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Il provvedimento di affidamento condiviso dei figli non può essere messo in crisi dalla conflittualità tra i coniugi e dal loro comportamento processuale, a meno che l'assegnazione congiunta rischi di provocare un danno allo sviluppo del minore
Pubblicata il 11/04/2014
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 31 marzo 2014, n. 7477
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), nello studio dell'avv. (OMISSIS); rappresentata e difesa dall'avv. (OMISSIS), giusta procura
speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), nello studio dell'avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 85, depositata il 28 gennaio 2009;
sentita la relazione svolta all'udienza pubblica del 15 ottobre 2013 del consigliere dott. Pietro Campanile;
sentito per la ricorrente l'avv. (OMISSIS)i, munito di delega;
sentito per il controricorrente l'avv. (OMISSIS);
udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto dott. Sergio Del Core, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 28 marzo 2007 il Tribunale di Firenze pronunciava la separazione personale dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS); respingeva
le reciproche domande di addebito; disponeva l'affidamento condiviso della figlia minore (OMISSIS), domiciliata presso la madre, dettando
specifica regolamentazione circa gli incontri fra la figlia e il padre, inizialmente mediante l'intervento di un operatore del servizio sociale; poneva a
carico del (OMISSIS) un assegno mensile di euro 300.00 a titolo di contributo per il mantenimento della predetta minore, oltre alla
partecipazione, in ragione di meta', alle spese straordinarie.
1.1 - Avverso tale decisione proponevano appello sia la (OMISSIS) sia, in via incidentale, il (OMISSIS).
1.1.1 - La prima chiedeva l'affidamento in via esclusiva della figlia, l'organizzazione degli incontri della stessa con il padre mediante il servizio
sociale, nonche' l'elevazione della somma posta a carico del marito a titolo di contributo per il mantenimento della minore stessa.
1.1.2 - Il (OMISSIS) chiedeva che la figlia gli fosse affidata in via esclusiva, ovvero che venisse collocata prioritariamente presso di lui; in
subordine che venissero ampliate le possibilita' di frequentazione fra padre e figlia.
1.2 - Nel corso del giudizio venivano avanzate rispettive istanze di natura risarcitoria e di sanzioni ai sensi dell'articolo 709 ter c.p.c..
1.3 - La corte di appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della decisione impugnata disponeva una diversa
regolamentazione delle visite, come da ordinanza emessa in data 8 luglio 2008, elevava il contributo posto a carico del padre ad euro 400,00,
confermando ogni altra statuizione.
Veniva in particolare rilevato, quanto all'affidamento della figlia (OMISSIS), che i conflitti fra i genitori non erano ostativi alla conferma
dell'affidamento condiviso, con domiciliazione della stessa presso la madre.
Si osservava, ancora, che nell'ambito dell'accesa conflittualita' fra i coniugi non era possibile individuare, in relazione alle domande avanzate
reciprocamente ai sensi dell'articolo 709 ter c.p.c., precise responsabilita' e che le circostanze poste alla base delle domanda di addebito della
(OMISSIS) (un episodio di violenza sessuale privo, ad avviso della Corte, di adeguato supporto probatorio, il carattere violento del (OMISSIS) e
l'imposizione, nel menage coniugale, dell'ingerenza della madre del medesimo), si innestavano in una situazione di conflittualita' generata - come
dimostrato dalla brevita' della convivenza - da una forte incompatibilita' di carattere.
1.4 - Per la cassazione di tale decisione la (OMISSIS) propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui il (OMISSIS) resiste con controricorso.
Sono state presentate osservazioni scritte alle conclusioni del P.G. ai sensi dell'articolo 379 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
2 - Con il primo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi
dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al rigetto della domanda di addebito proposta dalla (OMISSIS).
Si sostiene che la Corte di appello abbia trascurato, nel rigettare la domanda di addebito della separazione proposta dalla ricorrente, l'esame dei seguenti fatti decisivi e controversi: la pesante invadenza della suocera nella casa coniugale, non solo non contrastata, ma, anzi, voluta dal marito, il
carattere violento dello stesso, la violenza sessuale subita dalla moglie in data 12 settembre 2009.
2.1 - La censura e' interessata da vari profili di inammissibilita'.
2.1.1 - In primo luogo viene in considerazione la formulazione in forma ellittica dell'indicazione del fatto controverso. Infatti, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni unite, in relazione al vizio di motivazione, l'illustrazione del motivo, ai sensi dell'abrogato articolo
366 bis c.p.c., nella specie applicabile ratione temporis, deve contenere (cfr., ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n.
8897/2008) un momento di sintesi - omologo del quesito di diritto - che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita'.
2.1.2 - Lo stesso motivo, poi, proponendo una diversa lettura delle prove acquisite (richiamate, per altro, in maniera frammentaria), e addirittura
invocando l'autorita' di un mero decreto di rinvio a giudizio emesso in sede penale sulla base delle dichiarazioni della sola (OMISSIS), non attinge la
ratio decidendi della sentenza impugnata, che, prescindendo dalle suindicate circostanze - salvo il rilievo sulla carenza probatoria in ordine all'atto
di violenza sessuale - e' incentrata su una incompatibilita' di carattere dei coniugi, che, superando "il livello stesso di ragionevolezza e di prudenza
che la cultura, anche professionale, dei due interessati autorizza a presumere", anche in assenza di "un serio approfondimento della conoscenza
reciproca", e' emersa, come si desume dalla "troppo breve durata della convivenza coniugale".. "conflittualmente alle prime difficolta' della vita
quotidiana".
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., nonche' vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la ricorrente si duole dell'incongrua
determinazione del contributo per il mantenimento della figlia minore, nonche' della violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il
pronunciato.
3.1 - Viene formulato il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se il giudice di merito possa discostarsi dalle domande formulate dalle parti in
causa, laddove specialmente emerga una convergenza, e il tutto fra l'altro senza motivazione al riguardo. (Nel caso di specie, a fronte delle
indicazioni della parti, convergenti sulla misura dell'assegno di mantenimento per la minore di euro 500,00 mensili - per la madre come misura
minima e per il padre come misura massima - senza tra l'altro alcuna motivazione al riguardo, la Corte ha deciso per euro 400,00 mensili, fissando
altresi' una diversa decorrenza in appello)".
3.2 - Il motivo e' infondato sotto vari profili. Premesso che non si comprende come l'accoglimento parziale di una domanda possa concretare
violazione del principio di cui all'articolo 112 c.p.c., (in termini, cfr. Cass., 17 maggio 1974, n. 1477), va rilevato che nel quesito sembra proporsi una
sorta di operazione aritmetica fra le due contrapposte domande relative alla determinazione dell'assegno, priva di qualsiasi rilievo sul piano
giuridico.
3.2.1 - Con riferimento alla natura della statuizione, deve richiamarsi il costante insegnamento di questa Corte secondo cui nei giudizi di
separazione e di divorzio i provvedimenti necessari alla tutela degli interessi morali e materiali della prole, tra i quali rientrano anche quelli di
attribuzione e determinazione di un assegno di mantenimento a carico del genitore non affidatario, non sono governati ne' dal principio di
disponibilita', ne' da quello della domanda, attese le preminenti finalita' pubblicistiche relative alla tutela e alla cura dei minori, che, pertanto,
possono essere adottati anche d'ufficio (Cass., 10 maggio 2013, n. 11218; Cass., 20 giugno 2012, n. 10174; Cass., 28 agosto 2006, n. 18627; Cass.,
24 febbraio 2006, n. 4205; Cass., 22 novembre 2000, n. 15065).
4 - La terza censura, con la quale, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio
ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la (OMISSIS) si lamenta della conferma dell'affidamento condiviso, nonostante l'esasperata
conflittualita' esistente fra i genitori, e' inammis-sibile non solo per la inadeguata formulazione, come sopra evidenziata, del c.d. "momento di
sintesi", ma anche perche' non attinge l'essenza della motivazione impugnata, secondo la quale "un affidamento esclusivo, a favore dell'uno o
dell'altra, con le conseguenti ripercussioni sul piano dell'esercizio della potesta', non garantirebbe un decantare della litigiosita', ne' per la minore un
avvenire migliore".
5 - Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 155 bis c.c., e articolo 709 ter c.p.c.), nonche' vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3
e 5. Si sostiene che la Corte di appello avrebbe dovuto tener conto del rigetto dei ricorsi proposti dal (OMISSIS) nel corso del giudizio ai sensi
dell'articolo 709 ter c.p.c., ai fini delle valutazioni ai sensi dell'articolo 155 c.c..
5.1 - Viene formulato il seguente quesito: "Dica la Corte laddove: in corso di causa siano proposti ricorsi ex articolo 709 ter c.p.c., volti
all'ottenimento dell'affidamento esclusivo del minore; i ricorsi siano decisi in sentenza unitamente al giudizio principale con la reiezione degli stessi,
in quanto manifestamente infondati; il giudice debba tenerne conto, per il combinato disposto dell'articolo 155 bis c.c., e/o articolo 709 ter c.p.c., ai
fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse del minore e delle conseguenze di cui all'articolo 96 c.p.c., nei confronti del
ricorrente".
5.2 - Premessa l'inammissibilita' della censura proposta sotto il profilo motivazionale, per violazione della disposizione di cui all'articolo 366 bis
c.p.c.; rilevata altresi' la genericita' del riferimento alla responsabilita' aggravata (per altro non configurabile in presenza di soccombenza
reciproca), cui e' riservato un fugace accenno nel solo quesito, deve affermarsi l'intrinseca infondatezza della deduzione secondo cui, mentre si
ribadisce che il provvedimento in materia di affidamento della prole deve essere adottato con riferimento all'interesse esclusivo della medesima, si
richiede che siano desunti elementi di valutazione dal comportamento, anche processuale, di un genitore nei confronti dell'altro, di per se stesso
privo di rilievo ai fini della relativa statuizione, ancorche' sintomatico di aspra conflittualita', ove non risulti che la stessa ponga in serio pericolo
(circostanza neppure indicata nel quesito) l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, in maniera tale da pregiudicare il loro interesse (Cass., 29
marzo 2012, n. 5108).
6 - In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali, liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto
Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.