Lo stato di fine lavori in un determinato cantiere edile non legittima il licenziamento del lavoratore che può essere utilizzzato in altri cantieri ancora in attività

Lo stato di fine lavori in un determinato cantiere edile non esclude l'onere del datore di lavoro di fornire la prova di non poter utilizzare il lavoratore in altri cantieri ancora in attività, posto che la chiusura di un unico cantiere non vale a configurare ex se l'esistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, da valutare con riferimento alla complessità dell'impresa. La prova suindicata non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dal lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell'accertamento di un possibile repêchage, mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato; a tale allegazione corrisponde l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità dei posti predetti, da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l'assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 22 ottobre 2009, n. 22417



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - rel. Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23276-2006 proposto da:

TE. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MARESCA Arturo, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VALCANOVER Filippo, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AL. SA. BE. SA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell'avvocato ROMANELLI Guido Francesco, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE BERTOLINI Gianfranco, giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 22/2006 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il 16/05/2006 R.G.N. 13/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/10/2009 dal Consigliere Dott. BATTIMIELLO Bruno;

udito l'Avvocato VALCANOVER Filippo;

udito l'Avvocato ROMANELLI Guido Francesco;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 29 aprile 2005 n. 65 il Tribunale di Trento, in funzione di giudice del lavoro, respingeva la domanda di Al. Sa. Be. Sa. , intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimita' del licenziamento per giustificato motivo oggettivo a lui intimato dalla Te. s.r.l. e la reintegrazione nel posto di lavoro, rilevando che il recesso era conseguito alla chiusura del cantiere edile di (OMESSO), cui il ricorrente era adibito come operaio comune, e alla impossibilita' di una diversa utilizzazione, cosi' come comprovato dalla datrice di lavoro.

2. Tale decisione veniva riformata dalla Corte d'appello di Trento, che, con sentenza del 16 maggio 2006 n. 22, dichiarava l'illegittimita' del licenziamento e condannava la societa' Te. alla reintegra del ricorrente nel posto di lavoro, ovvero, in difetto, a corrispondergli sei mensilita' dell'ultima retribuzione, oltre interessi e rivalutazione dalla data del recesso. A sostegno di tale decisione, i giudici d'appello osservavano che la societa' si era limitata a provare soltanto la chiusura del predetto cantiere di (OMESSO), ma non aveva dimostrato, alla stregua dell'onere imposto al datore di lavoro secondo la giurisprudenza di legittimita', la impossibilita' di un reimpiego in altri cantieri, non essendo sufficiente al riguardo la prova del difetto di nuove assunzioni.

3. Di questa sentenza la societa' domanda la cassazione deducendo tre motivi di impugnazione. Il lavoratore resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 3. Si sostiene che l'onere datoriale di provare l'inutilizzabilita' del dipendente, concernendo un fatto negativo, puo' essere assolto mediante la dimostrazione - fuori da un rigido sistema di prova - di fatti positivi corrispondenti, come il fatto che i residui posti di lavoro siano, al momento del licenziamento, tutti gia' occupati da altri dipendenti e non siano state fatte nuove assunzioni. Si aggiunge che, comunque, sarebbe spettato al lavoratore allegare l'esistenza di altri posti ove essere utilizzato, mediante una specifica indicazione al riguardo.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 3, nonche' vizio di motivazione. Si lamenta che la Corte d'appello abbia ritenuto necessaria la prova dell'inesistenza di altri posti di lavoro in altri cantieri, mentre, in realta', il licenziamento era stato motivato con la situazione di "fine lavoro" nel cantiere edile di assegnazione, di per se' sufficiente a configurare l'esistenza di un giustificato motivo oggettivo di recesso.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della Legge n. 604 del 1966, articolo 3, nonche' vizio di motivazione, lamentandosi che la Corte d'appello non abbia adeguatamente considerato le risultanze della prova documentale riguardo alla piena occupazione esistente negli altri cantieri e non abbia ammesso la prova testimoniale specificamente richiesta in primo grado e in appello.

4. Il ricorso si rivela fondato alla stregua dell'esame congiunto delle censure proposte con i tre richiamati motivi, diretti, in stretta connessione, a dimostrare l'erroneita' della decisione impugnata con riguardo alla prova della impossibilita' di reimpiego del lavoratore.

4.1. Come questa Corte ha precisato in analoghe controversie, lo stato di "fine lavori" in un determinato cantiere edile non esclude l'onere del datore di lavoro di fornire la prova di non potere utilizzare il lavoratore in altri cantieri ancora in attivita', posto che la chiusura di un unico cantiere non vale a configurare ex se l'esistenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, da valutare con riferimento alla complessita' dell'impresa (cfr. Cass. n. 1008 del 2003). Al riguardo, poi, occorre considerare che la sentenza impugnata ha accertato che il lavoratore era stato in precedenza impiegato in altri cantieri, con varie mansioni, dovendosi percio' presumere una certa fungibilita' delle sue prestazioni.

4.2. Tuttavia, si e' anche specificato, nella giurisprudenza di legittimita', che la prova suindicata non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore, che impugni il licenziamento, una collaborazione nell'accertamento di un possibile repechage, mediante l'allegazione della esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato; a tale allegazione, poi, corrisponde l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilita' nei posti predetti, da intendersi assolto anche mediante la dimostrazione di circostanze indiziarie, come la piena occupazione negli altri cantieri e l'assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare (cfr. Cass. n. 9369 del 1996; n. 13134 del 2000).

4.3. A tali principi non si e' pienamente attenuta la sentenza impugnata, che, pure escludendo, correttamente, che la fine dei lavori nel cantiere di assegnazione non configurasse di per se' il giustificato motivo di recesso, ha pero' affermato che le circostanze sopra indicate, e allegate dal datore di lavoro, non fossero comunque idonee all'assolvimento dell'onere probatorio, cosi' omettendo di valutale la relativa documentazione prodotta dalla societa', specificamente indicata anche in questa sede, e mancando, altresi', di acquisire ulteriori elementi probatori mediante mezzi istruttorii, che pure la medesima societa' aveva richiesto.

5. La sentenza va percio' cassata e la causa va rinviata ad altro giudice d'appello, designato nella Corte d'appello di Brescia, per un nuovo esame della controversia alla stregua dei principi di diritto sopra enunciati (sub 4.1. e 4.2.). e mediante gli accertamenti indicati (sub 4.3.).

6. Lo stesso giudice di rinvio provvedere altresi' sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Brescia anche per le spese del giudizio di cassazione.
 

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