In tema di disconoscimento della paternità, ove l'azione sia promossa per celamento della gravidanza, l'esperimento della prova ematologica e genetica non è subordinato all'esito positivo della prova della predetta circostanza

In tema di disconoscimento della paternità, ove l'azione sia promossa per celamento della gravidanza, l'esperimento della prova ematologica e genetica non è subordinato all'esito positivo della prova della predetta circostanza, in tal senso deponendo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 235, primo comma, n. 2, cod. civ., imposta dalla dichiarazione d'illegittimità costituzionale del n. 3 dello stesso articolo, nella parte in cui subordinava l'esame delle prove tecniche alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie (cfr. Corte cost., sent. n. 266 del 2006), nonché il rilievo che tale fattispecie si pone come ipotesi parallela all'adulterio, in quanto l'anomalia del comportamento della moglie consente di dubitare, secondo l'"id quod plerumque accidit", che il figlio sia stato generato dal presunto padre.
(Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 6 giugno 2008, n. 15088)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. PANZANI Luciano - rel. Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CO. Gi. , elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie 106 (Studio Valori), rappresentato e difeso dall'avv. Zompi Francesco del foro di Lecce, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

FR. An. Ma. , residente in (OMESSO) (Lecce) CO. Fe. , in persona del curatore speciale avv. Pe. Al. PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI LECCE, in persona del Procuratore Generale pro tempore;

- intimati -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce n. 96/04 del 27 febbraio 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5/5/08 dal Relatore Cons. Dott. Panzani Luciano;

Udito l'avv. Zompi per la ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Martone Antonio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Co. Gi. , premesso di aver contratto matrimonio con Fr. An. il (OMESSO) e che, subito dopo il matrimonio, la moglie aveva mostrato insofferenza nei suoi confronti; che, dopo qualche tempo, ricoveratasi presso l'ospedale di (OMESSO), le era stato accertato un pregresso stato di gravidanza, sino ad allora tenuto celato; che il (OMESSO), dopo oltre otto mesi di gravidanza, aveva partorito un figlio, cui era stato dato il nome di Fe. ; che dalla certificazione medica della Fr. risultava che la stessa alla data del (OMESSO) era incinta di cinque mesi con data dell'ultimo ciclo al (OMESSO); che era evidente il celamento della gravidanza, non avendo egli avuto rapporti sessuali prima del matrimonio; tanto premesso, proponeva azione di disconoscimento di paternita' davanti al Tribunale di Lecce nei confronti della Fr. e del curatore speciale del minore. Instauratosi il contraddittorio, la Fr. deduceva che il Co. era venuto a conoscenza dello stato di gravidanza sin dal (OMESSO) in occasione della visita ginecologica effettuata in presenza del marito presso lo studio del Dott. Ve. . Eccepiva l'inammissibilita' della domanda, dichiarandosi disposta a qualunque accertamento ematologico e genetico.

Il Tribunale dichiarava inammissibile l'azione di disconoscimento.

La Corte di appello di Lecce con sentenza 27.2.2004 respingeva l'appello del Co. . Affermava che non sussisteva il celamento della gravidanza ai sensi dell'articolo 235 c.c., comma 1, n. 3.. La prova del celamento doveva essere data autonomamente, prescindendo dalla prova genetica e/o ematologica che non poteva risolversi in un mezzo meramente esplorativo. Nel caso di specie i fatti allegati dal Co. non erano idonei a dimostrare il celamento, perche' l'appellante era partito dal presupposto, arbitrario, che la nascita del piccolo Fe. all'ottavo mese di gravidanza, dimostrasse il concepimento prima del matrimonio. Nella specie il figlio nato dopo il centottantesimo giorno dalla celebrazione del matrimonio doveva presumersi, ai sensi dell'articolo 232 c.c., concepito in costanza di matrimonio. Dovendosi contare il periodo di gravidanza dall'ultimo ciclo, vale a dire dal (OMESSO), questa alla data dalla nascita era giunta all'ottavo mese, si' che non poteva ritenersi dimostrato che il figlio fosse stato concepito prima del matrimonio. Ed analoghe considerazioni valevano per quanto concerneva il certificato del Dott. Ni. che attestava che alla data del (OMESSO) la gravidanza era giunta al quinto mese.

Era quindi irrilevante stabilire se la Fr. avesse avuto rapporti sessuali prima del matrimonio. La donna aveva affermato che il Co. aveva appreso della gravidanza nel corso di una visita ginecologica cui ella si era sottoposta in sua presenza da parte del Dott. Ve. alla fine del (OMESSO) e il ricorrente non aveva espressamente contestato la circostanza, confermata dalla produzione nel suo fascicolo della relativa documentazione medica.

Era quindi inammissibile la prova dedotta dal Co. diretta a dimostrare che la Fr. gli aveva tenuto celata la gravidanza sino al ricovero ospedaliere presso l'ospedale di (OMESSO). Risultava invece che la Fr. gli aveva comunicato il suo stato sin dalle prime settimane di gestazione. A cio' doveva aggiungersi che la donna aveva dichiarato la sua disponibilita' a sottoporsi ad indagini ematologiche e che il Co. , in alcuni vaglia spediti alla Fr. , si era qualificato come "papa'" di Fe. .

Avverso la sentenza ricorre per cassazione il Co. articolando tre motivi.

La Fr. non ha svolto attivita' difensiva.

Con ordinanza 22.11.2007 questa Corte ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore speciale del minore Co. Fe. , cui il ricorrente ha provveduto ritualmente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 235 c.c.,comma 1, n. 3, e articolo 115 c.p.c., comma 1.

Non risponderebbe a verita' quanto affermato dalla Corte d'appello e cioe' che l'esperimento della prova genetica ed ematologica presuppone l'avvenuta dimostrazione del Celamento della gravidanza. Al rigetto della prova dedotta sarebbe seguita la violazione dell'articolo 115 c.p.c., comma 1.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta ancora violazione dell'articolo 235 c.c.. Se anche non vi fosse stato celamento della gravidanza, ugualmente la prova negativa della paternita' avrebbe dovuto trovare ingresso, trattandosi di fattispecie in cui il marito aveva contratto matrimonio con una donna gia' in stato di gravidanza e si era reso conto, dopo le nozze, che il concepimento era in realta' avvenuto in precedenza ad opera di altri.

Una diversa interpretazione sarebbe in violazione dell'articolo 3 Cost., stante la sostanziale uguaglianza di situazione tra colui che accusa la moglie di adulterio durante il matrimonio e colui che invece le addebita l'infedelta' prematrimoniale non conosciuta prima del matrimonio stesso, da cui e' derivato lo stato di gravidanza.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce difetto e contraddittorieta' della motivazione. La presunzione assoluta di concepimento dettata dall'articolo 232 c.c., non impedisce la prova, attraverso l'azione di disconoscimento della paternita', che il figlio e' stato concepito prima della celebrazione del matrimonio dall'unione con persona diversa dal marito. Era quindi diritto del Co. provare che il concepimento era avvenuto in epoca anteriore al matrimonio, ad opera di altro soggetto, e che vi era stato adulterio o celamento della gravidanza, diritto negato con la mancata ammissione della prova.

Il ragionamento seguito dalla Corte d'appello, nel definire arbitrario l'assunto del Co. che il concepimento fosse avvenuto prima del matrimonio, sarebbe errato perche' se l'ultima mestruazione era avvenuta il (OMESSO), il periodo fertile era da collocarsi, stante la durata inedia del ciclo di 28 giorni, tra l'undicesimo e il quattordicesimo giorno successivi e quindi tra il (OMESSO), con la conseguenza che nel periodo immediatamente successivo al matrimonio, contratto il (OMESSO), la Fr. non era fertile.

Il ricorrente aveva in ogni caso chiesto di essere ammesso alla prova ematologica e genetica e la richiesta era stata respinta in violazione del diritto di difesa.

Ancora la Corte di merito avrebbe motivato in termini contraddittori in ordine al celamento della gravidanza affermando da un lato che di essa era stata data comunicazione al Co. in occasione della visita medica espletata dal Dott. Ve. e aggiungendo dall'altro che la comunicazione era stata fatta nelle prime settimane di gravidanza. La Corte d'appello nel ritenere presente il Co. alla visita medica avrebbe prestato acriticamente fede alla versione dei fatti esposta dalla controparte e non avrebbe considerato che non era provato che la Fr. non fosse a conoscenza prima di tale data del proprio stato interessante, si' che non sarebbe vero che non vi sarebbe stato spazio temporale per il celamento della gravidanza.

2. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi.

Va premesso che nel caso in esame il Co. ha proposto azione di disconoscimento di paternita' ai sensi dell'articolo 235 c.c., comma 1, n. 3, per celamento della gravidanza.

Con riferimento alla diversa fattispecie dell'adulterio, disciplinata dallo stesso articolo 235 c.c., comma 1, n. 3, la Corte costituzionale con la sentenza 6 luglio 2006, n. 266, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma, nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternita', subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta "che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre", alla previa dimostrazione dell'adulterio.

Tale pronuncia, come ha spiegato la stessa Corte Costituzionale nella ricordata sentenza, si e' resa necessaria alla luce del diritto vivente, cioe' dell'interpretazione che della norma era stata data da questa Corte, che aveva ritenuto che l'indagine sul verificarsi dell'adulterio avesse carattere preliminare rispetto a quella sulla sussistenza o meno del rapporto procreativo, con la conseguenza che la prova genetica o ematologica, anche se espletata contemporaneamente alla prova dell'adulterio, poteva essere esaminata solo subordinatamente al raggiungimento di quest'ultima, e al diverso fine di stabilire il fondamento del merito della domanda; con l'ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dell'adulterio, anche in presenza della dimostrazione che il figlio presentava caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, l'azione di disconoscimento della paternita' doveva essere respinta.

La Corte Costituzionale, tenuto conto dei progressi della scienza biomedica che, attraverso le prove genetiche ed ematologiche, e' in grado di accertare l'esistenza o la non esistenza del rapporto di filiazione, ha ritenuto che "Il subordinare - sulla base del diritto vivente in precedenza richiamato - l'accesso alle prove tecniche, che, da sole, consentono di affermare se il figlio e' nato o meno da colui che e' considerato il padre legittimo, alla previa prova dell'adulterio e', da una parte, irragionevole, attesa l'irrilevanza di quest'ultima prova al fine dell'accoglimento, nel merito, della domanda proposta; e, dall'altra, si risolve in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'articolo 24 Cost.. E cio' per giunta in relazione ad azioni volte alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status e alla identita' biologica".

E' evidente che la conclusione cui e' pervenuta la Corte costituzionale, per quanto dettata con riferimento all'ipotesi dell'adulterio, deve applicarsi anche alla parallela fattispecie del celamento della gravidanza, disciplinata negli stessi termini dall'articolo 235 c.c., comma 1, n. 3, alla luce dell'obbligo dell'interprete, piu' volte enunciato dalla Corte Costituzionale, di preferire( tra le plurime interpretazioni possibili di un testo di legge, quella costituzionalmente orientata. Il celamento della gravidanza si pone infatti, nella disciplina dettata dal legislatore, come ipotesi parallela all'adulterio, ove il comportamento della moglie per il suo carattere anomalo consente di dubitare, secondo l'id quod plerumque accidit, che il figlio sia stato generato dal presunto padre. Di qui l'irrazionalita' di una disciplina che subordini il ricorso alla prova ematologica e genetica alla previa dimostrazione dell'esistenza del celamento della gravidanza, in violazione dei principi di libero accesso alla prova e della pienezza del diritto di difesa.

Va aggiunto che subordinare l'accesso alla prova ematologica e genetica alla prova del celamento comporterebbe, dopo la pronuncia della Corte costituzionale, tenuto conto che analoga limitazione non e' stata prevista dal legislatore per i casi di azione di disconoscimento di paternita' disciplinati all'articolo 235 c.c., nn. 1 e 2, che soltanto nel caso che ci occupa la prova ematologica e genetica sarebbe subordinata alla dimostrazione del presupposto che legittima l'esperimento dell'azione, si' che anche sotto questo profilo emerge l'irragionevolezza e la disparita' di trattamento tra ipotesi analoghe.

Nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che il ricorrente non avesse dato la prova del celamento della gravidanza, osservando che, contrariamente all'assunto del Co. , egli aveva appreso dello stato interessante della moglie non in occasione del ricovero presso l'ospedale di (OMESSO), cosi' come aveva sostenuto, ma nel corso di una visita medica ginecologica cui aveva assistito, effettuata dal Dott. Ve. , alla fine del mese di (OMESSO). Il fatto non era stato contestato dal ricorrente, si che poteva ritenersi provato.

Tenuto conto che il matrimonio era stato contratto il (OMESSO), non vi era spazio per ritenere sussistente il dedotto celamento della gravidanza, posto che l'ultima mestruazione si era avuta, come da certificato del Dott. Ni. in atti, il (OMESSO).

Il ricorrente afferma che, nel ritenere che egli sarebbe venuto a conoscenza dello stato di gravidanza in occasione della visita del Dott. Ve. , la Corte d'appello avrebbe aderito acriticamente alla tesi prospettata dall'intimata. In realta' la Corte di merito ha motivato in proposito con riguardo al fatto che il Co. non aveva contestato la circostanza e tale rilievo della Corte d'appello non e' stato oggetto di censura, si che sotto questo profilo il ricorso e' inammissibile perche' non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Tuttavia nell'affermare che tra la fine del mese di maggio, data in cui il Co. venne a conoscenza dello stato interessante della moglie tramite la visita del Dott. Ve. , e la data del matrimonio era trascorso troppo poco tempo perche' si potesse ritenere integrato il celamento della gravidanza, la Corte d'appello ha fatto affermazione illogica. Essa e' infatti partita dal presupposto, indimostrato, che il concepimento fosse avvenuto in costanza di matrimonio, evento certamente compatibile con una gravidanza durata soltanto otto mesi, ma indimostrato. D'altronde la presunzione di concepimento in costanza di matrimonio non puo' essere fatta valere nel caso in cui sia proposta azione di disconoscimento di paternita' nelle ipotesi previste dall'articolo 235 c.c., dovendosi procedere all'accertamento della sussistenza del celamento della gravidanza con il ricorso a tutti i mezzi di prova dedotti dalle parti.

Di conseguenza la Corte d'appello avrebbe dovuto dare ingresso alla prova ematologica e genetica dedotta dal ricorrente, che, alla luce dell'obiettiva incertezza della fattispecie oggetto d'esame, era sicuramente rilevante per accertare il fondamento della domanda ed il ricorso alla quale, per quanto s'e' osservato in precedenza, non era certamente precluso. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione, che pronuncera' anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione, che pronuncera' anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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