Il lavoro casalingo della madre va considerato nella ripartizione del mantenimento dei figli

Il lavoro casalingo della madre va considerato nella ripartizione del mantenimento dei figli, in quanto
gli obblighi dei genitori in favore della prole non autosufficiente economicamente non si esauriscono in contributi in denaro. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 22 maggio 2009, n. 11903)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere

Dott. PANZANI Luciano - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 27069/2005 proposto da:

DI. CI. RO. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AQUILEIA 12, presso l'avvocato MORSILLO ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

BO. MA. ;

- intimata -

avverso la sentenza n. 3775/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 03/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12.10.2001 - 19.12.2001, il Tribunale di Roma dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto, il (OMESSO), da Di. Ci.Ro. con Bo.Ma. , affidava i figli minori Da. e Fl. alla Bo. , alla quale anche assegnava la casa coniugale ed attribuiva l'assegno divorzile di lire 700.000 mensili, con decorrenza dal novembre 2001, nonche' il contributo di lire 1.600.000 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie, per il mantenimento della prole.

Con sentenza del 13.05-3.09.2004, la Corte di appello di Roma, decidendo, nel contraddittorio delle parti, sul gravame proposto dal Di. Ci. , in parziale riforma della sentenza di primo grado, determinava l'assegno divorzile, a decorrere dal maggio 2004, in euro 300,00, mensili, annualmente rivalutabili, e disponeva che, in aggiunta al contributo economico di mantenimento per i due figli ancora minorenni, che confermava, l'appellante corrispondesse all'ex moglie il 50% delle necessarie spese straordinarie, sanitarie e scolastiche, limitatamente le prime a quelle non coperte dalla polizza assicurativa da lui pagata e le seconde a quelle eccedenti "il buono libro" erogato dal suo datore di lavoro.

La Corte osservava e riteneva tra l'altro:

che con il gravame il Di. Ci. aveva contestato sia che ricorressero i presupposti per l'attribuzione alla Bo. dell'assegno divorzile e sia la congruita' del contributo impostogli per il mantenimento dei due figli, che aveva chiesto di ridurre ad euro 309,87, per ciascuno di loro che sebbene l'appellata non avesse provato il tenore della vita coniugale, tuttavia si poteva ritenere che le parti godessero di un discreto livello economico, dal momento che potevano fare conto sul rilevante reddito del marito, operaio dipendente della Ba. d'. , e non dovevano sostenere oneri locativi, vivendo all'epoca nell'appartamento in comune proprieta'

- che esaminati gli atti e la documentazione fiscale prodotta dalle parti, doveva essere confermato il diritto della Bo. all'assegno in questione, dato il divario esistente tra le condizioni economiche degli ex coniugi, avendo fruito nel 2001 la medesima Bo. , quale infermiera, di un reddito annuo netto pari a circa lire 30.000.000, ed il Di. Ci. , pari, invece, compresi gli straordinari, a lire 70.000.000;

- che l'entita' dell'assegno poteva essere determinata in euro 300,00, a decorrere dal mese di maggio 2004, considerando, oltre alle rispettive condizioni economiche, le diverse esigenze di ciascuna delle parti, la capacita' contributiva del Di. Ci. , l'apporto personale dato dalla Bo. alla conduzione familiare, la durata ultraventennale del matrimonio che quanto al contributo per il mantenimento dei due dei tre figli della coppia, ancora conviventi con la madre e di anni 20 e 14, la quantificazione dei primi giudici, attuata, con decorrenza dall'ottobre 2001, in base alle situazioni reddituali delle parti ed alle esigenze della prole, doveva essere confermata considerata la capacita' contributiva delle parti e tenuto conto che la Bo. gia' provvedeva alle esigenze dei figli mediante l'ospitalita' nella casa da lei gestita e mediante l'accudimento quotidiano.

Avverso questa sentenza il Di. Ci. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 28-10-2005, fondato su due motivi. La Bo. non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il Di. Ci. , premesso anche il richiamo delle contribuzioni convenute con la Bo. il 24.05.1996, all'atto della separazione personale omologata (lire 300.000 mensili in favore della moglie che all'epoca non lavorava, e complessive lire 1.700.000 mensili per i tre figli, di cui lire 500.000 per la figlia piu' piccola) e sottolineato pure che durante il giudizio di divorzio la moglie aveva iniziato a lavorare, deduce: 1. "Insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al primo motivo di appello in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del articolo 5, comma 6, Legge Div. in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Si duole conclusivamente che il diritto della Bo. all'assegno divorzile non sia stato escluso, sostenendo in sintesi: a) il mancato o insufficiente esame in merito al tenore della vita, sul quale nessun mezzo di prova era stato offerto dalla istante all'attitudine lavorativa della Bo. ed alla sufficienza del suo reddito professionale, proveniente da attivita' stabile e di natura pubblica, a soddisfare le sue esigenze anche di vita sociale a fatto che durante la convivenza coniugale la Bo. non aveva lavorato, per cui era stato costretto a svolgere lavoro straordinario al fatto che dopo il divorzio l'ex moglie aveva iniziato a lavorare e che di conseguenza il suo tenore di vita era migliorato a fronte del sensibile peggioramento del proprio al fatto che aveva dovuto pure sostenere spese alloggiativi che il principio di diritto applicato dai giudici di merito, secondo cui "l'assegno periodico di divorzio ha carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua concessione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, intesa come insufficienza dei medesimi e conservargli un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, senza tuttavia che sia necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto" (che, in ipotesi, potrebbe anche essere economicamente autosufficiente) si pone in contrasto con l'articolo 23 Cost., ("nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge"), articolo 29 Cost. ("La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio"), e articolo 35 Cost. (rectius articolo 36 Cost., sugli illustrati connotati della retribuzione) della Costituzione;

b. che e' stato erroneamente e falsamente applicato il criterio secondo cui il coniuge deve mantenere l'analogo tenore di vita adottato in costanza di matrimonio e che aprioristicamente si e' ritenuto che in dipendenza del divorzio la Bo. avesse subito un apprezzabile deterioramento delle sue condizioni di vita.

Il motivo e' in parte infondato ed in parte inammissibile.

Le doglianze che il ricorrente deduce si risolvono, infatti, o in inammissibili generiche ed apodittiche critiche e censure di fatto volte ad un diverso apprezzamento dei medesimi dati, non consentito in sede di legittimita', o in infondati rilievi di non aderenza della pronuncia alle rubricate norme che, invece, risultano ineccepibilmente applicate. In particolare, i giudici di merito hanno ritenuto che il presupposto normativo per concedere l'assegno periodico di divorzio fosse costituito dall'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, cosi' irreprensibilmente attenendosi alle disposizioni contenute nell'articolo 5, comma 6, Legge Div., di cui il Di. Ci. non prospetta l'illegittimita' costituzionale, sollevando, invece, la questione di costituzionalita', soltanto con improprio riferimento ai correlati orientamenti giurisprudenziali, insuscettibili di esserne autonomo e diretto oggetto, prima che con infondato richiamo a norme della Carta fondamentale con evidenza non pertinenti rispetto al citato articolo. Del pari ineccepibilmente, anche per il profilo motivazionale, i giudici di merito hanno, inoltre, apprezzato il deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche della Bo. , sia facendo correttamente riferimento, in mancanza di prova da parte della richiedente, quale parametro di valutazione del pregresso tenore di vita, alla documentazione attestante i redditi dell'onerato (cfr. Cass. 200107068; 200413169) e sia giustamente ponendo a raffronto le condizioni personali ed economiche pregresse ed attuali di ciascuna delle parti, senza nemmeno trascurare le rispettive, diverse situazioni alloggiative.

2. "Violazione e falsa applicazione dell'articolo 148 c.c.. Motivazione contraddittoria in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5".

Si duole della quantificazione del contributo economico impostogli per il mantenimento dei due figli, sostenendo essenzialmente che l'apporto appare eccessivo, considerando anche che entrambi i genitori devono contribuire in misura pari, onde non pervenire ad un regime contraddittorio rispetto alla ripartizione paritaria delle spese straordinarie che incomprensibile e' il criterio di calcolo seguito, pure perche', considerata la pari dazione economica materna, i figli verrebbero a fruire di apporti in denaro eccessivi e sproporzionati rispetto alle loro esigenze che fuori luogo e' il richiamo all'ospitalita' prestata dalla madre nella casa in comproprieta' delle parti, in quanto insuscettibile di quantificazione economica - che la prestazione di attivita' personale o domestica a favore dei figli non costituisce per il genitore che la effettua o che li ospita motivo di esonero dai suoi obblighi.

Il motivo non ha pregio, dal momento che se da un canto si risolve di nuovo in critiche generiche, dall'altro non solo riconduce le doglianze all'erronea impostazione secondo cui gli articoli 148 e 155 c.c., limitano a dazioni economiche le modalita' di assolvimento da parte dei genitori dell'obbligo di mantenere (educare ed istruire la prole di cui all'articolo 147 c.c., smentita, invece, da tali norme che ne prevedono l'assolvimento anche tramite l'apporto di lavoro casalingo (Cass. 199110901), ma inoltre, sempre erroneamente, da risalto, in luogo del considerato apporto casalingo materno, all'ospitalita' prestata ai figli dalla Bo. nella casa che le

appartiene solo in parte.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Non deve pronunciarsi sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo l'intimata svolto attivita' difensiva.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso.

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