L'assistenza al padre disabile non sempre esonera il lavoratore dal trasferimento

Il diritto del genitore o del familiare lavoratore, che assiste con continuita' un portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, disciplinato dalla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5, non si configura come assoluto ed illimitato, giacche' esso - come dimostrato anche dalla presenza dell'inciso "ove possibile" - puo' essere fatto valere allorquando, alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e per tradursi - soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporto di lavoro pubblico - in un danno per l'interesse della collettivita', gravando sulla parte datoriale, privata o pubblica, l'onere della prova di siffatte circostanze ostative all'esercizio dell'anzidetto diritto.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Ordinanza del 5 settembre 2011, n. 18223



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - rel. Consigliere

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

VO. BI. IO. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato GALLEANO SERGIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BIAGINI DANIELE, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

PO. IT. SPA (OMESSO) in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa dall'avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 86/2009 della CORTE D'APPELLO di GENOVA del 30.1.08, depositata il 24/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA.

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO.

OSSERVA

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Genova confermava la statuizione di primo grado, con cui era stata rigettata la domanda proposta da Vo. Bi. Io. nei confronti di Po. It. spa per far dichiarare la illegittimita' del trasferimento dall'ufficio di (OMESSO), dove aveva lavorato con contratto a termine, a quello di (OMESSO), ove era stata assegnata a seguito della declaratoria di nullita' del termine e di riammissione in servizio. Affermava la Corte territoriale che non potevano ritenersi sussistenti le condizioni di legge sul divieto di trasferire il lavoratore che presta assistenza ad un familiare portatore di handicap, giacche' non e' sufficiente che quella condizione sussista di fatto al momento della immissione in servizio, ma che la stessa risulti accertata dalle commissioni mediche presso le USL. Pertanto, ove il trasferimento del lavoratore sia stato legittimamente disposto, quando intervenga l'accertamento delle condizioni di handicap del familiare, il diritto del lavoratore si configura come quello di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio, Legge n. 104 del 1992, ex articolo 33, comma 5; nella specie questa possibilita' non sussisteva perche' non vi era scopertura di organico nella sede di (OMESSO). Avverso detta sentenza la soccombente ricorre con tre motivi, mentre la spa Po. It. resiste con controricorso.

Letta la relazione resa ex articolo 380 bis c.p.c. di manifesta infondatezza del ricorso;

Vista la memoria della spa Po. ;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;

Infatti il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato, con esso si censura la sentenza per non avere considerato che la certificazione del padre portatore di handicap era si' intervenuta successivamente al trasferimento, ma sulla base di una domanda avanzata in precedenza.

E' stato infatti affermato (Legge n. 104 del 1992, articolo 4, non essendo consentita la sua dimostrazione mediante documentazione medica di diversa provenienza".

Parimenti infondato e' il secondo motivo per cui l'articolo 37 del CCNL imporrebbe di privilegiare la situazione di fatto del lavoratore rispetto a quella formale sull'esistenza della certificazione, giacche' la censura potrebbe avere fondamento solo se la ricorrente, all'atto del trasferimento, e prima ancora di ottenere la certificazione, avesse quanto meno fatto presente all'Azienda, la sua situazione di assistente di portatore di handicap, ma di questa circostanza non vi e' traccia nel motivo.

In ogni caso non e' stata contestata la circostanza che nella sede di (OMESSO) che la ricorrente chiedeva, non vi erano scoperture di organico, per cui va applicato il principio per cui (Cass. Sez. un. n. 7945 del 27/03/2008) "Il diritto del genitore o del familiare lavoratore, che assiste con continuita' un portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, disciplinato dalla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5, non si configura come assoluto ed illimitato, giacche' esso - come dimostrato anche dalla presenza dell'inciso "ove possibile" - puo' essere fatto valere allorquando, alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e per tradursi - soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporto di lavoro pubblico - in un danno per l'interesse della collettivita', gravando sulla parte datoriale, privata o pubblica, l'onere della prova di siffatte circostanze ostative all'esercizio dell'anzidetto diritto.

"Il terzo motivo, sul suo diritto al preavviso di trasferimento, riguarda una questione nuova, e quindi inammissibile in questa sede, posto che il la Corte territoriale non ne ha fatto menzione e non si precisa in ricorso che esso formava oggetto di specifico motivo di appello, dal momento che la stessa attuale ricorrente indica di averlo dedotto solo con il ricorso di primo grado.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara; rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro trenta per esborsi e millecinquecento euro per onorari, con accessori di legge.

 

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