Sono utilizzalibili le riprese del lavoratore sospettato di reato

Gli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l'accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell'attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. Pertanto in tal caso non si ravvisa inutilizzabilità ai sensi dell'art. 191 c.p.p. di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorché per ciò sia imputato un lavoratore subordinato.

Corte di Cassazione Sezione 5 Penale, Sentenza del 1 giugno 2010, n. 20722



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSINI Giangiulio - Presidente

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. ROTELLA Mario - rel. Consigliere

Dott. OLDI Paolo - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) BA. DO. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 2478/2008 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 18/05/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROTELLA Mario;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per inammissibilita';

Udito il difensore Avv. GATTI G., in sost. Avv. CALVETTI.

RITENUTO

1 - La Corte di appello di Venezia ha ridotto a m. 6 ree, con generiche equivalenti e riduzione per rito abbreviato, la pena inflitta dal Tribunale di Treviso a Ba. Do. , derubricando l'imputazione di furto aggravato in quella di appropriazione indebita aggravata di una somma di denaro di ammontare tra i 1000 ed i 2000 euro, prelevata dalla cassa dell'esercizio pubblico "(OMESSO)", nel quale prestava lavoro come cassiera.

La motivazione spiega che la prova emerge da videoriprese effettuate con telecamera installata all'interno del bar che, secondo teste di PG, mostrerebbero in due occasioni che la cassiera, dato il resto a cliente, sollevava lo scomparto destinato alla banconote, prelevandone una che infilava in tasca, dopo essersi guardata intorno ed aver chiuso la cassa. E la Corte di merito, con riferimento a giurisprudenza (Cass., Sez. 3, n. 8042/07, Fischnaller), ha respinto eccezione di inutilizzabilita' delle riprese.

Il ricorso denuncia:

1 - inosservanza di norme a pena di inutilizzabilita', in relazione al dettato del Legge n. 300 del 1970, articoli 4 e 38 (Statuto dei lavoratori), perche' la videocamera e' stata collocata senza previo accordo per il controllo dell'imputata nello svolgimento delle sue attivita' lavorative;

2 - vizio di motivazione e violazione di legge in punto di pena perche', pur essendo il delitto gia' aggravato dall'articolo 61 c.p., n. 11, il fatto e' ritenuto grave a fine di quantificazione ed in punto di responsabilita' per l'affidamento a giudizio dell'ispettore Guerra circa quanto si vede dal filmato, mentre gia' e' incerto che si tratti di banconote.

2 - Il 1 motivo di ricorso e' infondato.

Le norme degli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori tutelano la riservatezza del lavoratore nello svolgimento della sua attivita', anche perche' la sua liberta' di comportamento contribuisce al risultato che con il lavoro assicura all'azienda. Percio' stesso, inversamente, la tutela della sua riservatezza si correla all'osservanza del proprio dovere di fedelta'.

In questi termini, sentenza risalente di questa Corte in caso analogo a quello in esame (Sez. 2 pen., n. 8687/85, Gambino), con riferimento alla Legge n. 300 del 1970, articoli 2, 3 e 4, ha riconosciuto che, quando sul lavoratore addetto alla registrazione degli incassi si appuntino sospetti di infedelta', i controlli attivati dal datore di lavoro risultano legittimi, in quanto il comportamento, in tal caso illecito e contrario al dovere di collaborazione, esulando dalla sua specifica attivita', realizza un attentato al patrimonio dell'azienda.

Di seguito questa Corte riconosce in sede civile i cd. "controlli difensivi" nei seguenti termini: "Ai fini dell'operativita' del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attivita' dei lavoratori previsto dalla Legge n. 300 del 1970, articolo 4, e' necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attivita' lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore"(Cass. sez. Legge n. 4746/02, Secur-pol srl / Pizzutelli NI., CED rv. 553469, e v. n. 15892/07, Piluso / Eni spa, che appunto esclude il controllo che abbia per fine proprio le concrete modalita' lavorative).

In sintesi, la finalita' di controllo a difesa del patrimonio aziendale non e' da ritenersi sacrificata dalle norme dello Statuto dei lavoratori.

Passando a questo punto alla questione di inutilizzabilita', il principio si afferma nei seguenti termini: "gli articoli 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l'accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell'attivita' lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. Pertanto in tal caso non si ravvisa inutilizzabilita' ai sensi dell'articolo 191 c.p.p. di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorche' sia percio' imputato un lavoratore subordinata.

Il 2 motivo e' manifestamente infondato e di merito insieme.

Da un lato difatti travisa la valutazione di gravita' intrinseca del fatto per quella circostanziale additiva e propone criteri alternativi in punto di pena.

Dall'altro, in assenza di concrete allegazioni, ripete eccezione meramente suppositiva, volta a porre in via alternativa in sede di mero controllo di legittimita' in discussione la prova per se stessa, non la correttezza del ragionamento dei Giudici di merito, fondato su quanto ha determinato il controllo difensivo della proprieta', il cui esito ha offerto conferma insuperata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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