Nel procedimento di divorzio in cui vi siano figli minori il P.M. è litisconsorte necessario

Nel procedimento di divorzio fra i coniugi con figli minori o incapaci, a norma degli artt.4 e 5 legge n. 989 del 1970 (come novellati dalla legge n. 74 del 1987), il P.M. è litisconsorte necessario in concorrenza con le parti private ed è titolare di un autonomo potere d'impugnazione in relazione ad interessi patrimoniali dei suddetti figli, con la conseguenza che, ove uno dei coniugi abbia proposto appello avverso un capo della sentenza di primo grado, riguardante i predetti interessi, il relativo atto d'appello deve essere notificato anche al P.M. presso il tribunale e, in difetto di notifica, il giudice di secondo grado deve disporre l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti a norma dell'art. 331 cod. proc. civ.; tale integrazione è necessaria anche quando nel giudizio di secondo grado sia ritualmente intervenuto il P.G. presso la corte d'appello, atteso che il P.M. presso il giudice "ad quem" non ha il potere d'impugnare la sentenza di primo grado, e, pertanto, dal suo intervento non possono conseguire gli effetti cui è intesa l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ. citato. (Nel procedimento di divorzio fra i coniugi con figli minori o incapaci, a norma degli artt.4 e 5 legge n. 989 del 1970 (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile
Sentenza del 9 novembre 2007, n. 23379 )



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SENTENZA

sul ricorso n. 12330/04 proposto da:

TE. FR., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall'avv. LOMBARDO LANZA Francesco, del Foro di Catania, per procura in atti,

- ricorrente -

contro

CI. GI.;

- intimata -

e nei confronti del

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI CATANIA;

- intimato -

sul ricorso n. 13985/04 proposto da:

CI. GI., elettivamente domiciliata in Roma, viale Giulio Cesare 95 (studio avv. CUTELLE'Andrea), rappresentata e difesa dall'avv. GRASSO Rosario Giuseppe per procura in atti,

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

TE. FR.;

- intimato -

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 120 in data 19 febbraio 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 settembre 2007 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO'Stefano;

udito, per il ricorrente principale, l'avv. LOMBARDO LANZA Francesco, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, e, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l'avv. IOSSA Paola, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale;

Udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e la dichiarazione d'inammissibilita' del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 120, pubblicata il 19 febbraio 2004, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania del 27 aprile 2001 che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio concordatario celebrato il 23 giugno 1992 tra TE. Fr. e CI.Gi., affidando la figlia minore Ro. Ma. al padre, con diritto della madre di tenerla con se' nei modi e nei tempi gia' fissati nella sentenza di separazione dei coniugi del 12 dicembre 1998, ponendo a carico della CI. l'obbligo di corrispondere al TE., a titolo di contributo per il mantenimento della figlia, la somma di lire 300,000, mensili con decorrenza dalla domanda del 26 aprile 1999, oltre agli aggiornamenti annuali secondo gli indici Istat, e compensando interamente le spese di giudizio affidava la figlia minore alla madre CI. Gi., con diritto del padre, Te.Fr., di visitarla e tenerla con se nei modi e nei tempi dettagliatamente indicati in motivazione. Inoltre la Corte territoriale poneva a carico del TE. l'obbligo di corrispondere alla CI., a titolo di contributo per il mantenimento della figlia relativamente ai periodi in cui la medesima non sarebbe stata con lui, la somma mensile di euro 174,00, con decorrenza iniziale dall'attuazione del disposto cambio di affidamento e con gli aggiornamenti annuali secondo gli indici Istat di cui all'articolo 150 disp. att. c.p.c., compensando interamente le spese di entrambi i gradi del giudizio, ponendo a carico solidale delle parti le spese della consulenza tecnica d'ufficio, e disponendo che il consultorio familiare territoriale competente dell'Azienda unita' sanitaria locale n. (OMESSO) di Catania, effettuasse, con cadenza trimestrale, verifiche sociali e psicologiche sulla minore, al fine di accertare lo stato di benessere di quest'ultima nel corso del nuovo affidamento alla madre, e confermando nel resto la sentenza appellata.

2. A fondamento della decisione e sulla scorta della espletata consulenza tecnica d'ufficio, la Corte di merito osservava che la figlia minore, che attraversava una fase di crescita prodromica al passaggio alla puberta', aveva necessita' di avere accanto a se' una figura femminile, che doveva identificarsi con la madre, pur con i limiti e le debolezze da questa manifestati, e che non poteva continuare ad essere impersonata da una nonna - madre, fortemente intenzionata a convincere la minore della negativita' personale e morale della genitrice naturale, e/o ad essere supplita da una figura paterna che mantenendo "un atteggiamento personale rigidamente cristallizzato, pur a distanza di tempo, in vissuti non elaborati dell'abbandono tradimento della moglie" e dal quale emergevano dinamiche relazionali problematiche incidenti negativamente sull'attuale momento di vita della figlia "nella sua distorta centralita'" considerava la figlia stessa quale "partner irrinunciabile della sua fuorviante rivalsa contro la madre, cosi' sostanzialmente operando un continuo e pesante ricatto emozionale" nei confronti della minore.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il TE., sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso, ricorso incidentale, sulla base di un motivo, e memoria la CI..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, a norma dell'articolo 335 c.p.c., deve disporsi la riunione dei ricorsi, in quanto proposti contro la medesima sentenza. 2. Con il primo motivo il TE. denunciando nullita' della sentenza per violazione degli articoli 70, 71, 72, 101, 331 e 350 c.p.c., e premesso che nel procedimento di divorzio relativo a coniugi con figli minorenni il Pubblico ministero e' litisconsorte necessario ed ha potere autonomo d'impugnazione della relativa sentenza deduce che in grado di appello il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato mediante notificazione dell'impugnazione al Pubblico ministero presso il Tribunale che aveva emesso la sentenza impugnata e che tuttavia tale notificazione e' stata omessa dall'appellante, senza che il vizio che ne e' derivato possa considerarsi sanato dalla presenza nel giudizio di appello del Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Catania, non spettando a tale ufficio il potere d'impugnazione della sentenza di primo grado, attribuito invece al Pubblico ministero presso il giudice "a quo".

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione su di un punto essenziale e decisivo della controversia e lamenta che i giudici di appello pur dilungandosi a dimostrare la necessarieta' della presenza di una figura femminile accanto alla minore nel delicato periodo della sua maturazione sessuale e pur enunciando apoditticamente essere la madre il soggetto piu' adeguato - nulla abbiano motivato in concreto, omettendo qualsiasi giudizio comparativo sulle rispettive personalita' della madre e del padre, tanto piu' in presenza di valutazioni negative espresse sul conto della madre dalla stessa Corte di appello di Catania con sentenza n. 779/2000 e da due collegi del locale Tribunale, che, per l'affidamento della figlia minore, avevano gia' preferito il padre, considerato "individuo maturo e abbastanza stabile", alla madre, ritenuta "non in grado di cogliere le esigenze preminenti della figlia", conducendo dopo la separazione una vita errabonda, senza stabile dimora e senza validi e sicuri appoggi affettivi.

4. Con il terzo motivo il TE. prospettando la violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c., nonche' vizio di motivazione si duole che la Corte di merito abbia escluso l'audizione diretta della minore, in quanto «del tutto ultronea e sconsigliabile, ed in ogni caso insufficiente alla formulazione di un diverso giudizio".

5. Con il quarto motivo il Te. denuncia ancora vizio di motivazione in ordine all'asserito vantaggio derivante alla minore dall'affidamento alla madre, deducendo che dalla motivazione della sentenza impugnata, illogica e contraddittoria nella parte in cui enuncia che l'affidamento alla madre sia stato deciso a mo' di tentativo, supportato dalle verifiche sociali e psicologiche trimestrali affidate al consultorio familiare dell'Ausl n. (OMESSO), traspare lo scarso convincimento della Corte in merito alla soluzione adottata, avendo inoltre gli stessi giudici di appello enunciato espressamente il carattere traumatico dell'affidamento alla madre dopo anni di permanenza presso il nucleo familiare paterno e previsto un'eventuale ipotesi di insuccesso, eventualmente da emendare con un nuovo ricorso al giudice.

6. Con l'unico motivo di ricorso incidentale, la CI. lamenta che la compensazione delle spese di due gradi di giudizio sia rimasta priva di motivazione.

7. Il primo motivo del ricorso principale e' fondato.

7.1. Nel procedimento di divorzio fra coniugi con figli minori o incapaci, a norma della Legge n. 898 del 1970, articoli 4 e 5 (come novellati dalla Legge n. 74 del 1987), il pubblico ministero e' litisconsorte necessario in concorrenza con le parti private ed e' titolare di un autonomo potere di impugnazione in relazione agli interessi patrimoniali dei suddetti figli, con la conseguenza che, ove uno dei coniugi abbia proposto appello avverso un capo della sentenza di primo grado riguardante i predetti interessi, il relativo atto d'appello deve essere-ficato anche al pubblico ministero presso il tribunale e, in difetto di notifica, il giudice di secondo grado deve disporre l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti a norma dell'articolo 331 c.p.c.;

Tale integrazione e' necessaria anche quando nel giudizio di secondo grado sia ritualmente intervenuto il procuratore generale presso la corte d'appello, atteso che il pubblico ministero presso il giudice "ad quem" non ha il potere di impugnare la sentenza di primo grado, e pertanto dal suo intervento non possono conseguire gli effetti cui e' intesa l'integrazione del contraddittorio ai sensi del citato articolo 331 c.p.c., (Cass. 29 ottobre 1998, n. 10803; nel senso della necessita' dell'integrazione del contraddittorio, in sede d'impugnazione, nei confronti del pubblico ministero presso il giudice "a quo" in tutte le controversie in cui detto ufficio sia titolare del potere di proporre impugnazione, v. anche Cass. 21 marzo 1996, n. 24378; 8 ottobre 2002, n. 14380).

7.1.1. Non puo' trovare accoglimento, con riferimento alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, l'argomentazione difensiva della controricorrente, secondo la quale poiche' il pubblico ministero, nel formulare le proprie conclusioni nel giudizio di primo grado, si e' limitato a richiedere al tribunale di pronunziare sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, senza assumere alcuna conclusione in ordine all'affidamento della figlia minore Ro. Ma. detto ufficio si sarebbe rimesso "implicitamente alle valutazioni che avrebbe adottato il Tribunale a seguito dell'istruttoria", con la conseguenza che dalla "neutralita'" del pubblico ministero sulla soluzione che avrebbe preso il tribunale sarebbe derivato il suo difetto d'interesse all'impugnativa, interesse che invece nel successivo grado di giudizio sarebbe stato tutelato dal procuratore generale a cui l'appello e' risultato regolarmente comunicato e che e' intervenuto nel giudizio di appello, come risulta dalla sentenza impugnata (v. pag. 5 del controricorso). 7.1.2. La difesa della CI. si ispira a quell'indirizzo giurisprudenziale, espressamente da lei richiamato, secondo cui, poiche' l'ordine di integrazione del contraddittorio e' funzionale all'eventuale proposizione del gravame incidentale, non vi e' necessita' di disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti del pubblico ministero presso il giudice "a quo", allorquando le richieste del rappresentante dell'ufficio siano state integralmente accolte dalla sentenza impugnata, non avendo in tal caso il predetto pubblico ministero interesse all'impugnazione e restando il controllo sulla legittimita' della sentenza medesima assicurato dall'intervento del Procuratore generale presso la Corte di cassazione (Cass. 14 novembre 2001, n. 14163; 8 ottobre 2002, n. 14380; 16 luglio 2004, n. 13169).

7.1.3. Osserva tuttavia il collegio che tale principio enunciato, come si evince dalla motivazione delle sentenze richiamate, con riferimento a casi in cui ricorreva piena conformita' tra le conclusioni del pubblico ministero e il complessivo contenuto della decisione non puo' trovare applicazione nel caso di specie, nel quale il Tribunale, oltre ad accogliere la richiesta del pubblico ministero di pronunciare sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha affidato la figlia minore al padre e ha posto a carico della madre l'obbligo di corrispondere la somma di lire 300.000 mensili a titolo di contributo di mantenimento della figlia, cosi' provvedendo in ordine all'interesse patrimoniale del minore, con una statuizione in relazione alla quale il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale aveva il potere d'impugnazione a norma della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5 comma 4, e successive modificazioni, non potendo la mancata formulazione di conclusioni su tale specifica questione da parte del pubblico ministero essere considerata come sua tacita acquiescenza alla sentenza, o, comunque, come posizione di neutralita' rispetto alla decisione del Tribunale, tale da determinare il difetto di interesse all'impugnazione.

7.1.4. Infatti l'acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione a norma dell'articolo 329 c.p.c., consiste nell'accettazione della sentenza, ossia nella manifestazione della volonta' di non impugnare, la quale puo' avvenire sia in forma espressa che tacita. In quest'ultimo caso, l'acquiescenza puo' ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioe' quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volonta' di avvalersi dell'impugnazione (Cass. S.U. 26 agosto 1998, n. 8453; Cass. 26 aprile 2002 n. 6050).

Anche a voler ritenere, come sostiene la controricorrente, che il pubblico ministero, non formulando conclusioni in ordine al contributo a carico del genitore non affidatario per il mantenimento della figlia, abbia inteso rimettersi implicitamente alle valutazioni che avrebbe adottato il tribunale nulla determinazione dell'assegno di mantenimento de minore, deve rilevarsi che la volonta' della parte di rimettersi alla giustizia non implica acquiescenza ad ogni e qualsiasi decisione, ma sta unicamente a significare che la parte rimane in attesa di una pronuncia secondo diritto ed equita', senza rinunciare alla possibilita' di impugnare una decisione iniqua o errata, e tale principio e' destinato maggiormente a valere nel caso in cui a rimettersi alla giustizia sia il pubblico ministero, che, intervenendo a tutela dell'interesse pubblico, non puo' certo abdicare preventivamente alla possibilita' di impugnare una decisione contraria alla legge (Cass. 7 luglio 2004, n. 12419; 23 dicembre 2004, n. 23935).

8. Il difetto di contraddittorio nel giudizio di appello nei confronti del pubblico ministero presso il tribunale comporta l'annullamento della sentenza impugnata e l'assorbimento delle altre censure sollevate dal ricorrente principale e del ricorso incidentale.

La causa va pertanto rimessa ad altro giudice, che si indica nella Corte di appello di Catania in diversa composizione, che, oltre a regolare le spese del giudizio di legittimita', provvedera' a disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Pubblico ministero presso il Tribunale di Catania e, successivamente, alla nuova decisione sugli appelli.

P.Q.M.

La Corte:

Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Catania in diversa composizione.

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