Per poter negare l'assegno di mantenimento, il marito deve provare l'effettiva possibilità della moglie di svolgere un'attività lavorativa

Il marito non può negare l'assegno alla moglie sostenendo la capacità lavorativa della signora. L'attitudine al lavoro è rilevante solo se viene riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgere un'attività retribuita, in considerazione di riscontri concreti individuali e ambientali, e non “stimata” genericamente. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Sezione 1 civile con Ordinanza 20 luglio 2017, n. 17971 che ha confermato la giurisprudenza della stessa Corte (Cass. 3502/2013, 18547/2006, 6427/2016). (Fonte: Il Sole 24 Ore, Quotidiano del Diritto, 2017)

Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile, Ordinanza 20 luglio 2017, n. 17971



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo - rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

ORDINANZA

sul ricorso 14206-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2778/2015 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA.

PREMESSO

1. La Corte d'appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Padova sulla separazione dei coniugi sig. (OMISSIS) e sig.ra (OMISSIS), ha determinato in Euro 650,00, comprensivi della rata del mutuo contratto per l'acquisto della casa coniugale, l'assegno mensile dovuto dal marito in favore della moglie, e ha condannato l'appellato alle spese processuali in considerazione della sua prevalente soccombenza.

Accertato che la sig.ra (OMISSIS) era disoccupata, la Corte ha valutato che sussisteva tra i coniugi una consistente disparita' economica. In particolare, quanto al primo profilo, ha chiarito che la signora, a partire dall'8 agosto 2014, non aveva piu' svolto attivita' lavorative retribuite di carattere continuativo, e che quindi non rilevava la sua astratta attitudine al lavoro proficuo, difettando comunque qualunque concreta capacita' di guadagno; quanto, poi, al profilo della disparita' economica tra i coniugi, ha evidenziato che, a differenza della moglie, il sig. (OMISSIS) poteva contare su una fonte di reddito stabile e continuativa, esercitando la professione di promotore finanziario, ed ha disatteso le dichiarazioni dei redditi da lui prodotte, tra cui quella del 2014, dalla quale risultava un reddito mensile nello di Euro 1.375,08. Tale somma, infatti, non era neppure sufficiente a far fronte agli esborsi mensili accertati, quali il pagamento dell'assegno di Euro 837,60 per le due figlie e altre spese fisse su di lui gravanti; le rate del mutuo ipotecario pari a Euro 550,00; i canoni di locazione di Euro 430,00 e di Euro 110,00 rispettivamente per l'abitazione e l'ufficio e gli ulteriori costi di quest'ultimo.

In mancanza di elementi attendibili per la ricostruzione delle effettive disponibilita' economiche dell'obbligato, per determinare l'entita' dell'assegno la Corte si e' quindi basata sull'accordo stipulato dai coniugi il 16 febbraio 2010, con il quale il marito si era impegnato a versare alla moglie, per il mantenimento di lei e delle figlie, la somma di Euro 1.500,00 mensili, comprensiva della rata di mutuo e delle spese per utenze domestiche.

2. Il sig. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui l'intimata ha resistito con controricorso.

Il ricorrente ha anche presentato memoria.

Il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non ponendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

CONSIDERATO

1. Con il primo e il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, il ricorrente censura le statuizioni relative all'an e al quantum dell'assegno di mantenimento riconosciuto in favore della moglie.

1.1. La censura riguardante la capacita' lavorativa della sig.ra (OMISSIS) e' infondata, poiche' l'attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilita' di svolgimento di un'attivita' lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non gia' di mere valutazioni astratte ed ipotetiche (Cass. 3502/2013, 18547/2006, 6427/2016). Per il resto le censure sono inammissibili in quanto, a dispetto della loro rubrica, si sostanziano in critiche di merito.

2. Con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione, si censura la condanna del ricorrente alle spese processuali, contestando la valutazione di sua prevalente soccombenza.

2.1. Il motivo e' inammissibile perche' la valutazione in questione e' tipicamente di merito, dunque e' censurabile soltanto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 mediante indicazione - nella specie del tutto mancante - di un fatto decisivo di cui si sia discusso in causa e del quale il giudice abbia omesso l'esame.

3. Il ricorso va in conclusione rigettato.

Quanto alle spese processuali, data l'ammissione della controricorrente vittoriosa al patrocinio a spese dello Stato, questa Corte deve limitarsi a condannare il ricorrente soccombente a versare il relativo importo, sia per il giudizio di legittimita' che per quello di merito (articolo 385 c.p.c., comma 2), all'Amministrazione Finanziaria dello Stato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 113 senza procedere ad alcuna liquidazione, spettante invece, ai sensi della corretta lettura degli articoli 82 e 83 Decreto del Presidente della Repubblica cit., al giudice di merito (cfr., da ult., Cass. Sez. Un. 22792/2012), individuato nel giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (cfr. Cass. 23007/2010).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, delle spese del giudizio di legittimita', da liquidarsi a cura della Corte d'appello di Venezia.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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