Incapacità a testimoniare del coniuge in regime di comunione legale

Il coniuge in regime di comunione legale non è incapace a testimoniare nelle controversie in cui sia parte l'altro coniuge, che abbiano (…) ad oggetto crediti inerenti all'esercizio dell'impresa esclusiva di quest'ultimo.



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELLA Antonio - Presidente

Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ER. Si., rappresentato e difeso dall'avv. CABIDDU Mario ed elett.te dom.to presso il suo studio in Cagliari, Via Rossini n. 6/A;

- ricorrente -

contro

LU. Qu., rappresentato e difeso dagli avv.ti SCIARRA Franco ed Enrico Cicciotti ed elett.te dom.to presso quest'ultimo in Roma, Via Virgilio n. 8;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 162/03, depositata il 24 maggio 2003 e notificata il 22 ottobre 2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18 gennaio 2008 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 28 febbraio 1992 il sig. Lu.Qu. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Presidente del Tribunale di Cagliari, su richiesta del sig. Er.Si., per il pagamento di lire 6.800.000 a titolo di rimborso del prezzo della fornitura di due partite di legna da ardere in effetti mai eseguita dall'intimato. Dedusse che, invece, la merce era stata regolarmente consegnata all'acquirente sig. Er..

Quest'ultimo resistette, e il Tribunale cagliaritano revoco' il decreto, essendo stata implicitamente proposta in giudizio una domanda - da proporsi, invece, necessariamente con le forme ordinarie - di risoluzione della vendita per inadempimento del venditore; condanno', tuttavia, ugualmente l'opponente al pagamento della somma in questione, ritenendo che non fosse stata fornita la prova della consegna della merce, data l'inidoneita' all'uopo dei documenti prodotti dall'opposto - fatture e bolle di accompagnamento - che menzionavano importi diversi.

Il gravame del sig. Lu. - che lamentava il rigetto della sua domanda nonostante la prova costituita dai documenti fiscali, attestanti la regolare consegna della merce, e il risultato della prova testimoniale - e' stato accolto dalla Corte di appello di Cagliari, nel contraddittorio con il sig. Er., in base all'esito della prova testimoniale dedotta dall'appellante ed assunta nel giudizio di secondo grado, dalla quale risultava, secondo la Corte, la effettiva esecuzione della fornitura.

In particolare la Corte, nel valutare l'attendibilita' della testimonianza della moglie dell'appellante e nel preferire la versione dei testi dal medesimo indicati - secondo cui vi erano state due consegne di legna - a quella dei testi indicati dall'appellato - secondo cui la consegna era stata una sola - ha utilizzato a riscontro le due bolle di consegna della merce "firmate dal destinatario". Ha, inoltre, escluso che fosse significativa la differenza tra l'importo pagato dal sig. Er. e quello risultante dalle due fatture, in quanto era verosimile che la prima corrispondesse al pagamento solo di un acconto sul corrispettivo pattuito, mentre era invece significativo che l'assegno con cui era stato eseguito il pagamento recasse la stessa data della prima delle due fatture.

Avverso la sentenza di appello ricorre il sig. Er. per quattro motivi, cui resiste con controricorso il sig. Lu..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo, deducendo violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, il ricorrente censura l'affermazione della Corte di appello secondo cui le due bolle di consegna recavano la firma del destinatario della merce. Deduce che la sottoscrizione, invece, non esisteva, quantomeno sulla seconda delle due bolle, e che i giudici di appello hanno utilizzato un elemento non compreso nel motivo di gravame e sul quale non si era svolto alcun contraddittorio.

2. - Con il secondo motivo di ricorso si censura, pertanto, la sentenza impugnata anche per aver basato proprio su quella sottoscrizione la preferenza espressa per la tesi dei testi di parte appellante.

3.1. - Il primo motivo e' inammissibile nella parte in cui denuncia la insussistenza della sottoscrizione del destinatario nelle due bolle di consegna (o almeno nella seconda). Il vizio cosi' denunciato e', all'evidenza, un vizio revocatorio - dunque da dedurre con il rimedio della revocazione, non del ricorso per Cassazione - atteso che ha ad oggetto una mera svista dei giudici di appello, ossia l'affermazione, da parte loro, di un fatto - l'esistenza della sottoscrizione del destinatario sulle bolle - incontrovertibilmente smentito (in ipotesi) dai documenti in atti, e che non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata (articolo 395 c.p.c., n. 4).

3.2. - Il medesimo motivo e' infondato nella parte in cui adombra un vizio di extrapetizione per non essere stata dedotta, con l'atto di appello, la sottoscrizione delle bolle. Il giudice di secondo grado, infatti, era stato indubbiamente investito della questione dell'esecuzione o meno della fornitura, e tanto bastava perche' la risolvesse - dato il potere dovere di riesame del merito spettante al giudice di appello - in base a tutti gli elementi, documentali e testimoniali, messi a sua disposizione dalle parti, anche a prescindere da una specifica sottolineatura di taluno di essi da parte dell'appellante.

3.3. - Quanto sopra chiarito toglie fondamento, altresi', al secondo motivo di ricorso, incentrato appunto sulla deduzione - inammissibile, per quanto detto - della insussistenza della piu' volte richiamata sottoscrizione.

4. - Con il terzo motivo si denuncia violazione di norme di diritto per avere i giudici di appello omesso di dichiarare l'eccepita incapacita' a deporre della moglie dell'appellante pur essendo i coniugi in regime di comunione dei beni.

5. - Il motivo e' infondato, atteso che il coniuge in regime di comunione legale non e' incapace a testimoniare nelle controversie, in cui sia parte l'altro coniuge, che abbiano - come quella che ci occupa - ad oggetto crediti inerenti all'esercizio dell'impresa esclusiva di quest'ultimo: tali cespiti, infatti, diventano comuni ai coniugi solo al momento dello scioglimento della comunione e nei limiti in cui ancora sussistano (articolo 178 c.c.), sicche' non puo' dirsi che il teste sia titolare di un interesse che ne legittimi la partecipazione al giudizio, agli effetti ci cui all'articolo 246 c.p.c., (Cass. 4532/2004).

6. - Con il quarto motivo si deduce insufficienza e contraddittorieta' della motivazione la' dove la sentenza afferma: a) che dalla circostanza della costante presenza del sig. Er. nel deposito presso cui sarebbero state eseguite le consegne, riferita dai testi di parte appellata, si ricaverebbe che le consegne sarebbero state effettivamente due e sarebbero state fatte all'appellato; b) che la discordanza tra la somma pagata dal sig. Lu. e quella indicata nelle fatture non sarebbe significativa per le ragioni sopra riferite in narrativa. Ad avviso del ricorrente mancherebbe un nesso di consequenzialita' tra le premesse e le conclusioni trattene dai giudici.

7. - Il motivo e' inammissibile. Nella sentenza impugnata, infatti, l'affermazione della duplicita' delle consegne e' posta in relazione logica con la complessiva valutazione delle risultanze documentali e testimoniali (nei sensi sopra riferiti in narrativa), e non con la circostanza della costante presenza dell'Er. nel luogo in cui esse erano avvenute. Per il resto, le censure del ricorrente non deducono, in realta', alcun vizio logico, ma propongono una pura e semplice rivisitazione - non consentita a questa Corte - delle valutazioni sugli elementi di prova compiute dai giudici di appello.

8. - Il ricorso va pertanto respinto, con condanna del soccombente alle spese del giudizio di legittimita', liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 1.600,00, di cui euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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