La dichiarazione di invalidita' del licenziamento a norma della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, non comporta automaticamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura stabilita dal quarto comma

La dichiarazione di invalidita' del licenziamento a norma della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, non comporta automaticamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura stabilita dal quarto comma, con esclusione di ogni rilevanza dei profili del dolo o della colpa nel comportamento del recedente, e cioe' per una forma di responsabilita' oggettiva, atteso che l'irrilevanza degli elementi soggettivi e' configurabile, per effetto della rigidita' al riguardo della formulazione normativa, solo limitatamente alla misura minima delle cinque mensilita'. La questione relativa alla sussistenza della responsabilita' risarcitoria deve ritenersi invece regolata dalle norme del codice civile in tema di risarcimento del danno conseguente ad inadempimento delle obbligazioni, non introducendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori elementi distintivi.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 10 luglio 2013, n. 17123



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente

Dott. VENUTI Pietro - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 2321/2011 proposto da:

ENTE (OMISSIS) (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS);

- intimata -

avverso la sentenza n. 998/2010 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 28/09/2010 R.G.N. 54/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROMANO Giulio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28 settembre 2010 la Corte d'appello dell'Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara del 13 novembre 2008 con la quale e' stata dichiarata la nullita' del licenziamento intimato dalla (OMISSIS) a (OMISSIS) in data 31 agosto 2005, con le conseguenti statuizioni restitutorie e risarcitorie. Per quanto rileva in questa sede la Corte territoriale ha motivato tale pronuncia ravvisando la colpa dell'Istituto suddetto nell'avere dato rilievo all'accertamento della situazione di inidoneita' fisica della (OMISSIS) ad opera dei competenti organi pubblici, sebbene tale accertamento sia risultato smentito dalle indagini successive a cui si e' sottoposta la lavoratrice sia presso specialisti privati che presso i presidi medici dell'INPS, che ha rigettato la domanda di pensione di inabilita' o di assegno di invalidita' ritenendo che le infermita' riscontrate non fossero tali da determinare una riduzione della capacita' lavorativa in misura superiore ad un terzo. Ai fini della condanna al pagamento delle somme a titolo risarcitorio, per quanto rileva in questa sede, la corte aquilana ha ritenuto insussistente l'ipotesi di errore inevitabile dell'Istituto ricorrente ai fini della richiesta riduzione del risarcimento alla misura minima delle cinque mensilita' di retribuzione.

L'Ente (OMISSIS) propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza affidato a due motivi.

La (OMISSIS) resta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rilevato che la ricorrente ha correttamente d il ricorso per cassazione notificato presso la cancelleria della Corte territoriale posto che la lavoratrice risulta domiciliata presso il proprio difensore in (OMISSIS).

Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 4, e dell'articolo 1218 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3. In particolare si deduce che la corte territoriale, nel determinare le conseguenze risarcitorie della pronunciata nullita' del licenziamento per cui e' causa, non avrebbe compiuto la necessaria indagine sulla sussistenza stessa e sulla rilevanza dell'imputazione soggettiva, per colpa, del comportamento dell'Istituto ricorrente in occasione dell'intimazione del licenziamento in questione, ritenendo l'applicazione automatica del risarcimento previsto dalla Legge n. 300 del 1970, citato articolo 18, nella misura massima possibile in conseguenza della dichiarazione dell'illegittimita' del licenziamento. La Corte d'appello avrebbe dovuto invece considerare le cause esterne che hanno determinato il comportamento dell'Istituto.

Con il secondo motivo si assume insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5, con riferimento al generico richiamo operato dalla sentenza impugnata a sostegno della determinazione della misura del risarcimento, alla parte della motivazione riguardante l'illegittimita' del licenziamento senza considerare la misura della colpa che avrebbe dovuto indurre a determinare la misura del risarcimento al minimo delle cinque mensilita' di retribuzione.

I due motivi possono esaminarsi congiuntamente riguardando entrambi la misura del risarcimento dovuto per l'illegittimo licenziamento.

La dichiarazione di invalidita' del licenziamento a norma della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, non comporta automaticamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura stabilita dal quarto comma, con esclusione di ogni rilevanza dei profili del dolo o della colpa nel comportamento del recedente, e cioe' per una forma di responsabilita' oggettiva, atteso che l'irrilevanza degli elementi soggettivi e' configurabile, per effetto della rigidita' al riguardo della formulazione normativa, solo limitatamente alla misura minima delle cinque mensilita'. La questione relativa alla sussistenza della responsabilita' risarcitoria deve ritenersi invece regolata dalle norme del codice civile in tema di risarcimento del danno conseguente ad inadempimento delle obbligazioni, non introducendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori elementi distintivi. Ne consegue l'applicabilita' dell'articolo 1218 c.c., secondo cui il debitore non e' tenuto al risarcimento del danno nel caso in cui fornisca la prova che l'inadempimento consegue ad impossibilita' della prestazione a lui non imputabile. Nel caso in esame correttamente il giudice di appello con valutazione in fatto, non censurabile in sede di legittimita', ha ritenuto l'attuale ricorrente responsabile Legge n. 300 del 1970, ex articolo 18, con la condanna al pagamento delle mensilita' medio tempore maturate. D'altro canto l'ente datore di lavoro non puo' dirsi esente da responsabilita' ovvero non puo' invocare una responsabilita' attenuata, in quanto non ha fornito la dimostrazione ex articolo 1218 c.c., che l'inadempimento fosse dovuto ad impossibilita' della prestazione ad essa non imputabile. Sotto quest'ultimo profilo va precisato che la ricorrente si e' servita della ASL di Pescara e quindi risponde del giudizio da questo espresso, per avere omesso di valutare adeguatamente la risposta ottenuta, tenendo conto delle mansioni che la lavoratrice era tornata ad espletare, considerando le incongruenze tra le valutazioni espresse dall'INPS e dalla ASL di Pescara, e potendo eventualmente ricorrere ad ulteriori accertamenti sanitari. Tale considerazione e' stata correttamente ed esaurientemente svolta dal giudice dell'appello con motivazione compiuta e logica non censurabile in questa sede di legittimita'.

Nulla si dispone sulle spese soccombendo l'unica parte costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

Nulla sulle spese.

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