Commette il reato di minaccia colui che nel corso di un conflitto familiare prospetta al coniuge l'intenzione di far rapire il figlio per trasferirlo all'estero

L'aver prospettato al coniuge, nel corso di un conflitto familiare avente a oggetto anche l'affidamento del figlio minore, l'intenzione di far rapire quest'ultimo per trasferirlo all'estero, integra il reato di minaccia previsto dall'articolo 612 del Cp, in quanto tale condotta è idonea non solo a prospettare un male futuro, ma sicuramente anche a incutere timore alla persona offesa, tenendo conto proprio del contesto conflittuale esistente tra i coniugi.(Corte di Cassazione, Sezione 6 Penale,Sentenza del 18 gennaio 2008, n. 2972)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d'appello di Milano con la decisione in epigrafe ha confermato la sentenza del 6 novembre 2002 con cui il Tribunale di Milano aveva condannato Be. Ka. Sa. alla pena di mesi tre e giorni quindici di reclusione e al pagamento di 200,00 euro di multa per i reati di cui all'articolo 570 c.p., comma 2 e articolo 612 c.p., oltre al risarcimento dei danni in favore della moglie, Za. Ha. , costituitasi parte civile. L'imputato e' stato riconosciuto colpevole dei reati contestatigli per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore Th. , omettendo di versare la somma mensile di euro 300,00 stabilita in via provvisoria dal giudice civile nell'ambito del procedimento di separazione personale, nonche' per avere minacciato la moglie di farle portare via il bambino, alla stessa affidato con provvedimento del Tribunale.

2. Ha presentato ricorso l'imputato, per mezzo del suo difensore di fiducia, deducendo, con un primo motivo, la violazione dell'articolo 570 c.p., in quanto la sentenza non avrebbe rilevato la mancanza di uno dei presupposti del reato, cioe' lo stato di bisogno e, inoltre, non avrebbe neppure considerato la sua incapacita' economica a provvedere ai bisogni del minore;

inoltre, ha dedotto la violazione dell'articolo 612 c.p. e conseguente vizio di motivazione, per avere la sentenza ritenuto sussistente il reato di minacce anche in presenza di una condotta intrinsecamente inidonea a rappresentare un male concreto, in quanto l'imputato, privo di reddito e senza dimora, non avrebbe mai potuto e voluto portare via il minore alla moglie;

infine ha eccepito l'avvenuta prescrizione del reato di minacce.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. I motivi sono manifestamente infondati.

3.1. Quanto al primo dei motivi dedotti, si osserva come la sentenza impugnata abbia bene rappresentato un profilo rilevante della condotta tenuta dall'imputato, il quale ha "prosciugato un proprio conto corrente (per vari milioni di Lire) nell'imminenza della separazione e disdettato il contratto di fornitura elettrica, cosi' costringendo letteralmente al buio i familiari, affidati al soccorso di persone caritatevoli", comportamento sintomatico della oggettiva volonta' di sottrarsi agli elementari doveri di assistenza, soprattutto nei confronti del minore.

Inoltre, la stessa sentenza prende in esame anche la doglianza - riproposta in questa sede dal ricorrente - relativa alla sua incapacita' economica, rilevando che l'imputato percepiva un reddito, che gli consentiva di pagarsi vitto e alloggio in un pensionato (euro 215,00 mensili) e di disporre di un automobile.

Per quanto concerne poi la censura relativa alla pretesa mancanza del presupposto dello stato di bisogno, si osserva che in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la mancata corresponsione dell'assegno per il mantenimento del figlio minore stabilito in sede di separazione dei coniugi integra la fattispecie di cui all'articolo 570 c.p., in base alla presunzione semplice che il minore sia incapace di produrre reddito proprio (tra le tante, v. Sez. 6, 26 marzo 2003, n. 26725, P.G. in proc. D'Onofrio), presunzione suscettibile di essere superata laddove il minore disponga di redditi patrimoniali sempre che non si tratti di retribuzione per attivita' lavorativa, la quale, anzi, costituisce prova dello stato di bisogno.

Deve pertanto escludersi che la sentenza impugnata sia incorsa nelle violazioni di legge dedotte sotto diversi profili dall'imputato.

3.2. Manifestamente infondate sono anche le censure relative al reato di minaccia.

Deve escludersi che la Corte territoriale sia incorsa in un'applicazione erronea dell'articolo 612 c.p. ovvero in un vizio di motivazione: nella specie, la sentenza ha correttamente ritenuto che l'avere prospettato al coniuge l'intenzione di far rapire il figlio minore per trasferirlo all'estero, integra il reato di minaccia previsto dall'articolo 612 c.p., in quanto tale condotta e' idonea non solo a prospettare un male futuro, ma sicuramente ad incutere timore nella persona offesa, tenendo conto che tale condotta e' stata posta in essere nell'ambito di un conflitto familiare, avente ad oggetto anche l'affidamento dello stesso minore. Infatti, la idoneita' della condotta ad incidere sulla liberta' morale del soggetto passivo deve essere valutata secondo un giudizio ex ante, tenendo conto delle circostanze in cui la minaccia si e' verificata.

3.3. Del tutto infondata e' anche l'eccezione di prescrizione del reato di cui all'articolo 612 c.p., rispetto al quale devono applicarsi i termini previsti dall'articolo 157 c.p., prima delle modifiche apportate dalla Legge n. 251 del 2005, per cui, tenuto conto che il reato e' stato commesso il 23.6.2007, deve escludersi che sia estinto per intervenuta prescrizione. In ogni caso, la ritenuta inammissibilita' del ricorso avrebbe comunque impedito di rilevare tale causa di estinzione del reato.

4. La manifesta infondatezza dei motivi determina l'inammissibilita' del ricorso, con la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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