I provvedimenti adottati dal Giudice al momento della separazione dei coniugi sono sempre modificabili e revocabili qualora mutino le condizioni in forza delle quali essi vennero assunti

I provvedimenti adottati dal Giudice al momento della separazione dei coniugi sono sempre modificabili e revocabili qualora mutino le condizioni in forza delle quali essi vennero assunti. Partendo da tale presupposto, deve riconoscersi il diritto del coniuge più debole ad ottenere l'assegno divorzile seppur in sede di separazione non abbia beneficiato di alcun contributo. Difatti, qualora dall'esame della situazione economico-finanziaria delle parti, appare evidente una discrasia tra le stesse, idonea a far venir meno l'autosufficienza precedentemente dimostrata, anche avuto riguardo alla loro capacità lavorativa ed alla possibilità di maturare una pensione idonea a permetterne il sostentamento in età avanzata, va rivisto e riconosciuto il diritto della parte meno abbiente ad ottenere l'assegno divorzile compatibilmente con le possibilità economiche dell'ex coniuge.
(Corte d'Appello Firenze Sezione 1 Civile, Sentenza del 17 luglio 2008, n. 1056)



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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE

PRIMA SEZIONE CIVILE

composta dai magistrati:

1) dott. Aldo CHIARI - Presidente -

2) dott. Giulio DE SIMONE - Consigliere -

3) dott. Edoardo MONTI - Consigliere rel. -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa in grado d'appello

da

- M., rappresentato e difeso dall'avv. Ma.Lu. per delega a margine del ricorso in appello, con domicilio eletto in (...) presso lo studio dell'avv. Gi.Ba.

- appellante -

contro

- A., rappresentata e difesa dall'avv. Ga.Pi.Al. per delega a margine della comparsa di costituzione in primo grado, con domicilio eletto in Firenze presso lo studio di quest'ultima

- appellata -

con l'intervento del

- Pubblico Ministero, rappresentato dal Procuratore Generale della Repubblica avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Firenze in data 24 ottobre 2007 n. 4527

avente ad oggetto: cessazione degli effetti civili del matrimonio sulle seguenti conclusioni:

(omissis)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 28 aprile 2004, essendo maturati i presupposti di legge, M. chiedeva dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio a suo tempo contratto con A. Quanto all'aspetto economico, faceva presente che i coniugi avevano regolato fin dal momento della separazione ogni questione tra loro, con rinuncia della moglie a qualunque richiesta di mantenimento presente o futura a fronte del trasferimento al figlio F. della quota del padre nell'abitazione coniugale.

La donna si costituiva in giudizio chiedendo il riconoscimento di un assegno di mantenimento di almeno Euro 250,00 mensili, evidenziando di non avere redditi sufficienti a garantire un tenore di vita decoroso.

All'esito dell'istruttoria, con sentenza del 24 ottobre 2007, il Tribunale adito pronunciava il divorzio e poneva a carico del M. un contributo di mantenimento di Euro 200,00 mensili rivalutabili, condannandolo altresì al pagamento delle spese processuali.

Con ricorso in appello depositato il 24 aprile 2008, l'uomo lamentava l'ingiustizia della decisione, sottolineando come l'ex moglie fosse sempre riuscita a mantenersi da sé fin dal momento della separazione, avvenuta nel gennaio 2001, mentre la richiesta di un contributo era stata formulata per la prima volta soltanto nel giudizio di divorzio, senza peraltro dimostrare fatti sopravvenuti giustificativi.

Nel costituirsi in giudizio A. chiedeva il rigetto dell'impugnazione, segnalando come l'iniziale rinuncia al sostegno economico del marito non poteva impedire di valutare nell'attualità la sussistenza dei presupposti per l'assegno divorziale.

Sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa veniva discussa e decisa all'udienza camerale odierna.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Non è dubbia in astratto la riconoscibilità dell'assegno divorzile anche a favore del coniuge che, come A., non abbia beneficiato di alcun contributo di mantenimento al momento della separazione. La stessa difesa appellante ammette che "qualsiasi accordo preso in sede di separazione può essere modificato in sede di divorzio" (pag. 5 ricorso in appello), sicché si tratta soltanto di stabilire la sussistenza dei presupposti intrinseci per il riconoscimento dell'assegno divorzile, in particolare verificando se l'autosufficienza economica in precedenza dimostrata dalla A. sia tuttora sussistente o sia venuta meno.

Nella specie - diversamente da quanto ritiene la difesa del M. - fondate ragioni inducono a confermare la risposta affermativa al quesito data dal Tribunale.

Anche il punto di partenza, del resto, ossia la situazione economica della donna al momento della separazione, merita qualche riflessione critica. Pare infatti verosimile che la medesima, preoccupata dell'eventualità che il marito potesse trasferire a terzi la quota del 50% della casa coniugale, abbia allora accettato di affrontare grossi sacrifici, rassegnandosi ad un tenore di vita inferiore a quello consono, pur di assicurare il trasferimento della quota immobiliare in capo al figlio F. con lei convivente.

Venendo all'attualità, occorre ricordare che A. è nata nel 1955 e si trova pertanto nel cinquantatreesimo anno di età. Prima della separazione, essa non ha mai lavorato presso terzi, ma ha dedicato interamente le proprie energie all'attività di casalinga. Dopo la separazione, avvenuta nel 2002, la donna ha trovato occupazione part-time presso un'impresa di pulizie, con retribuzione di circa Euro 500,00 al mese. Attualmente essa è titolare di un contatto a tempo determinato (da settembre a giugno per dieci mensilità), senza garanzia di stabilità e senza alcun beneficio salariale aggiuntivi. E' facile prevedere che il tardivo ingresso nel mondo del lavoro non le consentirà di accedere ad un significativo trattamento pensionistico. Con tutta la buona volontà, l'assenza di qualificazione professionale e l'inesorabile avanzare dell'età rendono irrealistico immaginare un futuro occupazionale più brillante, anzi è più che ragionevole temere difficoltà crescenti nella capacità della donna di procurarsi reddito nel mercato del lavoro.

Per contro, il M. svolge attività di operaio specializzato con contratto a tempo indeterminato, gode delle integrazioni retributive tipiche di tale condizione protetta (tredici mensilità, trattamento di fine rapporto e diritto alla pensione) e ricava un reddito annuale lordo di circa Euro 40.000,00. E' ben vero che egli non è proprietario della casa di abitazione e dunque sopporta un costo di locazione, che tuttavia presumibilmente condivide con la nuova convivente titolare del contratto. Sulla base dei documenti prodotti, l'onere locativo pro quota può essere stimato in circa Euro 400,00, detratti i quali resta comunque sensibile il divario di reddito con l'ex moglie, tale giustificare per l'appunto l'imposizione dell'assegno perequativo di mantenimento nella misura stabilita dal Tribunale.

Se l'impugnazione principale va conseguentemente respinta, sembrano invece fondate le doglianze della difesa appellante per quanto concerne la condanna alle spese processuali di primo grado. Per vero: il fatto che la controparte avesse in sede di separazione rinunciato all'assegno di mantenimento e fosse sempre riuscita a mantenersi in modo autonomo, il fatto che il M. avesse spontaneamente rinunciato alla sua quota di proprietà della casa coniugale a favore del figlio convivente con la madre, il fatto che l'obbligato non sia comunque una persona particolarmente abbiente, ma un operaio il quale sembra avere affrontato il giudizio convinto delle proprie ragioni senza alcun intento speculativo, nonché da ultimo la natura stessa della lite, l'entità relativamente modesta delle pretesa in discussione e infine l'opinabilità delle tesi contrapposte, avrebbero dovuto nel complesso indurre il Tribunale ad evitare una condanna alle spese tanto severa, che pertanto sembra equo riformare nel senso della compensazione integrale.

L'identica conclusione si addice alle spese del grado d'appello, laddove il M. risulta parzialmente vincitore (sul tema delle spese), eppure, per le stesse simmetriche ragioni, si ritiene ingiusta ed eccessivamente penalizzante una condanna seppur parziale della controparte alle spese.

P.Q.M.

la Corte d'Appello di Firenze, sezione I civile, definitivamente pronunciando sull'impugnazione in oggetto, ogni altra domanda, eccezione o deduzione disattesa, in

PARZIALE RIFORMA

della sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in data 24 ottobre 2007 n. 4527 appellata da M. contro A. dispone la compensazione integrale delle spese processuali di primo grado, conferma nel resto sentenza impugnata, spese processuali del grado d'appello interamente compensate.

Così deciso in Firenze il 27 giugno 2008.

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2008.


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