Ne consegue che il diritto di godimento dell'immobile concesso in comodato rimane regolato dalla normativa di riferimento indipendentemente dall'assegnazione come casa coniugale

Nel caso di più giudicati contrastanti quello che deve prevalere è il più recente. In particolare, nell'ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato; con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'art. 1809, c. 2, c.c.. Ne consegue che il diritto di godimento dell'immobile concesso in comodato rimane regolato dalla normativa di riferimento indipendentemente dall'assegnazione come casa coniugale, avendo quest'ultima destinazione unica funzione di concentrare e così identificare il soggetto titolato all'uso del bene concesso in comodato, anche nel caso di naufragio del rapporto coniugale.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 18 dicembre 2012, n. 23361



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Presidente

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

Dott. FALASCHI Milena - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11827-2006 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende;

- controricorrenti -

e contro

(OMISSIS);

- intimata -

avverso la sentenza n. 223/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 17/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/10/2012 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell'Avv. (OMISSIS) difensore della ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito l'Avv. (OMISSIS) difensore dei controricorrenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 7/2-12-2000 (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), per sentirle condannare al rilascio dell'appartamento di loro proprieta' sito in (OMISSIS). Le attrici esponevano che con precedente sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1829U993, passata in giudicato, era stato stabilito che la (OMISSIS), alla quale, in sede di separazione personale dal coniuge (OMISSIS), era stata assegnata la casa familiare, aveva diritto al godimento di tale immobile fino al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia minore (OMISSIS). Pertanto, essendo quest'ultima divenuta maggiorenne, le convenute, in virtu' del giudicato formatosi nel precedente giudizio, non avevano piu' titolo per occupare il predetto appartamento.

Nel costituirsi, le convenute contestavano la fondatezza della domanda e ne chiedevano il rigetto.

Con sentenza n. 19482/2004 il Tribunale di Roma accoglieva la domanda, ordinando alla (OMISSIS) ed a (OMISSIS) di rilasciare l'appartamento in favore delle attrici. Il giudice di primo grado osservava che la pretesa delle istanti trovava fondamento nella menzionata sentenza n. 1829/993 della Corte di Appello di Roma, passata in giudicato, essendosi verificata in data 14-11-2000 la condizione alla quale era subordinato il rilascio (raggiungimento della maggiore eta' da parte di (OMISSIS)).

Le convenute proponevano appello avverso la predetta decisione, chiedendo che venisse accertato il loro diritto ad occupare l'abitazione fino al raggiungimento della indipendenza economica da parte di (OMISSIS).

La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 17-1-2006, rigettava il gravame. Essa rilevava, in particolare, che, contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti, la sentenza della Corte di Cassazione n. 10977/996 aveva rigettato il ricorso senza apportare alcuna correzione, integrazione o modificazione alla sentenza della Corte di Appello di Roma, con la quale era stato stabilito che la (OMISSIS) aveva diritto al godimento dell'immobile fino al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia minore; che non vi era contrasto di giudicati tra la sentenza emessa dalla Corte di Appello nel precedente procedimento promosso dalle sorelle (OMISSIS) e quelle pronunciate in sede di separazione e di divorzio, trattandosi di giudizi aventi soggetti ed oggetto diversi; che non potevano essere rimesse in discussione nel presente giudizio questioni attinenti alla disciplina del provvedimento di assegnazione della casa familiare o ai limiti, anche temporali, di opponibilita' di tale provvedimento nei confronti delle (OMISSIS), i trattandosi di questioni gia' risolte nella sentenza della Corte di Appello n. 1829U993, in nulla modificata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 10977/996.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di due motivi.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

Disposta da questa Corte, con ordinanza depositata il 7-3-2012, l'integrazione del contraddicono nei confronti di (OMISSIS), quest'ultima non ha svolto attivita' difensive.

Le parti costituite hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c., articolo 2909 c.c., articolo 384 c.p.c., comma 2 e dei canoni di interpretazione del giudicato esterno, nonche' vizi di motivazione. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del gravame, la sentenza della Corte di Cassazione n. 10977/96, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla (OMISSIS) avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1829/1993, aveva integrato e corretto la motivazione della decisione impugnata, disponendo che, in forza della sentenza di separazione, la (OMISSIS) aveva diritto al godimento dell'immobile non fino al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia, bensi' fino, al momento del conseguimento, da parte di quest'ultima, dell'indipendenza economica. Rileva che se e' vero, come affermato dalla Corte di Appello, che il giudicato formatosi sulla sentenza n. 1829/1993 produce i suoi effetti anche nei confronti di (OMISSIS), all'epoca della pronuncia affidata alla madre, e' altrettanto vero che l'effetto preclusivo del giudicato formatosi in sede di separazione e di divorzio in relazione all'assegnazione della casa familiare produce, di riflesso, conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al relativo giudizio. Aggiunge che, sussistendo contrasto tra le sentenze emesse nei giudizi di separazione e di divorzio (con le quale era stata assegnata la casa coniugale alla (OMISSIS) senza alcuna limitazione temporale) e la sentenza 1829/1993 (che limitava il diritto di godimento dell'appartamento al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia (OMISSIS)), la Corte di Appello avrebbe dovuto accertare qual era il giudicato prevalente; e che tale giudicato doveva essere individuato nell'ultimo in ordine di tempo e, quindi, non gia' nella sentenza intermedia n. 1829/1993 della Corte di Appello di Roma, bensi' nella successiva sentenza n. 14529U995 emessa nel giudizio di divorzio.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 e ss. c.p.c., nonche' l'omessa motivazione in ordine ai criteri seguiti nella liquidazione delle spese processuali.

2) Il primo motivo e' fondato, nei limiti di seguito precisati.

Con sentenza, del 16-9-1993, resa dalla Corte di Appello di Roma nel precedente giudizio di rilascio promosso da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), e' stato stabilito che quest'ultima aveva diritto al godimento dell'appartamento di proprieta' delle attrici, ad essa assegnato come casa familiare con la sentenza di separazione personale dal coniuge (OMISSIS), fino al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia minore (OMISSIS).

Cio' posto, si osserva che la decisione oggi gravata appare immune da censure nella parte in cui ha ritenuto che sul predetto capo della sentenza di appello si e' formato il giudicato, avendo la Corte di Cassazione, con sentenza del 10-12-1996, rigettato il ricorso proposto dalle proprietarie (OMISSIS) senza apportare alcuna correzione, integrazione o modificazione alla pronuncia resa dal giudice di merito.

E invero, le argomentazioni contenute nella citata sentenza del 10-12-1996 della Corte di Cassazione riguardo all'opponibilita' del provvedimento di assegnazione della casa familiare alle attrici, le quali, essendo gia' proprietarie dell'immobile prima di detta assegnazione, ne avevano concesso il godimento in comodato ai coniugi successivamente separatisi, sono state svolte per contrastare i rilievi mossi dalle (OMISSIS) con il secondo motivo di ricorso al fine di negare l'opponibilita' del provvedimento emesso dal giudice della separazione, in mancanza della relativa trascrizione. Allo stesso modo, l'ulteriore rilievo, secondo cui "una volta ...stabilito che il titolo del godimento del bene e' costituito, nella specie, dal provvedimento di assegnazione della abitazione della casa familiare, e che tale provvedimento e' opponibile alle proprietarie, e' nella disciplina di questo tipo di provvedimento che deve collocarsi ogni problema di determinazione del termine finale, e non invece nell'originario rapporto di comodato ... che e' del tutto separato dalla ulteriore vicenda giuridica che ha interessato lo stesso modo", e' servito al giudice di legittimita' per disattendere il terzo motivo di ricorso, con cui si sosteneva che, poiche' nel comodato senza predeterminazione di un termine finale il comodante puo' determinare l'estinzione del rapporto ad nutum, non aveva alcun fondamento la prefissione, nella sentenza appellata, del termine finale del compimento della maggiore eta' da parte della figlia della (OMISSIS).

E' evidente, d'altro canto, che poiche' nel giudizio di legittimita' la (OMISSIS) si era limitata a resistere al ricorso avversario, senza chiedere con ricorso incidentale che venisse riconosciuto il suo diritto di godimento dell'immobile in questione fino al momento del raggiungimento dell'indipendenza economica da parte della figlia, la Corte di Cassazione, nel disattendere i motivi di impugnazione fatti valere dalle sorelle (OMISSIS), non poteva che mantenere fermo il limite temporale del diritto di abitazione stabilito nella sentenza impugnata.

Si rivelano prive di pregio, di conseguenza, le deduzioni svolte dalla ricorrente, secondo cui con la sentenza del 10-12-1993 la Corte di Cassazione, nel dare atto che il titolo di godimento della (OMISSIS) si basava sul provvedimento di assegnazione della casa familiare emesso dal giudice della separazione, opponibile alle attrici, e che, pertanto, i termini stessi statuiti nella sentenza di separazione non potevano essere modificati, avrebbe sostanzialmente integrato e corretto, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., comma 2, la motivazione della sentenza di appello, riconoscendo alla (OMISSIS) il diritto di abitare nell'appartamento in oggetto fino al momento del conseguimento della indipendenza economica da parte della figlia.

E' appena il caso di rammentare, al riguardo, che, affinche' la Corte di Cassazione possa procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata a norma del citato articolo 384 c.p.c., comma 2, e' necessario che il dispositivo sia conforme al diritto; laddove, nella specie, l'errore prospettato dalla ricorrente interessa lo stesso dispositivo della sentenza di appello, contenente l'espressa previsione della data di raggiungimento della maggiore eta' da parte di (OMISSIS) quale termine ultimo di opponibilita' alle attrici del diritto di godimento dell'immobile spettante alla (OMISSIS).

3) A diverse conclusioni deve pervenirsi in relazione all'ulteriore questione dedotta con il motivo in esame, concernente il contrasto, non colto dal giudice dei gravame, fra il giudicato formatosi sulle statuizioni contenute nella menzionata sentenza della Corte di Appello di Roma del 16-6-1993 e il successivo giudicato formatosi sulla sentenza di divorzio pronunciata tra la (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 7-11-1995 (passata in giudicato, in difetto d'impugnazione, il 23-12-1996), che ha previsto l'assegnazione della casa familiare alla donna senza limiti temporali.

Deve premettersi che, contrariamente a quanto dedotto dalle controricorrenti, le sentenze di divorzio sono idonee a passare in giudicato, sia pure "rebus sic stantibus", rimanendo cioe' suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile (tra le tante v. Cass. 25-8-2005 n. 17320; Cass. 2-11-2004, n. 21049).

Cio' posto, si osserva che il giudice del gravame ha escluso la sussistenza di un contrasto di giudicati fra le sentenze emesse negli indicati giudizi di rilascio e di divorzio, sul rilievo che si tratta di decisioni rese in giudizi aventi soggetti ed oggetto diversi.

Nel pervenire a tale conclusione, la Corte di Appello non ha tenuto conto del fatto che il provvedimento di assegnazione dell'appartamento in questione, contenuto nella sentenza di divorzio, e' opponibile alle attrici, proprietarie dell'immobile, le quali, come e' pacifico tra le parti, gia' prima della separazione ne avevano concesso il godimento come residenza familiare ai coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS). Tale opponibilita' discende dal principio affermato da questa Corte, secondo cui, nell'ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprieta' perche' sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non auto sufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato; con la conseguenza che il comodante e' tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'articolo 1809 c.c., comma 2, (Cass. Sez. Un. 21-7-2004 n. 13603).

Il giudice di appello, pertanto, non poteva esimersi dallo stabilire quale fosse il giudicato prevalente tra quello formatosi nel giudizio di rilascio promosso dalle proprietarie (OMISSIS), che prevedeva il riconoscimento del diritto di abitazione della (OMISSIS) fino al raggiungimento della maggiore eta' da parte della figlia (OMISSIS), e quello successivamente formatosi nel giudizio di divorzio, che, in difetto di specifiche statuizioni, comportava il riconoscimento di tale diritto fino al raggiungimento della indipendenza economica da parte della ragazza. E tale contrasto andava risolto facendo applicazione del principio di diritto piu' volte affermato da questa Corte, secondo cui, ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere, occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, sempre che la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione (Cass. 19-11-2010 n. 23515; Cass. 8-5-2009 n. 10623; Cass. 26-2-1998 n. 2082).

La sentenza impugnata e' incorsa, pertanto, nella violazione dei principi in tema di giudicato richiamati dalla ricorrente.

In relazione alle censure accolte, di conseguenza, s'impone la cassazione di tale decisione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, la quale procedera' a nuovo esame del rapporto tra i giudicati in questione, attenendosi ai principi di diritto innanzi enunciati.

Il giudice del rinvio provvedera' anche sulle spese del presente grado di giudizio.

Il secondo motivo di ricorso, attinente alle spese del giudizio di merito, rimane assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente grado di giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.

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