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L'interesse del figlio minore infrasedicenne al riconoscimento della paternità naturale è definito dal complesso dei diritti che a lui derivano dal riconoscimento stesso, e, in particolare, dal diritto all'identità personale
Pubblicata il 09/04/2008
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere
Dott. GIULIANI Paolo - Consigliere
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - rel. Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BA. FE., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso l'avvocato NARDONE Lorenzo, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARCUCCI PILLI DANIELA, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
LU. GI., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BETTOLO 6, presso l'avvocato CALIO' ANTONIO, rappresentato e difeso dall'avvocato AMMANNATI Marco, giusta procura in calce del controricorso;
- controricorrente -
contro
MI. PA. PI., quale curatore del minore BA. LO., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1064/06 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata l'11/05/06;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/07/2007 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con sentenza del 7 ottobre 2005, il Tribunale per i minorenni di Firenze, in accoglimento del ricorso depositato da Lu. Gi., volto ad ottenere giudizialmente il consenso al riconoscimento del figlio naturale Ba.Lo., nato nel mese di (OMESSO) del (OMESSO), gia' riconosciuto dalla madre Ba.Fe., autorizzo' il riconoscimento.
La sentenza fu appellata da quest'ultima, che richiese che al Lu. fosse negata l'autorizzazione al riconoscimento in considerazione dell'interesse prioritario del minore, nei cui confronti il padre naturale si sarebbe proposto solo tardivamente, a distanza di diversi anni dalla nascita dello stesso, senza avergli in precedenza prestato assistenza o sostentamento morale e materiale, e, pertanto, si sarebbe presentato come figura negativa e perturbante.
2. - La Corte d'appello di Firenze, con sentenza depositata l'11 maggio 2006, confermo' la decisione del Tribunale, rilevando come dalla documentazione in atti si evincesse che il Lu., sul quale il Servizio sociale aveva espresso un giudizio positivo ed incoraggiante, aveva ripetutamente cercato di instaurare un rapporto significativo con il figlio, dopo la iniziale difficolta' avvertita di ricoprire il ruolo genitoriale, dovuta alla giovanissima eta' dello stesso Lu., appena diciottenne all'epoca della nascita del bambino; laddove l'atteggiamento di totale preclusione della madre, che, nel frattempo, aveva costituito un altro nucleo affettivo, aveva reso piu' difficile il recupero di una sempre auspicabile bigenitorialita'. Ne' vi era traccia, secondo la Corte di merito, di un turbamento psicofisico del minore da ricollegare al preteso disinteresse del padre nei suoi confronti. Nemmeno poteva, in considerazione dell'eta' del minore, ravvisarsi, secondo la Corte, in ipotesi di cambiamento del cognome, la necessita' di salvaguardarne la identita'. Per converso, e proprio nell'ottica dell'interesse del minore, non poteva non tenersi conto della portata ampiamente positiva, dal punto di vista sociale, relazionale e personale, dell'essere lo stesso indicato come figlio di entrambi i genitori.
Del resto, rilevo' ancora la Corte toscana, la tutela accordata dal legislatore al diritto del padre biologico di riconoscere il proprio figlio naturale gode di copertura costituzionale.
3. - Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Ba. sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato anche da successiva memoria. Ha resistito con controricorso il Lu..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Deve, preliminarmente, dichiararsi la irricevibilita', ai sensi dell'articolo 372 cod. proc. civ., comma 1, dei documenti depositati contestualmente al controricorso, in quanto la predetta disposizione del codice di rito non ammette, nel giudizio di legittimita', il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne che di quelli che riguardano la nullita' della sentenza impugnata e l'ammissibilita' del ricorso e del controricorso.
2.1. - Con l'unica, articolata censura, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 250 cod. civ., comma 4, nonche' omessa e/o insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio. La Corte di merito avrebbe attribuito, nella propria decisione, valore preminente al diritto del genitore di riconoscere il proprio figlio rispetto a quello del minore al riconoscimento: diritto, quest'ultimo, del pari costituzionalmente garantito, ma di rango piu' elevato, ed al quale anche il diritto del genitore va sacrificato. Nella specie, pertanto, la indagine da compiere non avrebbe dovuto essere tanto quella sulla figura del padre, o sui rapporti tra lui e la madre del minore, quanto, piuttosto, quella sulle eventuali ripercussioni che la intermittenza dei rapporti tra padre e figlio, e la ricomparsa del primo, a distanza di anni, nella vita del figlio potesse avere sullo stesso, si' da incidere sul suo sviluppo psico-fisico. L'interesse del minore avrebbe potuto essere accertato solo con un'apposita c.t.u. psicologica sul minore stesso, infatti reiteratamente richiesta dalla attuale ricorrente, in primo grado come nel giudizio di appello: richiesta non ammessa dalla Corte toscana (nonostante la produzione di una perizia di parte che evidenziava il turbamento che l'irrompere sulla scena del padre naturale avrebbe potuto generare nel bambino), cosi' come non erano state ammesse talune deposizioni volte a fornire la prova, in concreto, della incidenza negativa che sulla vita del figlio avrebbe potuto svolgere il rapporto con un padre fino ad allora del tutto disinteressato.
2.2. - Nel ricorso, si formula, conclusivamente, il seguente quesito di diritto: "se l'interesse del figlio, di cui all'articolo 250 cod. civ., comma 4, debba intendersi come mero interesse ovvero in esso debba essere ricompreso ogni diritto costituzionalmente garantito del minore, fra cui il diritto alla integrita' psico-fisica, se l'interesse del figlio debba considerarsi esistente astrattamente ovvero esso debba essere oggetto di indagine da parte del giudice del merito, al fine di escludere comunque la lesione dei diritti del minore, ed in particolare l'esistenza di un danno alla sua salute psicofisica, e se, infine, di fronte a questi ultimi diritti, quello del genitore a riconoscere tardivamente il figlio possa essere sacrificato.
3.1. - Il ricorso non e' meritevole di accoglimento.
3.2. - Il riconoscimento del figlio naturale minore infrasedicenne gia' riconosciuto da un genitore costituisce - come ripetutamente sottolineato da questa Corte - oggetto di un diritto soggettivo dell'altro genitore, costituzionalmente garantito dall'articolo 30 Cost., entro i limiti stabiliti dalla legge (articolo 250 cod. civ.), cui rinvia la Costituzione, che non si pone in termini di contrapposizione con l'interesse del minore, ma come misura ed elemento di definizione dello stesso, che e' segnato dal complesso dei diritti che al minore derivano dal riconoscimento e, in particolare, dal diritto all'identita' personale nella sua integrale e precisa dimensione psicofisica. Pertanto il mancato riscontro di un interesse effettivo e concreto del minore non costituisce ostacolo all'esercizio del diritto del genitore ad ottenere il riconoscimento, nel caso di opposizione del genitore che per primo ha proceduto al riconoscimento, in quanto detto interesse va valutato in termini di attitudine a sacrificare la genitorialita', riscontrabile soltanto qualora si accerti l'esistenza di motivi gravi ed irreversibili che inducano a ravvisare la forte probabilita' di una compromissione dello sviluppo del minore, che giustifichi il sacrificio totale del diritto alla genitorialita' (v., sul punto, Cass., sentenze n. 23074 e n. 2878 del 2005, n. 21088 del 2004, n. 11949 del 2003).
La relativa verifica, che deve, ovviamente, essere compiuta in concreto, e' rimessa al giudice del merito, le cui conclusioni, ove logicamente e compiutamente motivate, si sottraggono ad ogni sindacato da parte di questa Corte.
3.3. - Deve, alla stregua di quanto fin qui esposto, affermarsi il seguente principio di diritto: "L'interesse del figlio minore infrasedicenne al riconoscimento della paternita' naturale, di cui all'articolo 250 cod. civ., e' definito dal complesso dei diritti che a lui derivano dal riconoscimento stesso, ed, in particolare, dal diritto alla identita' personale nella sua precisa ed integrale dimensione psicofisica. Pertanto, in caso di opposizione al riconoscimento da parte dell'altro genitore, che lo abbia gia' effettuato, il mancato riscontro di un interesse del minore non costituisce ostacolo all'esercizio del diritto del genitore richiedente, in quanto il sacrificio totale della genitorialita' puo' essere giustificato solo in presenza di gravi ed irreversibili motivi che inducano a ravvisare la forte probabilita' di una compromissione dello sviluppo del minore, ed in particolare della sua salute psico-fisica. La relativa verifica va compiuta in termini concreti dal giudice del merito, le cui conclusioni, ove logicamente e compiutamente motivate, si sottraggono ad ogni sindacato di legittimita'".
3.4. - Di tale principio la Corte di merito ha fatto, nella specie, buon governo. Essa ha, infatti, anzitutto, accertato, sulla scorta dei dati probatori acquisiti al suo vaglio, che il padre del piccolo Lo. non e' affatto quella figura "perturbante e negativa" che l'attuale ricorrente aveva descritto. Tale conclusione trova conforto non solo nei ripetuti tentativi compiuti dal Lu. di instaurare un rapporto significativo con il figlio, e, cosi', di riconquistare il proprio ruolo genitoriale, ma altresi' nei giudizi espressi dal Servizio sociale nei suoi confronti, i quali testimoniano dell'assenza in lui di alcun atteggiamento amorale o asociale.
A fronte di tale complessivo quadro probatorio, acquisito al suo esame e della cui valutazione ha dato conto con motivazione adeguata ed esaustiva, la Corte ha escluso che alcun rilievo possa essere attribuito al presunto, iniziale disinteresse del Lu. verso il figlio, desunto dalla madre del bambino dalla discontinuita' delle relazioni interpersonali tra il padre ed il piccolo: atteggiamento ragionevolmente attribuito, piuttosto, dalla Corte toscana, alla difficile situazione nella quale erano venuti a trovarsi i genitori di Lo., ancora giovanissimi, studenti ed economicamente dipendenti dalle rispettive famiglie, e, in particolare, alla immaturita' dell'allora diciottenne Lu.. In siffatta situazione, il giudice di secondo grado, stigmatizzato l'atteggiamento della Ba. di totale chiusura verso un recupero del rapporto tra padre e figlio, ha escluso che la lamentata presa di distanza del Lu. dalla nascita del bambino costituisca motivo sufficiente a sacrificare il diritto del primo ad esercitare un ruolo nella vita futura del secondo, avuto riguardo alla mancanza di alcun elemento idoneo a comprovare l'asserito grave turbamento psicofisico che al minore sia derivato dal preteso disinteresse mostrato dal padre verso di lui, che non sia piuttosto derivato dalla sua forzata lontananza dal bambino, verificatasi negli ultimi due anni per effetto della condotta della madre.
3.5. - In relazione a tale articolata esposizione delle ragioni che sorreggono con adeguato percorso logico la conclusione ora censurata, la ricorrente contesta, tra l'altro, la mancata effettuazione di una c.t.u. psicologica sul minore, come la mancata ammissione di una serie di deposizioni testimoniali volte a fornire la prova del comportamento del Lu..
Ma, per smentire la fondatezza del rilievo, e' sufficiente sottolineare che la Corte Territoriale, lungi dall'obliterare le richieste istruttorie, ne ha adeguatamente motivato la superfluita' al fine della verifica cui essa era chiamata, concludendo, quanto alla c.t.u., che essa era addirittura inopportuna perche' avrebbe finito per ripercuotersi negativamente sul minore, e, con riguardo alle ulteriori richieste, che i capitoli di prova formulati, atteso il tenore degli stessi, non avrebbero in nessun caso offerto un contributo serio alla dimostrazione rigorosa della sussistenza attuale di motivi gravi ed irreversibili che inducano a ritenere probabile una forte compromissione della crescita psicofisica del minore derivante dalla ripresa dei rapporti con il padre.
3.6. - La pronuncia impugnata da, infine, conto puntualmente delle ragioni del proprio convincimento in ordine alla mancanza di alcun pregiudizio per il minore dall'eventuale acquisizione del cognome paterno, avuto riguardo alla giovanissima sua eta', e, quindi, per un verso, alla modesta entita' del suo entourage sociale, per l'altro, alla inesistenza della necessita' di salvaguardare la sua identita', ancora in itinere.
Per converso, la Corte di merito ha posto in evidenza l'interesse del minore a sapere di non essere figlio di padre ignoto, nonche' ad essere indicato come figlio di entrambi i genitori, ed il contributo al suo corretto sviluppo psico-fisico che potra' offrire l'apporto affettivo, educativo ed assistenziale del padre.
4. - Conclusivamente, a fronte di una cosi' puntuale ed articolata esposizione delle ragioni che lo hanno motivato, l'apprezzamento del giudice di secondo grado non e' suscettibile di censure ad opera di questa Corte.
5. - Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimita', liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2100,00, di cui euro 2000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessori di legge.