Casa:
Non può essere addebitata la separazione al coniuge che si sia allontanato dalla casa coniugale per assistere un parente malato
Pubblicata il 01/10/2009
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere
Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PA. FA. (c.f. (OMESSO)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. ANTONELLI 47, presso l'avvocato D'AGOSTINO NICOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PERFETTI FRANCO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
HI. BE. ;
- intimata-
avverso la sentenza n. 44/2005 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 05/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 25/06/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 660 depositata il 16.11.2004, il Tribunale di Massa dichiarava la separazione personale dei coniugi Hi.Be. e Pa.Fa. , addebitandola al marito, al quale imponeva di corrispondere alla moglie, cui anche assegnava la casa coniugale, l'assegno mensile rivalutabile di euro 400,00 per il suo mantenimento, ulteriori euro 100,00 ed euro 250,00, quale contributo mensile di mantenimento in favore rispettivamente di Ro. e di Ja. , figli della coppia, maggiorenni ma non ancora economicamente indipendenti, nonche' di versarle il 40% della somma di euro 26.025,16, da lui riscossa a titolo di TFR dal fallimento della societa' It. .
Con sentenza dell'11.03 - 5.05.2005, la Corte di appello di Genova, nel contraddittorio delle parti, respingeva sia il gravame principale del Pa. (in punto di addebito, di assegni di mantenimento e di assegnazione della casa coniugale) e sia il gravame incidentale della Hi. , relativo al rigetto della sua pretesa risarcitoria per subiti danni patrimoniali e non patrimoniali.
In sintesi la Corte territoriale osservava e riteneva in ordine ai disattesi motivi dell'appello principale del Pa. , che ancora rilevano:
a) con riferimento alla richiesta di modifica del titolo della separazione:
- che esclusa la rilevanza, per effetto della successiva riconciliazione dei coniugi, della crisi coniugale che, intorno al 1984, li aveva gia' condotti alle soglie della separazione, se da un canto, dalle deposizioni dei figli della coppia e dalla documentazione prodotta dalla Hi. , era emerso inequivocabilmente che la condotta del Pa. era stata improntata alla sistematica violazione dell'obbligo di fedelta' coniugale, dall'altro la giustificazione riguardo all'intimita' di coppia, dallo stesso addotta, era rimasta mera asserzione;
- che alcuna efficacia causale rispetto alla crisi coniugale poteva essere attribuito, all'allontanamento della moglie dall'abitazione coniugale, avvenuto nel 1997, dal momento che si era trattato di un trasferimento in (OMESSO) dovuto ad esigenze familiari, relative al figlio Ro. , come pure affermato dallo stesso Pa. , e ad incontestate necessita' di cura della madre della stessa, dunque dipeso da giusta causa.
b) con riferimento agli aspetti economici:
il tenore della pregressa vita coniugale era stato frutto dell'attivita' lavorativa svolta dal Pa. , che attualmente fruiva di trattamento previdenziale per importo pari ad euro 888,61 mensili;
- era stato, inoltre, dimostrato, con prove orali e documentali, che il Pa. , dopo il fallimento della societa' da cui dipendeva, aveva continuato a svolgere proficua attivita' lavorativa all'estero alle dipendenze della societa' De. Te. , come d'altra parte anche confermato dal suo tenore di vita, che gli consentiva pure di sostenere i costi di un'auto sportiva d'epoca, di cui era risultato proprietario a fronte dell'univoco quadro probatorio, non poteva attribuirsi rilievo alla dimostrata frequentazione della mensa della Caritas da parte dell'appellante, anche perche' si trattava di servizi assistenziali erogati a prescindere da indagini ed accertamenti reddituali;
- la Hi. godeva di trattamento di quiescenza d'importo pari ad euro 42,00 settimanali e di saltuari introiti da collaborazioni domestiche e conversazioni in lingua inglese, indicati in cifra non contestata di euro 100,00 - 200,00;
- Il Pa. non aveva dimostrato il conseguimento dell'indipendenza economica da parte dei suoi due figli ne' che cio' fosse a loro addebitabile, essendo invece emerse condizioni di salute precarie del primogenito ed il conseguimento, a decorrere dall'anno accademico 2001/2002, solo di una borsa di studio, dell'esiguo importo mensile lordo di euro 877,97 da parte del secondogenito, del quale tra l'altro occorreva favorire l'inserimento nella professione scelta e non penalizzare capacita' e impegno.
c) quanto all'assegnazione della casa coniugale, in comproprieta' dei coniugi, beneficio che assolveva all'essenziale funzione di tutela della prole, il Pa. non aveva dimostrato la non convivenza dei figli con la madre.
Avverso questa sentenza notificata il 24.05.2005, il Pa. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
All'udienza dell'11.11.2008 e' stata disposta la rinnovazione della prima notificazione del ricorso in data 23.07.2005, che il ricorrente ha attuato con atto notificato il 4.02.2009.
La Hi. non ha svolto attivita' difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Pa. denunzia:
1. "Violazione dell'articolo 360 c.p.c., n. 4 in riferimento all'articolo 151 c.c., comma 2" Si duole, anche per vizi motivazionali, dell'addebito a se' della separazione, sostenendo in sintesi:
che il rapporto coniugale era da anni pregiudicato e che le sue infedelta' erano state conseguenza e non causa della crisi del matrimonio;
che le risultanze processuali sono state erroneamente valutate, dal momento anche che nell'atto di appello non aveva mai affermato che la moglie si era recata in (OMESSO) per aiutare il figlio Ro. li' trasferitosi o non contestato che le esigenze di cura della madre richiedessero la sua presenza all'estero, ma dichiarato che ella aveva violato i doveri coniugali e che si trattava di scriminanti individuate ad hoc, poiche' il principale intento della moglie era stato quello di rendersi finalmente indipendente dal marito e dai figli;
che, inoltre, dalla deposizione del figlio Ro. non emergeva che in (OMESSO) avesse ricevuto aiuto dalla madre o la conferma che questa fosse stata la ragione dell'allontanamento materno dall'Italia (o ancora che si fossero verificati episodi di infedelta' da parte del padre) che, quindi, l'iniziativa della Hi. non avrebbe potuto essere ritenuta giustificata ed avrebbe dovuto, invece, essere comparata con i suoi contegni infedeli, verificando anche quali fossero stati gli accordi e le intese intervenuti tra i coniugi all'atto della loro riconciliazione nel 1984, esito che la moglie aveva favorito, tornando a coabitare con lui, dal che avrebbe dovuto anche evincersi l'assenza di nesso causale tra le sue infedelta' e l'intollerabilita' della prosecuzione della convivenza;
che per l'addebito non basta la violazione di un solo obbligo se gli altri sono stati adempiuti.
Il motivo non ha pregio.
Esso inammissibilmente si risolve o in critiche generiche, apodittiche e non confortate dalla testuale trascrizione delle deposizioni testimoniali che il ricorrente invoca a sostegno delle censure, o in rilievi essenzialmente volti ad un diverso ed aderente alla sua tesi apprezzamento dei medesimi dati, non consentito in questa sede di legittimita', o, ancora, nella infondata denunzia di omesse analisi comparative, laddove, invece, i giudici di merito risultano essere pervenuti all'avversata conclusione puntualmente analizzando e raffrontando i contegni tenuti da ciascun coniuge ed ineccepibilmente, anche per il profilo motivazionale, ritenendo che la definitiva frattura del rapporto coniugale fosse dipesa dalla reiterata violazione da parte del Pa. dell'obbligo di fedelta' coniugale, che, integrando un comportamento contrario ai doveri che nascono dal matrimonio (articolo 151 c.c., comma 2) e segnatamente di un obbligo ricompreso tra i doveri reciproci dei coniugi (articolo 29 Cost. e articolo 143 c.c., comma 2), costituiva causa sufficiente ai fini dell'addebito, senza necessita' di ulteriore verifica dell'assolvimento o meno degli altri.
2. "Violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 in riferimento all'articolo 156 c.c., commi 1 e 2.
Violazione dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 in relazione all'articolo 116 c.p.c.".
Censura l'attribuzione e la quantificazione degli assegni di mantenimento in favore della moglie e dei figli sostenendo in sintesi:
che l'esistenza di suoi introiti aggiuntivi rispetto all'emolumento pensionistico e' documentalmente smentita dai certificati che attestano anche patologie a causa delle quali non e' in grado di svolgere alcuna attivita' lavorativa;
che i suoi viaggi in (OMESSO) e il possesso di marchi derivavano non da fantomatica attivita' lavorativa ma da apporti economici elargiti da un'amica (OMESSO);
che, di contro, le attivita' di collaboratrice domestica e di traduttrice svolte dalla moglie in Italia dimostravano la sua capacita' lavorativa;
che l'importo globale degli assegni posti a suo carico, pari mensilmente ad euro 750,00, grava sul suo unico introito da trattamento pensionistico, ammontante ad euro 888,60 mensili che la moglie non e' attivamente legittimata a richiedere il contributo economico per i due figli che non convivono con lei, vivendo Ro. per conto proprio da sette anni ed essendo in grado di inserirsi autonomamente nel mondo del lavoro, oltre a partecipare alla vita accademica, ed, invece, Ja. convivendo con lui in (OMESSO) ed essendo nei limiti del possibile da lui economicamente aiutato, nonostante lo svolgimento dell'attivita' di cameriere nei locali esercizi turistici;
che avrebbe dovuto essere considerato il beneficio tratto dalla moglie dall'assegnazione della casa coniugale;
3. "Violazione dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 in relazione all'articolo 155 c.c., comma 4" Deduce che non ricorrevano i presupposti per l'assegnazione della casa coniugale alla moglie, dal momento che i figli non convivono con lei e che costei avrebbe dovuto fornire la prova del contrario suo assunto.
Anche il secondo ed il terzo motivo del ricorso, che essendo connessi consentono esame unitario, non hanno pregio.
Con essi il Pa. per un verso inammissibilmente prospetta di nuovo frammentarie, generiche ed apodittiche critiche o rilievi di errori valutativi in ordine ai dati assunti, da cui non e' dato desumere illogicita' o carenze motivazionali decisive, laddove, di contro, la Corte territoriale ha ampiamente e ragionevolmente argomentato, sia pure in via logico - induttiva, le avversate statuizioni. Inoltre, i giudici di merito risultano essersi ineccepibilmente attenuti al dettato normativo anche in punto di legittimazione materna alla riscossione del contributo economico per i figli, di assegnazione della casa coniugale e di criteri di valutazione del relativo beneficio, nonche' di onere probatorio, ritenendo pure che il Pa. avrebbe dovuto provare la sostenuta cessazione della convivenza della moglie con i figli della coppia. A tale riguardo, d'altra parte, il mero richiamo di documenti di cui non si precisano ne' contenuti ne' estremi temporali di relativa acquisizione nel giudizio di merito non consente nemmeno di apprezzare i denunciati errori valutativi, peraltro nemmeno specificamente ricondotti in rubrica alla violazione anche dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 o dell'articolo 2697 c.c..
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Poiche' l'intimata non ha svolto difese, non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso.