La corresponsione continuativa di un emolumento nel corso del rapporto di lavoro e in favore della generalità dei dipendenti può essere a sufficiente farlo considerare come elemento della retribuzione anche se di ammontare variabile

La corresponsione continuativa di un emolumento nel corso del rapporto di lavoro e in favore della generalità dei dipendenti può essere a sufficiente farlo considerare come elemento della retribuzione anche se di ammontare variabile; esiste, infatti, una presunzione di onerosità per tutte le prestazioni eseguite durante il detto rapporto e, per converso, può giustificarsi un'erogazione liberale da parte dell'imprenditore solo se occasionale e collegata a eventi particolari. (Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, sentenza del 26 ottobre 2007, n. 22504)



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Sentenza

sul ricorso proposto da:

TO. RE., elettivamente domiciliato in ROMA VICOLO DE' BURRO' 165, presso lo studio dell'avvocato PELAGGI ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PELAGGI LUIGI, BARONCINI CARLO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

GR. PA. S.P.A.;

- intimato -

e sul 2 ricorso n 09034/05 proposto da:

GR. PA. S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PREMUDA 6, presso lo studio dell'avvocato GRAZIANI ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato OLIVETTI MAURIZIO, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

TO. RE., elettivamente domiciliato in ROMA VICOLO DE' BURRO' 165, presso lo studio dell'avvocato PELAGGI ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PELAGGI LUIGI, BARONCINI CARLO, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -

avverso la sentenza n. 108/04 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 11/03/04 r.g.n. 621/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/07 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio MAIORANO;

udito l'Avvocato SILVETTI per delega PELAGGI;

udito l'Avvocato OLIVETTI MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, rigetto dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte d'Appello di Venezia il Gr. PA. Spa proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Venezia con la quale era stata dichiarata la ingiustificatezza del licenziamento intimato a To. Re. in data 12/4/01 e condannata la societa' al pagamento della indennita' supplementare nella misura di 23 mensilita' di fatto percepite ed accertato il diritto del medesimo dirigente per l'anno 1997 al "bonus" annuale per l'esercizio precedente; questo doveva essere computato nella misura media degli ultimi tre anni nella base di calcolo del TFR, dell'indennita' di preavviso e delle 13 mensilita' del 1997, con la specificazione che il rapporto di lavoro era definitivamente cessato alla data del (OMESSO) e quindi che il lavoratore aveva diritto alla retribuzione ed alle ulteriori voci stipendiali sino a tale data.

L'appellato contrastava il gravame, ma la Corte d'Appello raccoglieva in parte, rigettando la richiesta di riconoscimento dell'incidenza del bonus su mensilita' aggiuntive e tredicesima dal 1992 al 1996 e TFR, confermando nel resto l'impugnata sentenza, sulla base delle seguenti considerazioni: la prima censura riguardava il preteso vizio di motivazione in ordine alla legittimita' del licenziamento che era stato determinato dal riassetto organizzativo e strutturale della direzione acquisti cui era addetto il dirigente To.; la seconda censura riguardava invece l'incidenza del bonus su altre voci retributive, avendo il primo giudice erroneamente ritenuto che lo stesso fosse dovuto in forza di un uso aziendale avesse natura retributiva e incidesse sulla indennita' di preavviso, la tredicesima e TFR. Quanto alla prima doglianza, il Gr. PA. aveva motivato il licenziamento con la "radicale riorganizzazione delle Direzione Acquisti Food", con soppressione di alcune posizioni lavorative fra cui quella del To., che aveva una forte specializzazione che non consentiva una diversa collocazione aziendale. La valutazione della giustificatezza del licenziamento di un dirigente, ai fini del riconoscimento della indennita' supplementare spettante in base alla contrattazione collettiva, non doveva essere operata sulla base di criteri integralmente coincidenti con quelli previsti dalla Legge n. 604 del 1966 per la giusta causa o giustificato motivo stante la particolare posizione del dirigente all'interno dell'azienda; trattandosi di un elemento di esclusiva origine contrattuale, doveva aversi riguardo alla volonta' negoziale delle parti, che in relazione al carattere fiduciario dell'incarico ben potevano attribuire carattere decisivo al raggiungimento di determinati risultati minimi di produttivita', ovvero all'esito positivo di determinate operazioni finanziarie, o all'attuazione di programmi, ecc. (Cass. n. 4729/02). La nozione convenzionale di giustificatezza del licenziamento era molto piu' ampia di quella di giusta causa, o giustificato motivo e si estendeva fino a ricomprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escludesse l'arbitrarieta', sempre nei limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede (Cass. n. 322/03).

Nella specie, l'atto di recesso non fu determinato dalla menomazione del rapporto fiduciario, bensi' solo da ragioni oggettive dovute a scelte imprenditoriali inerenti la riorganizzazione e ristrutturazione del settore, per cui in mancanza di specifica norma contrattuale in materia, era necessario esaminare in concreto l'effettivita' della dedotta ristrutturazione aziendale. In proposito la pronuncia impugnata, con un accertamento di fatto congruamente motivato e sorretto da precisi riscontri probatori (testi Br., La., Fi., B. e Mi.) aveva posto in rilievo la modestia della dedotta riorganizzazione aziendale, nel settore in cui operava il Ta., insufficiente e provare la giustificatezza del licenziamento che era stato invece operato in vista di una "radicale" risistemazione del ramo d'azienda in questione. La struttura, in realta', dopo l'intervento operato era rimasta sostanzialmente la medesima, al di la' dell'avvicendamento al vertice ed al cambio di denominazione, e l'unico soggetto eliminato a seguito dell'operazione era stato solo l'anziano To.Re.; il preteso incremento di lavoratori sottoposti, necessari per la concreta operativita' della nuova struttura, i compratori cd. buyers, era avvenuto molto tempo (un anno) dopo il licenziamento del To., in un arco di tempo, cioe', cosi' lato da non essere giustificato con le mere necessita' di assestamento della nuova rete strutturata, ma sostanzialmente con eccessivo ritardo operativo tale da inibire di fatto l'attuazione materiale della nuova struttura.

Inoltre, la modestia della ristrutturazione aziendale non era scalfita nemmeno dall'avvenuto, non epocale, mutamento del modus operandi aziendale: a prescindere dalle generiche e apodittiche affermazioni circa i contenuti di tale mutamento doveva rilevarsi che lo stesso era consistito nell'incremento dei contratti personali del product-manager con la struttura Vendita, oltre che nella maggiore inter-relazione fra rete Acquisto e rete Vendita, nonche' nella maggiore attenzione data alle esigenze finali dei terzi consumatori; quanto alle esigenze insorte di maggiore professionalita' e flessibilita' gestionale (di cui sarebbe stato privo il Ta.), la prima era sconfessata dal ratio che tutti gli altri capi-settore avevano una professionalita' similare ed erano tutti diventati product-manager e la seconda non era provata in giudizio, essendo a tal fine irrilevanti le valutazioni e giudizi espressi dai testi. Il primo motivo di gravame doveva quindi essere rigettato.

Infondato era anche il secondo, non esistendo in giudizio congrui ed adeguati elementi probatori per affermare l'esistenza di un vero e costante "uso aziendale", univoco, reiterato e continuato nel tempo, posto che non era contestato il fatto che il ed. bonus era correlato al raggiungimento di obiettivi decisi esclusivamente di anno in anno, per sola volonta' aziendale, variante annualmente nel contenuto e negli importi in forma disomogenea; a prescindere dall'ulteriore rilievo che l'incidenza di detto premio era gia' oggetto di specifica pattuizione negoziale contenuta nel CCNL all'epoca vigente (articolo 10, comma 4, per le indennita' supplementari articoli 13 e 14, ed articolo 33, commi 11 e 12, per l'indennita' sostitutiva). La sentenza quindi doveva essere riformata soltanto su questo punto e doveva essere rigettata la sola domanda del To. relativa all'incidenza del bonus su mensilita' aggiuntive tredicesima per gli anni da 1992 e 1996 e TRF, mentre per il resto la sentenza doveva essere confermata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

E' domandata ora ad istanza del To. la cassazione di detta pronuncia con un solo motivo, col quale si lamenta vizio di motivazione e violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale di cui all'articolo 1362 e ss. c.c. in relazione agli articolo 10 e 33 del CCNL, nonche' degli articoli 2120 e 2121 c.c., per avere il giudice erroneamente ritenuto che non c'era un uso aziendale: innanzi tutto la motivazione e' contraddittoria perche' esclude l'incidenza de bonus sul calcolo delle mensilita' aggiuntive e poi, nella determinazione del quantum, l'estende anche all'indennita' di preavviso; in secondo luogo in questa ragione della decisione vi e' una falsa rappresentazione della realta', perche' la prassi aziendale e' comprovata con la produzione di documenti non disconosciuti, da cui risulta che il bonus era in vigore da 10 anni, era riconosciuto a tutti i dirigenti, era collegato a obiettivi di vendita e concordato fra l'azienda ed i dipendenti ed erogato nell'anno successivo (Cass. n. 10592/04; 4773/01). Si tratta di una corresponsione continuativa di un emolumento nel corso del rapporto di lavoro ed in favore della generalita' dei dipendenti e quindi tale da poter essere considerato come elemento variabile della retribuzione (Cass. n. 16171/04; 1693/03; 11607/02).

A prescindere dalla prassi aziendale, la Corte d'Appello e' incorsa in un'altra evidente omissione di motivazione per avere negato l'incidenza del bonus su tredicesime e TFR in maniera apodittica, in quanto il bonus rimane sempre un elemento della retribuzione, anche se si disconosce la sussistenza di una prassi aziendale: la corresponsione continuativa di un assegno al dipendente, anche se variabile, e' sufficiente per farlo considerare come un elemento della retribuzione, stante la presunzione di onerosita' (Cass. n. 7154/03). Peraltro, la stessa societa' ha riconosciuto la natura retributiva dell'emolumento, non avendo impugnato la sentenza nella parte relativa al riconoscimento del relativo diritto per l'anno 1996. L'emolumento e' disciplinato dall'articolo 10 del CCNL, che prevede anche la corresponsione delle mensilita' supplementari da calcolarsi sugli elementi variabili, con riferimento alla "media degli emolumenti corrisposti nei dodici mesi precedenti"; ancor piu' chiaro in proposito e' l'articolo 33 del contratto, secondo cui il datore puo' esonerare il dirigente dal servizio durante il periodo di preavviso, erogando la corrispondente indennita' sostitutiva computata sulla retribuzione di fatto "comprensiva di tutti gli elementi fissi e della media degli ultimi tre anni per gli eventuali elementi variabili". L'articolo 2121 c.c. prevede che per l'indennita' di preavviso devono essere calcolate "le provvigioni, i premi di produzione ... ed ogni altro compenso di carattere continuativo" (Cass. n. 5592/98; 645/99), anche se variabile.

Analoghe considerazioni valgono per l'incidenza del bonus sul trattamento di fine rapporto: ai fini dell'articolo 2120 c.c., comma 2 la retribuzione annua da prendere in considerazione comprende tutte le somme e l'equivalente in natura, corrisposte in dipendenza di lavoro, a titolo non occasionale (Cass. n. 12411/02; 11448/04; 5935/96).

Resiste la societa' PA. con controricorso e ricorso incidentale fondato su un solo motivo, col quale si lamenta contraddittorieta' e vizi di motivazione, per avere il giudice ritenuto che vi sia stata una modesta riorganizzazione aziendale insufficiente a dimostrare la giustificatezza del licenziamento del Ta., con motivazione inadeguata ed in contrasto con le risultanze testimoniali, esaminate in dettaglio. In realta' sono incontestati due fatti storici: la soppressione delle figure professionali dei vecchi capi settore e l'attribuzione di compiti, fruizioni e responsabilita' nuove e diverse ai due product-manager. In tale contesto si inserisce la determinazione aziendale non censurabile di risolvere il rapporto di lavoro col Ta., giudicandolo il meno adatto al nuovo ruolo di product manager ed il meno flessibile in vista dei nuovi programmati cambiamenti. Contraddittoria ed illogica e' la sentenza impugnata non avendo la stessa analizzato la reale portata della riorganizzazione aziendale, giudicata modesta in maniera apodittica. Il riconoscimento dell'avvenuta ristrutturazione esclude l'arbitrarieta' della decisione e costituisce una inammissibile valutazione di congruita' ed opportunita' del licenziamento.

Premesso che i due ricorsi vanno riuniti ex articolo 335 c.p.c., si osserva che il ricorso principale e' fondato e va accolto, mentre va rigettato quello incidentale.

Per motivi di ordine logico preliminare e' l'esame del ricorso incidentale. In proposito si osserva che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della "ratio decidendi", e cioe' l'identificazione del procedimento logico -giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono consistere nella difformita' dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e' assegnato alla prova (Cass. n. 15693/04).

Nella specie, il giudice d'appello ha indicato i "precisi riscontri probatori (testi Br., La., Fi., B. e Mi.) " da cui ha tratto la conclusione che ben modesta e' stata la riorganizzazione aziendale che sarebbe stata effettuata nel settore in cui operava il Ta. ed ha valutato la stessa come "insufficiente e provare la giustificatezza del licenziamento che era stato invece operato in vista di una "radicale" risistemazione del ramo d'azienda in questione"; ha precisato poi il giudice d'appello che la struttura e' rimasta la stessa, al di la' del licenziamento del solo Ta., e che rincremento di lavoratori subordinati con funzioni di "buyers" e' avvenuto dopo un anno dal licenziamento e quindi con eccessivo ritardo operativo, tale da inibire l'attuazione materiale della nuova struttura. Inoltre, il mutamento del modus operandi era costituito piu' da generiche ed apodittiche affermazioni che da reali contenuti innovativi, mentre non sussistevano concrete esigenze ne' di maggiore professionalita' (perche' i dirigenti rimasti in servizio avevano la stessa competenza tecnica del Ta.), ne' di flessibilita' professionale, di cui sarebbe stato privo il dirigente licenziato, perche' non provata.

Il giudice quindi ha effettuato un completo ed articolato esame delle condizioni che secondo l'assunto della societa' avrebbe giustificato il licenziamento, con un ragionamento organico e coerente che non viene minimamente scalfito dalle generiche contestazioni e non puo' essere sostituito da una nuova e diversa valutazione di fatto che questa Corte non e' abilitata a fare.

Il ricorso incidentale va quindi rigettato.

In ordine a quello principale di osserva che la sentenza impugnata ha escluso la computabilita' del bonus nei diversi istituti in oggetto sulla base di tre considerazioni: a) che lo stesso era correlato al raggiungimento di obiettivi decisi anno per anno per sola volonta' aziendale; b) che lo stesso variava annualmente nei contenuti e negli importi; c) che l'incidenza di detto premio era gia' oggetto di specifica pattuizione negoziale ai cui all'articolo 10, comma 4, del CCNL di categoria.

In ordine a quest'ultima considerazione si osserva che non ne e' chiaro il senso, in quanto l'espressione adoperata sembra fare riferimento ad una espressa previsione di un compenso supplementare nella pattuizione negoziale contenuta nel CCNL allora vigente (articolo 10, comma 4, relativamente alle indennita' supplementari di tredicesima e quattordicesima, ed articolo 33, commi 11 e 12, relativamente all'indennita' sostitutiva); se cosi' fosse, pero', si tratterebbe di un diverso emolumento per cui non si spiega perche' quelle disposizioni potrebbero portare al rigetto della domanda.

Quanto alle considerazioni di cui ai punti a) e b) si osserva che le stesse sono inadeguate a sorreggere la decisione, infatti la circostanza che l'emolumento sia erogato, per sola volonta' aziendale e correlato a raggiungimento di obiettivi decisi esclusivamente di anno in anno, variante annualmente nel contenuto e negli importi in forma disomogenea, non e' sufficiente a giustificarla per due ordini di considerazioni: innanzi tutto perche' lo stesso giudizio di meritevolezza del dipendente da parte del datore di lavoro, che secondo questo assunto sarebbe alla base dell'erogazione, non configura una condizione meramente potestativa inserita in un uso aziendale, in quanto la suddetta valutazione non puo'' mai essere assolutamente discrezionale ed insindacabile, perche' esistono pur sempre dei parametri oggettivi, desumibili dal codice civile, dalle norme aziendali interne e dalla contrattazione collettiva, a norma dei quali valutare il comportamento del dipendente, sicche' l'apprezzamento di meritevolezza del datore di lavoro e' sempre suscettibile di censure e di controllo in sede giudiziale (Cass. n. 4773/01). In secondo luogo la corresponsione continuativa di un emolumento nel corso del rapporto di lavoro ed in favore della generalita' dei dipendenti puo' essere sufficiente a farlo considerare come elemento della retribuzione anche se di ammontare variabile; esiste infatti una presunzione di onerosita' per tutte le prestazioni eseguite durante il detto rapporto e per converso puo' giustificarsi un'erogazione liberale da parte dell'imprenditore solo se occasionale e collegata ad eventi particolari (Cass. n. 16171/04).

Il giudice dell'appello ha omesso di considerare tali circostanze, essenziali per una corretta decisione alla luce dei principi sopra enunciati, ed e' cosi' incorso nella violazione denunciata dal ricorrente principale. Sono da ritenersi assorbite le altre censure, fondate tutte sul comune presupposto del carattere retributivo del bonus.

Il ricorso e' quindi fondato e va accolto e la sentenza cassata, come rimessione alla Corte d'Appello di Trieste. Il giudice del rinvio provvedera' anche in ordine alla spese del presente giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

LA CORTE

Riunisce i ricorsi; accoglie quello principale e rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Trieste.



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