Rischia una sanzione disciplinare il notaio che stipula con ececssiva celerità

La preventiva informazione alle parti sugli argomenti posti all'ordine del giorno non può superare il dovere del notaio di controllare alla presenza delle parti della loro volontà e della loro consapevolezza di quanto è posto in votazione. Ne consegue che in fattispecie analoghe il notaio rischia una sanzione disciplinare. (Corte di Cassazione Sezione 3 civile, Sentenza 10.04.2008, n. 9353)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco - rel. Presidente

Dott. TALEVI Alberto - Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MA. GI., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GUIDO D'AREZZO 2, presso lo studio dell'avvocato DI PORTO ANDREA, che lo difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI CUNEO, ALBA, MONDOVI' E SALUZZO, in persona del presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 44, presso lo studio dell'avvocato MAZZOLI PAOLO, che lo difende unitamente all'avvocato PURI PAOLO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

P.M. IN PERSONA DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CUNEO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 7/07 del Tribunale di CUNEO, emessa il 22/03/07, depositata il 23/03/07;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 24/01/08 dal Consigliere Dott. Giacomo TRAVAGLINO;

udito l'Avvocato Andrea DI PORTO;

udito l'Avvocato Maurizio SESTA (per delega Avv. Paolo MAZZOLI);

lette le conclusioni, scritte dall'Avvocato Generale Dott. Massimo FEDELI, confermate in camera di consiglio dal P.M. Dott. LO VOI Francesco, che ha chiesto il rigetto del ricorso ex articolo 375 c.p.c., con le pronunce di legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Consiglio Notarile di Cuneo, con Delib. 5 febbraio 2007, ha inflitto la sanzione disciplinare della censura al notaio Dr. Ma.Gi., addebitandogli di avere fatto illecita concorrenza ai colleghi e di avere compromesso la dignita', il prestigio ed il decoro della classe notarile, violando le disposizioni della Legge 16 febbraio 1913, n. 89 e del Codice deontologico. Il Consiglio ha dichiarato che, nell'arco di tempo compreso tra il (OMESSO), il dr. Ma. aveva redatto 34 verbali di assemblea dei soci di societa' di capitali; assemblee che, per lo piu', avevano avuto una durata estremamente contenuta e, in alcuni casi, una durata che non si era potuta stabilire.

2. Il notaio Ma. ha impugnato il provvedimento ed il tribunale di Forli' ha rigettato l'impugnazione con sentenza del 23 marzo 2007.

3. Il notaio Ma. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria.

Resiste con controricorso il Consiglio Notarile di Cuneo.

Il Pubblico Ministero presso il tribunale di Cuneo non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso si riferisce al punto della decisione in cui il tribunale ha ritenuto che l'estrema brevita' delle assemblee, i cui verbali erano stati redatti dal notaio Ma., costituivano prova, sia pure indiretta, della contestata violazione degli obblighi deontologici e della violazione della Legge Notarile 16 febbraio 1913, n. 89, articolo 147 come contestato.

2. Il tribunale ha dichiarato che nel periodo compreso tra il (OMESSO) il notaio Ma. aveva dedicato a ciascun verbale di assemblea dei soci di societa' di capitali un tempo veramente esiguo e che questo tempo era incompatibile con gli obblighi deontologici posti a carico del notaio e configurava l'illecito di avere tenuto un comportamento sistematicamente frettoloso. La frettolosita' emergeva dal fatto che i pochi minuti dedicati alla formazione di ciascun atto non erano sufficienti neppure alla lettura integrale, da chiunque fosse stata fatta, dei nuovi statuti approvati nelle assemblee.

Quei comportamenti, inoltre, erano sistematici, perche' reiterati per oltre trenta di volte nel volgere alcuni giorni. Il tribunale ha ritenuto: che la circostanza che la condotta tenuta dal notaio si limitava a soli dieci giorni e che questo periodo coincideva con l'approssimarsi della scadenza del termine fissato dalla legge per l'adeguamento degli statuti alla riforma del diritto societario, non escludevano l'illiceita' del comportamento, posto che le ragioni di urgenza, anche eventualmente prospettate dalla clientela, non esoneravano il notaio dall'osservanza degli obblighi deontologici; che il comportamento del notaio determinava un accaparramento della clientela, posto che la condotta indicata era volta al mantenimento del rapporto professionale con i clienti, i quali erano invogliati a continuare a rivolgersi a quello studio notarile proprio per la sua disponibilita' alla redazione di atti in modo frettoloso. La legittimita' della sanzione, infine, risiedeva nella violazione dell'obbligo a carico del notaio di compilare gli atti nel modo piu' congruente alla volonta' delle parti, con lettura a voce chiara e finale domanda di approvazione e dell'obbligo di prestare alle parti la propria assistenza con diligenza ed impegno professionale.

3. Il ricorrente, con il primo motivo del ricorso, sostiene che la sentenza impugnata e' incorsa nell'errore di avere ricavato la conclusione indicata da una presunzione semplice, la durata delle assemblee: censura di violazione e falsa applicazione degli articoli 2727 e 2729 cod. civ. ed illogica o insufficiente motivazione. Egli soggiunge che la durata delle assemblee societarie non e' di per se' elemento costitutivo delle fattispecie indicate nel codice deontologico, trattandosi di elemento neutro e che nella fattispecie non era stata fatta corretta applicazione dei principi in tema di presunzioni, perche' (come illustrato nella memoria), dopo aver desunto dall'unico fatto noto acquisito al giudizio (la durata delle assemblee) comportamenti frettolosi ascrivibili al notaio, da questi stessi comportamenti aveva ulteriormente desunto l'evento dell'accaparramento di clientela da parte dello stesso notaio. Cio' aveva determinato una sopravvalutazione della prova dell'illecita concorrenza nei suoi elementi della frettolosita', della sistematicita' del comportamento e dello accaparramento della clientela. Il notaio Ma., in altri termini, sostiene che la violazione delle norme sull'efficacia delle presunzioni starebbe nel fatto che la prova della concorrenza sleale non sarebbe stata ricavata da fatti certi, cosi' determinando la violazione di regole normative con motivazione insufficiente: censure di violazione e falsa applicazione degli articoli 2727 e 2729 cod. civ. ed insufficiente motivazione su fato controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il motivo non e' fondato.

4. Gli articoli 2727, 2728 e 2729 cod. civ. costituiscono, per chi vi ricorre, uno strumento di conoscenza critica estremamente duttile e potenzialmente espansivo. In particolare, secondo l'articolo 2729 c.c., presupposto del sistema e' una (relativa) certezza di un fatto secondario indiziante, dal quale il giudice puo' ricavare la conoscenza del fatto principale ignorato.

Le presunzioni semplici, quindi, costituiscono uno strumento di conoscenza di fatti determinati anche all'interno di un processo.

Da questa considerazione si ricava che il tribunale non e' incorso nella violazione delle norme denunciate, perche' il procedimento di accertamento seguito e' proprio quello logico ipotizzato in tema di presunzioni.

Non ricorre neppure il vizio dell'insufficiente motivazione, perche' intorno alla valutazione della ricorrenza dei requisiti della precisione, gravita e concordanza richiesti dalla legge, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui e' stata dedotta l'esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice del merito e sono censurabili in sede di legittimita' solo sotto il profilo del vizio di motivazione; lo stesso valga quanto all'esistenza della base della presunzione e dei fatti noti che fanno parte della struttura normativa della presunzione.

Orbene, l'ampia esposizione delle ragioni della decisione, contenuta nella sentenza impugnata, mostra che il tribunale ha esaminato aspetti indicativi della vicenda sui quali fondare la soluzione raggiunta.

5. Con il secondo motivo il notaio Ma. denuncia l'ulteriore errore della sentenza impugnata, nella parte in cui questa ha dichiarato che incombeva sul notaio l'onere della prova che tutti i partecipanti alle assemblee fossero stati informati di quanto era posto in votazione: censura di violazione dell'articolo 2697 cod. civ..

Il ricorrente richiama l'eccezione che il contenuto delle delibere assembleari delle societa' normalmente era stato esaminato prima della riunione assembleare, volendo dire che questa circostanza riduceva i tempi di approvazione, e sostiene che il tribunale e' incorso nell'errore di addebitare a lui la mancanza di prova sul punto.

La censura e' inammissibile.

Il tribunale, infatti, ha rigettato l'eccezione con la doppia motivazione, che la preventiva informazione alle parti sugli argomenti posti all'ordine del giorno non poteva superare il dovere del notaio di controllare alla presenza delle parti della loro volonta' e della loro consapevolezza di quanto era posto in votazione, che questa consapevolezza non era in alcun modo provata.

Di queste due motivazioni nel ricorso e' stata impugnata solo la seconda.

Alla fattispecie, pertanto, e' applicabile il principio secondo il quale, in caso di decisione impugnata fondata su una pluralita' di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il ricorso deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in quanto l'eventuale accoglimento del ricorso non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione impugnata resterebbe ferma in base ad esse: sentenze 9 dicembre 1994, n. 10555, 23 settembre 1996, n. 8405; 26 marzo 2001, n. 4349, tra le altre.

6. In conclusione, l'intero ricorso e' rigettato.

Le spese di questo giudizio sono poste a carico del ricorrente ed in favore del Consiglio Notarile di Cuneo, in base alla regola della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di questo giudizio in favore del Consiglio Notarile di Cuneo, che liquida in euro 3.600,00, di cui euro 100,00 per spese, oltre rimborso forfetario, spese generali ed accessori di legge.

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