Lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni - Art. 6 del contratto collettivo nazionale quadro in materia di procedure di conciliazione e arbitrato del 2001 - Facoltà del ricorso all'arbitro unico - Mancato rispetto del termine di 20 giorn

Con riferimento al rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, l'art. 6, comma 1, del contratto collettivo nazionale quadro in materia di procedure di conciliazione e arbitrato del 23 gennaio 2001, che fa riferimento all'impugnabilità delle sanzioni disciplinari dinanzi all'arbitro unico, così come integrato dall'art. 1 dell'accordo di interpretazione autentica del 13 novembre, 2001, il quale limita tale facoltà del lavoratore al termine di 20 giorni dall'applicazione della sanzione, delinea un sistema in cui alla facoltà del lavoratore corrisponde una situazione di soggezione dell'Amministrazione nella scelta della controparte, nel mentre alla limitazione temporale per l'esercizio di tale facoltà fa riscontro l'integrale potere dell'Amministrazione di aderire o meno alla richiesta di arbitrato; conseguentemente, la richiesta di impugnazione dinanzi all'arbitro unico in base al contratto quadro, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto, formulate oltre il predetto termine, non vincola l'Amministrazione; tuttavia, laddove quest'ultima, pur non avendone l'obbligo, abbia aderito esercitando i poteri del privato datore di lavoro conferitile dall'art. 5 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 , non può successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l'eccezione di tardività per mancato rispetto del termine di 20 giorni, poiché ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile revoca del consenso già prestato.
(Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 26.02.2008, n. 5045)



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Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile
Sentenza 26.02.2008, n. 5045

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNIRUBERTO Giuseppe - Presidente

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo - rel. Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AR. SE., elettivamente domiciliato in ROMA VIA RENO 21, presso lo studio dell'avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MASI MARCO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO CENTRALE ARCHIVI in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis (ATTO DI COSTITUZIONE del 10/03/06);

- resistente con mandato -

avverso la sentenza n. 108/04 del Tribunale di BOLOGNA, depositata il 03/02/04 r.g.n. 1743/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/07 dal Consigliere Dott. Filippo CURCURUTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ar.Se., dipendente del Ministero della Giustizia, ha impugnato dinanzi all'arbitro unico, in base alle previsioni del Contratto collettivo nazionale quadro 23 gennaio 2001, in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi del Decreto Legislativo n. 29 del 1993 articoli 59 bis, 69 e 69 bis, nonche' dell'articolo 412 ter c.p.c., la sanzione disciplinare della sospensione di giorni cinque dal lavoro e dallo stipendio, irrogatagli dall'Amministrazione.

2. In accoglimento di specifica eccezione del Ministero, l'impugnazione e' stata dichiarata inammissibile dall'arbitro, per la tardivita del ricorso, proposto oltre il termine di venti giorni previsto dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 56, e dall'articolo 7, dello Statuto dei lavoratori.

3. Il ricorso dell'Ar. al Tribunale di Bologna avverso il lodo e' stato rigettato sul rilievo che il mancato rispetto del termine sopraindicato - la cui vigenza era stata accertata dalle parti con apposito accordo di interpretazione autentica - era provato in base alla notifica del provvedimento di applicazione della sanzione, e che la tardivita' dell'impugnazione poteva e doveva esser rilevata dall'arbitro, essendo stata eccepita dalla controparte.

4. Ar.Se. ha impugnato la sentenza con ricorso fondato su un unico articolato motivo.

5. L'Amministrazione intimata ha depositato atto di costituzione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con l'unico motivo di ricorso sono denunziate inadeguatezza e incongruita' della motivazione. Violazione di legge ed errata applicazione di norme di legge (articolo 2067 c.c., e articolo 24 CCNQ 23 gennaio 2001, articolo 1. Ipotesi di accordo 13 novembre 2001, relativa all'articolo 6 del CCNQ cit., Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articoli 59 e 66 Legge n. 300 del 1970 articolo 7; articolo 140 c.p.c.; Legge n. 241 del 1990, articoli 1335, 1175, 1366, 1375 c.c.). Genericita' ed insufficienza della motivazione.

7. Si addebita alla sentenza impugnata: di aver ritenuto tardiva l'impugnazione della sanzione, senza considerare che essa era invece tempestiva, tenendo conto della data nella quale, non avendolo potuto fare prima a causa di malattia, il ricorrente aveva ritirato la raccomandata che gli dava notizia della sanzione; di aver ritenuto perentorio il termine di 20 giorni previsto dalla Legge n. 300 del 1970 articolo 7 per il valido ricorso alla procedura arbitrale; di aver omesso di considerare che l'eccezione di tardivita', formulata dall'amministrazione dopo oltre quattro mesi dall'inizio del procedimento arbitrale, non poteva esser ritenuta proponibile dopo che entrambe le parti avevano accettato la procedura, con rinunzia da parte dell'amministrazione, per comportamento concludente, a far valere l'inosservanza del termine in questione.

8. La Corte giudica fondata l'ultima delle riferite censure, con conseguente assorbimento delle altre.

8.1. L'articolo 2, del Contratto collettivo nazionale quadro 23 gennaio 2001 in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi del Decreto Legislativo n. 29 del 1993 articoli 59 bis, 69 e 69 bis, nonche' dell'articolo 412 ter c.p.c., (d'ora innanzi : il contratto quadro) la cui rubrica reca, significativamente, la dizione, "Facoltativita' dell'arbitrato", stabilisce, per quanto interessa, che "Restando fermo il ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria, le parti possono concordare, in alternativa, di deferire la controversia ad un arbitro scelto di comune accordo".

8.2. Il principio del carattere volontario dell'arbitrato e' attuato, essenzialmente, con il successivo articolo 3, comma 2, del contratto, che consente liberamente a ciascuna delle parti "di revocare il consenso ad attivare la procedura" sino alla designazione dell'arbitro mediante sorteggio. Esso trova poi conferma nelle previsioni del comma 3, dell'articolo in esame, sulla rinunzia all'arbitrato conseguente ad un secondo rifiuto consecutivo di una delle parti di accettare l'arbitro sorteggiato. Anche nel corso del giudizio arbitrale, infine, il principio richiamato trova ulteriore convalida dalla disciplina della mancata preventiva accettazione dell'eventuale decisione dell'arbitro in materia di efficacia, validita' o interpretazione di una clausola di un contratto o accordo collettivo nazionale: il rifiuto opera infatti come causa di estinzione del procedimento, secondo quanto previsto dall'articolo 4, comma 9, del contratto quadro.

8.3. L'articolo 6 del cit. contratto, pur richiamando, nella prima parte del primo comma, il principio della impugnabilita' di tali sanzioni secondo quanto previsto nell'articolo 2, attenua la portata della libera revocabilita' del consenso alla procedura arbitrale, disponendo (con una clausola da intendere quale espressione di accettazione preventiva del compromesso arbitrale e, in tali sensi, non contrastante con il principio della non obbligatorieta' dell'arbitrato) che nella materia in questione la richiesta di ricorso all'arbitro unico da parte del lavoratore e' vincolante per la pubblica amministrazione, salvo che si riferisca a sanzioni risolutive del rapporto.

8.4. L'articolo 6 cit., consente anche l'impugnazione delle sanzioni dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina contemplati nel Decreto Legislativo n. 29 del 1993 articolo 59 commi 8 e 9, (ora Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 55) peraltro con le medesime regole dello stesso CCNQ.

Dinanzi a tali Collegi, secondo il cit. articolo 59, comma 7, l'impugnazione puo' esser proposta entro venti giorni dall'applicazione della sanzione.

Il medesimo termine vale per l'impugnazione delle sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi di conciliazione previsti dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 66 (operanti, peraltro, solo in assenza di procedure di conciliazione e arbitrato regolate dai contratti collettivi nazionali) in conseguenza del richiamo alle modalita' e agli effetti di cui alla Legge n. 300 del 1970 articolo 7 commi 6 e 7, operato dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 56 che disciplina l'impugnazione delle sanzioni dinanzi a detti collegi.

8.5. In tale situazione, le parti collettive, a fronte di "richieste di chiarimenti in merito al termine per l'impugnazione delle sanzioni disciplinari di fronte all'arbitro istituito dal citato CCNQ" hanno ritenuto necessaria l'interpretazione autentica dell'articolo 6 del CCNQ. Pertanto sottoscrivendo il 13 novembre 2001 l'"Ipotesi di accordo sulla interpretazione autentica dell'articolo 6, comma 1, del contratto collettivo quadro in materia di procedure di conciliazione ed arbitrato ai sensi del Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articoli 56, 65 e 66 nonche' dell'articolo 421 ter c.p.c.", esse hanno convenuto che: "L'articolo 6 del CCNQ del 23.1.2001 non modifica il termine di impugnazione delle sanzioni disciplinari in caso di ricorso alle procedure arbitrali, sia di fronte all'arbitro unico che di fronte ai collegi arbitrali di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 55 commi 8 e 9. Tale termine rimane pertanto di 20 giorni dall'applicazione della sanzione cosi' come previsto dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 55 comma 7, e dalla Legge n. 300 del 1970 articolo 7 comma 6".

8.6. Quindi, l'articolo 6 del contratto - quadro con la norma risultante dal comma 1, prima proposizione, che fa richiamo all'impugnabilita' delle sanzioni dinanzi all'arbitro unico, e dal comma 2, sulla vincolativita' della richiesta di arbitrato, attribuisce al lavoratore una facolta', mentre l'articolo 1, dell'accordo di interpretazione autentica limita la facolta' cosi' attribuita imponendo che essa venga esercitata entro 20 giorni dall'applicazione della sanzione.

Alla facolta' del lavoratore corrisponde la situazione di soggezione dell'amministrazione alla scelta della controparte. Alla limitazione di tale facolta' fa riscontro l'integrale ripristino del potere dell'amministrazione, in assenza del presupposto indicato, di aderire o no alla richiesta di arbitrato, secondo il principio gia' messo in rilievo, di assoluta liberta' delle parti nella scelta della via arbitrale, come alternativa alla giurisdizione.

8.7. La conseguenza e' che una richiesta di impugnazione, dinanzi all'arbitro unico, in base al contratto quadro, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto di lavoro, formulata oltre il termine di 20 giorni dalla applicazione della sanzione stessa, non vincola l'amministrazione. Quest'ultima tuttavia, pur non avendone l'obbligo puo' aderirvi, esercitando le capacita' e i poteri del privato datore di lavoro conferitile (ora) dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001 articolo 5. Quindi, se a fronte di siffatta richiesta l'amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell'arbitro a norma dell'articolo 3, del menzionato contratto quadro (come e' incontroverso che sia avvenuto nella specie) essa non puo' successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l'eccezione di tardivita' per mancato rispetto da parte del lavoratore del menzionato termine di 20 giorni perche' cio' equivarrebbe ad una non piu' ammissibile (v. articolo 3, commi 2 e 3, del cit. CCNQ) revoca del consenso gia' prestato.

8.8. Sulla base di tale principio, il ricorso va accolto con rinvio della causa al giudice di merito, per un nuovo esame. Il giudice di rinvio provvedera' anche sulle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Bologna, in diversa composizione.

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