La casa utilizzata dai coniugi durante i periodi di vacanza non può essere considerata la residenza familiare e, pertanto, non può essere assegnata a uno dei due in sede di separazione

La casa utilizzata dai coniugi durante i periodi di vacanza non può essere considerata la residenza familiare e, pertanto, non può essere assegnata a uno dei due in sede di separazione. Al fine dell'assegnazione a uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché era unita. L'assegnazione, infatti, rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro bene di cui i coniugi avessero la disponibilità.

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 4 luglio 2011, n. 14553



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. BERNARDI Sergio - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11289/2010 proposto da:

IA. AN. (c.f. (OMESSO)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUTEZIA 5, presso l'avvocato ROMEO RODOLFO, rappresentato e difeso dall'avvocato SANTOSTEFANO NICOLA, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

SU. IM. ;

- intimata -

avverso la sentenza n. 6/2010 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 25/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato N. SANTOSTEFANO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza non definitiva in data 5.5.2006, ha pronunciato la separazione personale dei coniugi Ia. An. e Su. Im. e, con sentenza definitiva dell'11.7.2008, ha provveduto sulle domande reciproche di addebito, respingendole, sull'affidamento congiunto dei figli minori, di cui ha disposto la continuazione della convivenza con la madre e sulla richiesta di contributo per il mantenimento. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza depositata il 25.2.2010, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, accogliendo la richiesta della Su. di assegnazione dell'abitazione familiare sita in (OMESSO).

Per quanto ancora interessa, ha osservato la Corte di merito che il Tribunale aveva fondato la propria decisione negativa in ordine all'assegnazione dell'abitazione sul rilievo che, in realta', la casa sita in (OMESSO) non aveva mai costituito l'abitazione coniugale. Infatti, dal 1992 sino al 2002 certamente l'unica abitazione coniugale era stata quella di (OMESSO), ossia quella dei genitori della Su. , mentre tra il 2002 (data di acquisto dell'abitazione di (OMESSO), allo stato di rustico) ed il 2004 la suddetta abitazione era stata oggetto di lavori di completamento al fine di renderla abitabile, ed era stata sicuramente anche utilizzata dai coniugi Ia. - Su. , "ma, verosimilmente, nel solo periodo estivo, data la sua collocazione geografica", mentre nel 2005 la Su. si era trasferita con i figli nel Nord Italia ed aveva iniziato il giudizio di separazione (30 giugno 2005).

Pertanto, secondo il Tribunale, la suddetta abitazione non aveva mai costituito l'abitazione coniugale. La Corte di merito ha ritenuto di non poter condividere tale ragionamento, pur essendo indubbio che l'abitazione di (OMESSO) fosse stata "di fatto l'abitazione coniugale, ma soltanto perche' i coniugi non avevano ancora acquistato una propria abitazione da adibire a sede della famiglia". Secondo la Corte di appello l'acquisto della casa di (OMESSO), per l'importo del prezzo di acquisto, del relativo mutuo acceso, della tipologia di arredamento, denotava la volonta' dei coniugi di adibire il fabbricato - acquistato allo stato rustico - a futura abitazione coniugale.

Tale aspettativa, "peraltro concretizzata da una limitata abitazione dell'immobile", doveva certamente farsi rientrare tra le aspettative del nucleo familiare e, quindi, anche dei figli, cui non poteva "certo negarsi la possibilita' di vivere in un proprio contesto abitativo". In questo senso, pertanto, non poteva condividersi "la decisione del Tribunale di ritenere unica abitazione coniugale quella di (OMESSO) escludendo - a causa del sopravvenire della crisi matrimoniale (certamente non programmato dai coniugi, i quali diversamente non avrebbero assunto onerose obbligazioni per l'acquisto della villa) - la casa sita in (OMESSO), ove presumibilmente e ragionevolmente si erano appuntate le aspettative in argomento dei genitori ma anche dei figli". E' principio pacifico e consolidato in giurisprudenza - ha concluso la Corte di merito u' "che l'assegnazione della casa coniugale e' finalizzata esclusivamente alla tutela della prole a rimanere nell'ambiente domestico in cui e' cresciuta, inteso come centro degli affetti, interessi e consuetudini nei quali si esprime e si articola la vita familiare".

Nel caso di specie, sebbene l'abitazione di (OMESSO) non avesse potuto costituire "quel centro di affetti, interessi e rapporti la cui esistenza e permanenza solitamente legittimano l'assegnazione al coniuge presso cui sono domiciliati i figli", era indubbio che il privare gli stessi, gia' costretti a subire le conseguenze della crisi familiare, anche della possibilita' di avere, comunque, quel proprio centro di affetti ed interessi appariva "contrario al loro prevalente interesse". Contro la sentenza di appello Ia. An. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Non ha svolto difese l'intimata.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto dell'assegnazione della casa coniugale nonche' per omessa, insufficiente ed errata motivazione su un punto decisivo della controversia ed omesso esame di circostanze decisive per la soluzione della lite, con riferimento all'attribuzione della casa coniugale alla moglie; nonche' per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, nella specie articolo 155 quater c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3).

Deduce che l'assegnazione della casa familiare, rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, e' consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi abbiano la disponibilita'. Di conseguenza, la Corte di merito avrebbe dovuto respingere la domanda della resistente volta a vedersi assegnata come casa coniugale un appartamento (quello sito in (OMESSO)), differente da quello in cui la famiglia aveva vissuto (sito in (OMESSO), abitazione dei genitori della Su. ).

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 155 quater c.c., o, comunque, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa l'indicato fatto controverso e decisivo per il giudizio, (articolo 360 c.p.c., n. 5).

Deduce che la Corte di appello ha omesso di motivare in merito alla sussistenza dei presupposti ex articolo 155 quater c.c., "assegna a Su. Im. , quale abitazione coniugale....la casa sita in (OMESSO)", senza indagare e motivare in ordine alla dedotta insussistenza, nel luogo indicato dalla sig.ra Su. , dell'"habitat domestico e familiare" necessario ai fini della stessa assegnazione.

2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione perche' omessa e/o insufficiente circa un punto decisivo della controversia, con riferimento alla mancata considerazione, rispetto alla decisione di assegnare la casa coniugale, dello statuito "affidamento condiviso" dei figli minori ad entrambi i genitori.

2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 129 c.c., richiama l'articolo 155 limitatamente ai provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, fra i quali non rientra certamente l'assegnazione della abitazione familiare.

3.- Osserva la Corte che i primi due motivi del ricorso sono fondati ed il loro accoglimento comporta l'assorbimento delle rimanenti censure.

Infatti, da tempo la giurisprudenza di legittimita' ha chiarito che al fine dell'assegnazione ad uno dei coniugi separati o divorziati della casa familiare, nella quale questi abiti con un figlio maggiorenne, occorre che si tratti della stessa abitazione in cui si svolgeva la vita della famiglia allorche' essa era unita, ed inoltre che il figlio convivente versi, senza colpa, in condizione di non autosufficienza economica (Sez. 1, Sentenza n. 1198 del 20/01/2006).

Invero, sono requisiti imprescindibili, per l'assegnazione della casa "familiare" ad uno dei genitori separati o divorziati, la sussistenza di tale requisito - nel senso (indicato da 155 c.c., comma 4, rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui s'esprime e s'articola la vita familiare, e' consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro d'aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione d'ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilita' (Sez. 1, Sentenza n. 4816 del 2009; Cass. 16 luglio 1992 n. 8667; 9 settembre 2002 n. 13065; 20 gennaio 2006 n. 1198).

La corte di merito, per contro, ha disposto l'assegnazione pur affermando - contraddittoriamente - che nel caso di specie l'abitazione di (OMESSO) non aveva potuto costituire "quel centro di affetti, interessi e rapporti la cui esistenza e permanenza solitamente legittimano l'assegnazione al coniuge presso cui sono domiciliati i figli" e che quella di (OMESSO) era stata "di fatto l'abitazione coniugale" perche' "i coniugi non avevano ancora acquistato una propria abitazione da adibire a sede della famiglia".

La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata e la Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, puo' decidere la causa nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., rigettando la domanda di assegnazione della casa familiare.

Le spese processuali, alla luce dell'esito complessivo della lite, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivi del ricorso e dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex articolo 384 c.p.c., rigetta la domanda di assegnazione della casa familiare. Spese compensate.

 

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