoro ((OMESSO)) non e' da sola sufficiente a far ritenere la ripresa del rapporto di lavoro per comune volonta' delle parti per soli quattro giorni (la Corte di Appello infatti ne parla in forma dubitativa); in difetto di altre prove che spettava comunque alle lavoratrici offrire in giudizio (vedi Cass. n. 4391/2007, n. 9046/2004).

Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza rinviata per un nuovo esame ad altro giudice, designato nella Corte di Appello di Lecce, che adeguatamente motivando provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Lecce.






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