Il genitore affidatario dei figli resta nella casa concesso in comodato dal genitore dell'altro coniuge

Quando un terzo (nella specie: il genitore di uno dei coniugi) abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprieta' perche' sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento - pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio - di assegnazione in favore del coniuge (nella specie: la nuora del comodante) affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica ne' la natura ne' il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, atteso che l'ordinamento non stabilisce una "funzionalizzazione assoluta" del diritto di proprieta' del terzo a tutela di diritti che hanno radice nella solidarieta' coniugale o postconiugale, con il conseguente ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario. Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto e a "concentrare" il godimento del bene in favore della persona dell'assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunita' domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato (diversamente da quello nel quale sia stato espressamente ed univocamente stabilito un termine finale), il comodante e' tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'articolo 1809 c.c., comma 2, (Cass. S.U. 21.7.2004, n. 13603).



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FANTACCHIOTTI Mario - Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere

Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere

Dott. TALEVI Alberto - Consigliere

Dott. LEVI Giulio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GI. MA. LU., elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell'avvocato BIAMONTI PIER LUIGI, che la difende unitamente all'avvocato PRISCO LUIGI MARIA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CA. DA., VE. AN., elettivamente domiciliati in ROMA VIA POMPEO MAGNO 3, presso lo studio dell'avvocato GIANNI SAVERIO, che li difende unitamente all'avvocato ZANCHI MICHELE, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 2143/03 della Corte d'Appello di MILANO, terza sezione civile, emessa il 3/06/03, depositata l'11/07/03, R.G. 3586/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/08 dal Consigliere Dott. LEVI Giulio;

udito l'Avvocato PASTACALDI Marco (per delega Avv. GIANNI Saverio);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO

Con atto di citazione Ca. Au. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano Gi. Ma. Lu. per chiedere che la stessa fosse condannata a restituire l'appartamento sito in (OMESSO), appartamento che nel (OMESSO) aveva concesso in comodato precario al figlio Da., in occasione de suo matrimonio con la Gi. e che la stessa, intervenuta la separazione coniugale e ottenuta l'assegnazione dell'alloggio, rifiutava di riconsegnare, malgrado la racc. 27.10.1993.

Si costituiva la Gi. che si richiamava alla sentenza di separazione che le aveva assegnato l'appartamento.

Il Tribunale di Milano con sentenza 19.10.2000 negava che l'assegnazione della casa coniugale al coniuge separato attribuisse al medesimo un godimento piu' presidiato e garantito di quello inerente al rapporto di cui in narrativa e riteneva che nella fattispecie ricorresse l'ipotesi del comodato per uso determinato, che non poteva considerarsi esaurito e quindi respingeva al domanda. Avverso tale decisione proponevano appello Ve. An. e Ca. Da., eredi di Ca. Au..

Si costituiva la Gi. chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La Corte d'Appello di Milano condannava Gi. Ma. Lu. a restituire agli appellanti l'immobile in oggetto, fissando la data per la riconsegna.

Ricorre per Cassazione Gi. Ma. Lu. con un unico motivo. Resistono gli intimati con controricorso.

DIRITTO

Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente, denunciando omessa e insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, assume che la Corte di merito ha ritenuto che fosse nel caso ravvisabile un comodato senza determinazione di durata poiche' non poteva ricavarsi dall'uso quel termine non espresso che la legge richiede per l'esistenza del comodato ex articolo 1809 c.c., precisando in particolare che un termine desunto dalla concessione di godimento per casa coniugale non potrebbe non ritenersi scaduto con il venir meno della comunione materiale e spirituale fra i coniugi alla cui persistenza il comodante avrebbe nel caso, implicitamente ma inequivocabilmente subordinato la concessione.

In tal modo la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in considerazione il fatto che la possibilita' di usufruire dell'appartamento era stata concessa anche dopo la disgregazione del nucleo familiare, avendo la concessione costituito il fondamento per la richiesta avanzata nella fase di appello di quel giudizio, dal marito Ca.Da., di riduzione dell'assegno di mantenimento posto a suo carico dal Tribunale; assume inoltre la ricorrente che detta richiesta era stata accolta dal Giudice della separazione proprio in considerazione della possibilita' della moglie di continuare a vivere nella casa gia' coniugale.

Questo S.C. osserva al riguardo che si tratta nel caso di qualificazione del rapporto: comodato senza termine di durata, concordato con lo scopo di servirsi dell'immobile concesso in comodato come casa coniugale, con durata quindi vincolata all'esercizio di tale uso.

Ora, secondo la Corte territoriale, l'uso cui sarebbe stato destinato l'immobile non sarebbe idoneo a rappresentare un termine di comodato. Tale comodato non avrebbe, secondo la Corte territoriale, un termine di durata, tant'e' vero che l'utilizzazione, sopra indicata, non permetterebbe di individuare un limite al godimento della cosa comodata. Del tutto generica sarebbe la utilizzazione (casa coniugale), senza altra specificazione, che non puo' che configurare il comodato di che trattasi senza determinazione di durata; l'uso cui la cosa deve essere destinata e' effettivamente sotto il profilo temporale del tutto indeterminato e continuativo.

Tuttavia, recentemente, le S.u. di questa Corte, affrontando la delicata questione della disciplina del comodato concesso per ragioni familiari, senza determinazione di un termine finale, premesso che l'individuazione del vincolo di destinazione in favore delle esigenze abitative familiari costituisce un accertamento di fatto devoluto al Giudice di merito, ha statuito che "quando un terzo (nella specie: il genitore di uno dei coniugi) abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprieta' perche' sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento - pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio - di assegnazione in favore del coniuge (nella specie: la nuora del comodante) affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica ne' la natura ne' il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, atteso che l'ordinamento non stabilisce una "funzionalizzazione assoluta" del diritto di proprieta' del terzo a tutela di diritti che hanno radice nella solidarieta' coniugale o postconiugale, con il conseguente ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario. Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto e a "concentrare" il godimento del bene in favore della persona dell'assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunita' domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato (diversamente da quello nel quale sia stato espressamente ed univocamente stabilito un termine finale), il comodante e' tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'articolo 1809 c.c., comma 2, (Cass. S.U. 21.7.2004, n. 13603).

In altre parole, in questo caso, per effetto della concorde volonta' delle parti, si imprime all'immobile un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e percio' non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilita' di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente ad nutum del comodante. Ora l'impugnata sentenza non e' conforme al principio di diritto sopraesposto (peraltro affermato dopo la sua pronuncia) ed il motivo va accolto; segue la cassazione della sentenza e rinvio della causa ad altro giudice di pari grado (individuato nella Corte di Appello di Milano) che provvedera' all'accertamento ed alle conseguenti statuizioni di cui alla sentenza n. 13603/04 di questa Corte, nonche' alle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia anche per le spese del giudizio di Cassazione alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione.

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