Le presunte richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia non possono essere considerate una forma di vessazione da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore

Le presunte richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia non possono essere considerate una forma di vessazione da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Ciò in quanto, in primo luogo, il datore di lavoro ha il diritto-dovere di controllo e, in second'ordine, l'invio delle visite fiscali non e' deciso unilateralmente dal datore di lavoro, bensi' dall'Istituto Previdenziale.E' corretto il ragionamento logico-giuridico compiuto dal giudice che abbia rigettato la domnada del lavoratore che si e' limitato a lamentare la reiterazione dei controlli domiciliari durante l'assenza per malattia, senza spiegare perche' la loro ripetizione, la quale pure rientra nell'ambito dell'esercizio del diritto del datore di lavoro di verificare la condizione di malattia del lavoratore preclusiva della prestazione lavorativa, avrebbe costituito "continua e non trascurabile molestia.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Ordinanza del 30 ottobre 2009, n. 23133



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio - rel. Consigliere

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18084/2008 proposto da:

SA. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato DETTORI MASALA GIOVANNA ANGELA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SCHINTU ROBERTO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

CA. QU. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell'avvocato ANTONINI MARIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARRELLA MAURIZIO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 93/2007 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI del 21/02/07, depositata il 06/07/2007;

E' presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'impugnativa proposta da Sa.Gi. avverso il licenziamento disciplinare intimatogli dalla societa' datrice di lavoro Ca. Qu. , per ripetute assenze alla visita di controllo durante il periodo di malattia, era rigettata dall'adito Tribunale di Cagliari, e la pronuncia era poi confermata dalla Corte di appello della stessa sede con sentenza depositata il 6 luglio 2007.

Il giudice del merito rilevava che gli accennati episodi si erano verificati dopo altre mancanze sanzionate con sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione, per cui riteneva sussistente l'ipotesi prevista dall'articolo 74, lettera g) del ceni all'epoca vigente, ove era contemplata come "giusta causa di licenziamento disciplinare la recidivita' nelle mancanze che (avessero) gia' dato luogo a una sospensione per la medesima mancanza, o ad una sospensione per mancanza diversa nei quattro mesi precedenti".

La cassazione della sentenza e' domandata dal lavoratore con ricorso basato su un motivo, cui ha resistito con controricorso la societa' intimata.

Essendosi ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso con il procedimento di cui all'articolo 380 bis c.p.c., e' stata redatta la relazione prevista dalla medesima norma, poi ritualmente comunicata al Procuratore Generale e notificata alle parti costituite.

Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'unico articolato motivo denuncia "omessa motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio", ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e critica la sentenza impugnata per non avere motivato in ordine alla domanda di accertamento circa la sussistenza dell'atteggiamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro nei confronti del ricorrente Sa. e "concretatosi nelle reiterate, quanto inutili richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia". Tali visite, assume il ricorrente, integravano piuttosto che una verifica dello stato di salute del dipendente, "un sistematico e stringente regime di controllo, mirato esclusivamente a stabilire se egli si trovasse in casa orari disposti per legge, mortificando e svilendo totalmente lo spirito della norma, attraverso continue e non trascurabili molestie".

Il ricorso e' inammissibile. Come e' stato gia' evidenziato nella indicata relazione, il ricorrente non ha adempiuto alla prescrizione dettata dall'articolo 366 bis c.p.c., allorche' venga denunciato con il ricorso per cassazione un vizio riconducibile all'ipotesi di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5: in tal caso l'illustrazione del motivo deve contenere l'esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Qui, invece, il fatto controverso del quale si deduce l'omessa motivazione non e' chiaramente indicato, ne' puo' ritenersi che l'indicazione imposta dalla norma possa essere soddisfatta, cosi' come sostiene il ricorrente nella memoria presentata, dal richiamo "all'atteggiamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro nei suoi confronti, e concretatosi nelle reiterate, quanto inutili richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia". La deduzione svolta dal ricorrente, invero, si riferisce piu' che ad un fatto, ad un giudizio su circostanze non specificamente indicate, cioe' i diversi controlli domiciliari nel corso della malattia, contro la differente valutazione del giudice del merito, il quale aveva escluso l'accennato comportamento vessatorio del datore di lavoro, rimarcando che "non e' dato comprendere quali sarebbero state le visite che avrebbero travalicato il corretto esercizio del diritto-dovere di controllo da parte del datore di lavoro, tali da integrare la vessazione, in ordine alla quale nulla e' stato dedotto nel ricorso, senza contare che l'invio delle visite fiscali non e' deciso unilateralmente dal datore di lavoro, bensi' dall'Istituto Previdenziale".

Quest'ultima statuizione non e' censurata, e considerato che il lavoratore si e' limitato a lamentare la reiterazione dei controlli domiciliari durante l'assenza per malattia, senza spiegare perche' la loro ripetizione, la quale pure rientra nell'ambito dell'esercizio del diritto del datore di lavoro di verificare la condizione di malattia del lavoratore preclusiva della prestazione lavorativa, avrebbe costituito "continua e non trascurabile molestia", si deve concludere per l'inammissibilita' del ricorso, oltre che per il profilo gia' rilevato nella relazione ex articolo 380 bis c.p.c., anche per quello della genericita' della censura.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio - rel. Consigliere

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18084/2008 proposto da:

SA. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato DETTORI MASALA GIOVANNA ANGELA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SCHINTU ROBERTO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

CA. QU. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell'avvocato ANTONINI MARIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARRELLA MAURIZIO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 93/2007 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI del 21/02/07, depositata il 06/07/2007;

E' presente il P.G. in persona del Dott. FINOCCHI GHERSI Renato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'impugnativa proposta da Sa.Gi. avverso il licenziamento disciplinare intimatogli dalla societa' datrice di lavoro Ca. Qu. , per ripetute assenze alla visita di controllo durante il periodo di malattia, era rigettata dall'adito Tribunale di Cagliari, e la pronuncia era poi confermata dalla Corte di appello della stessa sede con sentenza depositata il 6 luglio 2007.

Il giudice del merito rilevava che gli accennati episodi si erano verificati dopo altre mancanze sanzionate con sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione, per cui riteneva sussistente l'ipotesi prevista dall'articolo 74, lettera g) del ceni all'epoca vigente, ove era contemplata come "giusta causa di licenziamento disciplinare la recidivita' nelle mancanze che (avessero) gia' dato luogo a una sospensione per la medesima mancanza, o ad una sospensione per mancanza diversa nei quattro mesi precedenti".

La cassazione della sentenza e' domandata dal lavoratore con ricorso basato su un motivo, cui ha resistito con controricorso la societa' intimata.

Essendosi ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso con il procedimento di cui all'articolo 380 bis c.p.c., e' stata redatta la relazione prevista dalla medesima norma, poi ritualmente comunicata al Procuratore Generale e notificata alle parti costituite.

Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'unico articolato motivo denuncia "omessa motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio", ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e critica la sentenza impugnata per non avere motivato in ordine alla domanda di accertamento circa la sussistenza dell'atteggiamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro nei confronti del ricorrente Sa. e "concretatosi nelle reiterate, quanto inutili richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia". Tali visite, assume il ricorrente, integravano piuttosto che una verifica dello stato di salute del dipendente, "un sistematico e stringente regime di controllo, mirato esclusivamente a stabilire se egli si trovasse in casa orari disposti per legge, mortificando e svilendo totalmente lo spirito della norma, attraverso continue e non trascurabili molestie".

Il ricorso e' inammissibile. Come e' stato gia' evidenziato nella indicata relazione, il ricorrente non ha adempiuto alla prescrizione dettata dall'articolo 366 bis c.p.c., allorche' venga denunciato con il ricorso per cassazione un vizio riconducibile all'ipotesi di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5: in tal caso l'illustrazione del motivo deve contenere l'esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Qui, invece, il fatto controverso del quale si deduce l'omessa motivazione non e' chiaramente indicato, ne' puo' ritenersi che l'indicazione imposta dalla norma possa essere soddisfatta, cosi' come sostiene il ricorrente nella memoria presentata, dal richiamo "all'atteggiamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro nei suoi confronti, e concretatosi nelle reiterate, quanto inutili richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di malattia". La deduzione svolta dal ricorrente, invero, si riferisce piu' che ad un fatto, ad un giudizio su circostanze non specificamente indicate, cioe' i diversi controlli domiciliari nel corso della malattia, contro la differente valutazione del giudice del merito, il quale aveva escluso l'accennato comportamento vessatorio del datore di lavoro, rimarcando che "non e' dato comprendere quali sarebbero state le visite che avrebbero travalicato il corretto esercizio del diritto-dovere di controllo da parte del datore di lavoro, tali da integrare la vessazione, in ordine alla quale nulla e' stato dedotto nel ricorso, senza contare che l'invio delle visite fiscali non e' deciso unilateralmente dal datore di lavoro, bensi' dall'Istituto Previdenziale".

Quest'ultima statuizione non e' censurata, e considerato che il lavoratore si e' limitato a lamentare la reiterazione dei controlli domiciliari durante l'assenza per malattia, senza spiegare perche' la loro ripetizione, la quale pure rientra nell'ambito dell'esercizio del diritto del datore di lavoro di verificare la condizione di malattia del lavoratore preclusiva della prestazione lavorativa, avrebbe costituito "continua e non trascurabile molestia", si deve concludere per l'inammissibilita' del ricorso, oltre che per il profilo gia' rilevato nella relazione ex articolo 380 bis c.p.c., anche per quello della genericita' della censura.

In applicazione del criterio della soccombenza (articolo 91 c.p.c.), le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del Sa. .

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 30,00, oltre a euro 1.000,00, (mille/00) per onorari e a spese generali, i.v.a. e c.p.a.
In applicazione del criterio della soccombenza (articolo 91 c.p.c.), le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del Sa. .

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 30,00, oltre a euro 1.000,00, (mille/00) per onorari e a spese generali, i.v.a. e c.p.a.

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