Il bene, acquistato in contanti da parte del coniuge in comunione dei beni, entra necessariamente nel patrimonio comune

L'articolo 179, comma 2, lettera f) attribuisce la natura di beni personali ai "beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio": il riferimento ai "beni sopraelencati", cioe' quelli specificati alle lettera a)-e), non consente di annoverare fra gli stessi il denaro contante, che si trovi nella disponibilita' del coniuge acquirente, senza che dello stesso possa tracciarsene la provenienza, la quale deve essere, per legge, dipendente dalla vendita o permuta (significativo, infatti, che la norma parli di "scambio", non potendosi ipotizzare un tal fenomeno per il possesso del denaro tout court) di uno dei beni di cui alle lettere da a) a e), diversamente, infatti, lo scopo della norma (impedire elusioni del regime della comunione, assicurando, ad un tempo, l'esclusività' dei beni che siano effettivamente personali, nel rispetto della griglia di ipotesi di cui alle lettera a) - c) del comma 2 dell'articolo in esame) resterebbe irrimediabilmente frustrato. Ne deriva che se un coniuge in regime di comunione legale dei beni utilizza denaro di provenienza “non tracciabile” per il pagamento del prezzo di un suo acquisto, il bene oggetto di tale acquisto è assoggettato al regime di comunione legale dei beni, anche se all'atto di acquisto interviene l'altro coniuge il quale dichiari di consentire l'esclusione di tale acquisto dal regime di comunione legale.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 24 ottobre 2018, n. 26981

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