L' accertamento dell'esistenza del rapporto di lavoro subordinato non può prescindere dalla valutazione del comportamento tenuto dalle parti

Con sentenza n. 5826 del 13 marzo 2007, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di valutazione ed accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, stabilendo che è onere del Giudice dare dare rilievo prevalente al comportamento tenuto dalle parti, piuttosto che alla qualificazione risultante dal contratto. In detta pronuncia, infatti, la S.C. ha ritenuto di dover confermare l’orientamento giurisprudenziale, (Cass. n. 5960/1999, n. 15001/2000, n. 1420/2002, n. 16119/2003), in forza del quale, la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non è determinante, diventando il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche ai fini dell’accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole o addirittura la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, con la conseguenza che, in caso di contrasto fra dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e dati fattuali emergenti dal suo concreto svolgimento, è a questi ultimi che deve darsi rilievo prevalente. Pertanto, ove le parti, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano qualificato come autonomo il rapporto di lavoro, è possibile pervenire ad una diversa qualificazione di esso soltanto se si dimostri che nel concreto svolgimento del rapporto sia presente l’elemento della subordinazione, inteso come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

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